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livello elementare
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ARGOMENTO: MARINA MILITARE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: NA
parole chiave: dragaggio, guerra di mine
La Sala storica del Comando delle Forze di Contro Misure Mine, una componente operativa specialistica della Marina Militare italiana che guarda al futuro non dimenticando il suo glorioso passato.
La minaccia delle mine navali è generalmente riconosciuta come quella più costo efficace ad infliggere danni economici ad una Nazione. Come è noto, il danneggiamento di una nave a causa dell’esplosione di un ordigno subacqueo genera un effetto psicologico sull’opinione pubblica maggiore dei danni fisici causati dall’esplosione stessa. Un incidente del genere comporta il fermo immediato di tutte le attività pescherecce e mercantili per periodi anche molto prolungati che si estendono fino alla conferma politica che il pericolo non esiste più. I danni economici sono quindi rilevanti. Un esempio fu la crisi delle mine di agosto negli anni ’80 che bloccò il traffico delle petroliere per un lungo periodo. Il tutto fu causato da mine di un valore trascurabile a fronte dei danni economici che causarono. Più recentemente va menzionato l’intervento sugli ordigni in Adriatico durante la crisi in Kosovo, scaturita a seguito dell’incidente del motopesca Profeta.
mina navale italiana conservata nel Museo Navale di Venezia, sestiere Castello
Una forma di guerra complessa e poco visibile
La caccia alle mine navali è un mestiere complesso, che non da un apparente visibilità mediatica o di carriera e comporta molti rischi per il personale che ci si dedica. Inoltre, la certezza dei risultati non è mai al 100%. Statisticamente, a causa della variabilità dei parametri in gioco, nel migliore dei casi, può arrivare al 99% per cui al termine delle operazioni di bonifica si parla solo di mitigazione del rischio.
Dalla sua nascita, tale minaccia ha sempre comportato una continua lotta tra la mina navale con i suoi congegni sempre più sofisticati, e l’insieme delle contro misure per neutralizzare questi ordigni ed il personale assegnato a questa particolare e pericolosa forma di guerra navale.
Voglio sottolinearne l’importanza
Il personale che opera su queste piccole ma sofisticate unità specialistiche lavora spesso in condizioni di alto rischio, in un ambiente operativo effettivo e non simulato sia in tempo di pace che di guerra. Necessariamente deve possedere una solida preparazione professionale e doti di carattere non comuni in quanto a bordo non c’è spazio per duplicazioni ed ognuno è parte di un sistema d’arma complesso. Preparazione e doti di carattere che sono patrimonio di questi uomini e donne che da oltre cento anni effettuano il loro lavoro silenzioso senza mai aspettarsi ricompense o elogi, consci dell’importanza del loro lavoro. Questi uomini nel secolo scorso scrissero una poesia goliardica, tradotta in tutte le lingue, chiamata generalmente la “legge fondamentale del dragaggio” che al termine recita questa semplice ma significativa affermazione:
“Non è necessario che voi siate pazzi per dedicarvici (al Dragaggio) ma esserlo è un vantaggio”.
foto di alcune unità della 54^ squadriglia cacciamine, 1990
Una sala storica unica in Italia
Per dare un giusto riconoscimento a questo personale, presso la Caserma Giovannini, sede storica del Comando delle Forze di Guerra di Mine, esiste una sala di cimeli dedicata alle navi ed al personale che negli anni ha fatto parte delle Forze di Contro Misure Mine (CMM). A questi marinai furono assegnate missioni gravose e pericolose, spesso mai pubblicizzate a sufficienza, che richiesero sangue freddo e grandi capacità marinaresche come la grande bonifica del dopoguerra e le missioni effettuata dai dragamine e dai gruppi SDAI in tutti i mari italiani, comprese le missioni di sminamento del 1984 nel canale di Suez e in Golfo Persico.
un rampone usato per raccogliere le cluster bomb in Adriatico
Non ultima, va menzionata l’operazione Profeta condotta in Adriatico durante le operazioni KFOR, che vide le unità di CMM italiane e NATO operare incessantemente per quasi 60 giorni per bonificare le bombe rilasciate in acque internazionali dagli aerei al rientro dalle loro missioni. Lo sgancio era necessario per consentire il loro atterraggio quando, per emergenza, non erano riusciti a sganciarle sui loro obiettivi.
tipi di galleggianti OROPESA impiegati durante le operazioni di dragaggio esposti nella sala storica
Di questi uomini si è parlato sempre troppo poco, sia per la riservatezza delle missioni assegnate sia per la poca visibilità che si è voluto dare alle stesse. Come ho accennato, agli uomini del Dragaggio queste cose non sono mai importate. “Dove la flotta va noi ci siamo già stati“, recita un altro detto delle forze di sminamento di una Marina orientale. I nostri marinai hanno sempre messo passione e motivazione nel loro lavoro ed una professionalità eccelsa che gli ha permesso di affermarsi ai massimi livelli con ii reparti equivalenti delle altre Marine alleate. Non a caso il MARICENDRAG, ovvero il centro di addestramento specialistico per le CMM italiano, è gemellato con la scuola di guerra belga-olandese di EGUERMIN del Nord Europa con la quale scambia periodicamente staff ed esperienze.
primi esperimenti di dragaggio con elicottero Seabat
Questa Sala storica, che vi suggerisco di visitare, ha come scopo principale di tramandare nel tempo il patrimonio di tradizioni ed abilità marinaresche di tutti coloro che hanno servito con abnegazione ed orgoglio questa piccola ma gloriosa componente specialistica che ha sede all’interno dell’Arsenale militare di La Spezia. La sua permanenza alla banchina Giovannini, una struttura storica che ospitò sommergibili ed alcuni mezzi della X Mas nella seconda guerra mondiale, è dovuta sia per motivi storici sia per la vicinanza con altri Reparti della Marina Militare come il COM.SUB.IN. (Comando Subacquei ed Incursori) con il quale il ” Comando del Dragaggio” ha sempre avuto relazioni strette di impiego. Non a caso sui cacciamine esistono gruppi di palombari EOD imbarcati, inizialmente addestrati e brevettati al COMSUBIN, che rappresentano un “sistema d’arma” ancora oggi insostituibile sulle unità di contro misure mine.
ROV MIN Mk2 sulla sella di ricarica e conservazione – sala storica del dragaggio
La sala storica
La sala storica comprende numerosi cimeli pazientemente raccolti negli anni dal Comando e riordinati ed esposti in un vecchio magazzino che si affaccia sulla banchina. Il locale, completamente ristrutturato negli anni ’90, è stato suddiviso su due piani: il piano terra raccoglie gli storici sistemi di dragaggio magnetico (mostrando cavi, cesoie e diavolerie di ogni genere usate per cesoiare gli ancoraggi delle mine) ed acustico ovvero le cosiddette “campane” acustiche, generatrici di rumore per ingannare i sensori delle mine, simulando il passaggio di navi maggiori e farle quindi esplodere. Sono visibili anche i cavi per il dragaggio magnetico, lunghi cavi di rame che, attraversati da forti correnti, generavano campi tali da ricreare la segnatura magnetica di navi di dimensioni maggiori.
Ma il pezzo forte, sono gli ordigni navali tra cui le mine ormeggiate e da fondo impiegate durante la seconda guerra mondiale ma anche nel dopo guerra fino al Vietnam. Queste ultime possono essere osservate nei minimi particolari grazie a delle aperture appositamente realizzate nella cassa esterna che ne rivelano gli ingegnosi meccanismi. Si possono vedere anche i resti accartocciati delle mine navali posate da Saddam durante la guerra del golfo e distrutte dai nostri cacciamine. Infine i mezzi subacquei, sistemi d’arma sofisticati che hanno permesso ispezioni a grandi profondità in tutti i mari. Al di là degli aspetti storici, la sala permette agli specialisti del settore ma anche agli appassionati di osservare dal vivo le armi di un tempo, altrimenti visibili solo sui vecchi testi, e di comprenderne meglio le caratteristiche costruttive e di funzionamento.
mina P 200 pescata da una rete da pesca. Nonostante la sua età, l’ordigno può essere ancora pericoloso
Non tutti sanno che ancor oggi questi ordigni insidiosi sono spesso ritrovati in mare da subacquei e dai pescatori che le “catturano” all’interno delle reti a strascico. Le mine, dopo essere state occultate dalla sabbia e dal fango, dopo oltre cinquant’anni ancora ricompaiono nelle maglie delle reti mantenendo spesso un potenziale pericolo per chi le ritrova. Anni fa, nel Mar Baltico, dei pescatori polacchi trovarono una mina della seconda guerra mondiale tedesca. Gli specialisti della Marina tedesca, immediatamente intervenuti, la recuperarono e ne aprirono l’involucro per ispezionarne l’interno. Con viva sorpresa, scoprirono che le batterie interne, dopo oltre cinquant’anni, avevano mantenuto una differenza di potenziale elettrico ancora sufficiente ad innescare il detonatore e, quindi, a far scoppiare la mina.
cassa di una mina deformata durante dei test di esplosione
Nella visita, non ultimo è possibile vedere un pregevole modello in legno, di grande dimensione, del dragamine Pioppo che mostra nei minimi particolari come era distribuito il materiale necessario per effettuare il dragaggio, permettendo con un sistema di cavi, divergenti e immersori di mettere in mare le apparecchiature.
due esemplari di campane acustiche, ovvero generatori di rumore, che erano impiegati un tempo dai dragamine per il dragaggio acustico
Salendo al secondo piano, una serie di storici diorami mostrano tutte le configurazioni di dragaggio delle apparecchiature del dopo guerra; essi furono realizzati per uso didattico per il personale frequentatore dei corsi presso l’allora MARICENDRAG e rappresentano, in tre dimensioni, la stesura finale in mare di dette apparecchiature
Non tutti sanno che alcune configurazioni del dragaggio ad influenza, ancora impiegate fino a pochi anni fa da molte Marine NATO, furono studiate e realizzate per la prima volta proprio nell’Ufficio Studi del MARICENDRAG dall’allora Comandante Falco Accame, recentemente scomparso, e divennero parte delle procedure tattiche di CMM di tutti i paesi NATO.
tabellone espositivo che mostra tipi diversi di cavi magnetici. Questi cavi venivano “filati” di poppa e distesi in mare in modo da creare delle perturbazioni magnetiche per ingannare i sensori delle mine
Come abbiamo accennato, è possibile anche osservare gli strumenti impiegati per il dragaggio magneto-acustico, sistemi per “ingannare” i sensibilissimi sensori delle mine riproducendo le segnature magnetiche e/o acustiche delle navi contro le quali erano state posate e farle quindi scoppiare in sicurezza. Durante la visita, possono essere osservati, appesi alle pareti, gli strumenti meccanici impiegati all’epoca per quello meccanico, ovvero di quella tecnica consistente nel tagliare con cavi ritorti o con delle cesoie meccaniche o esplosive i cavi di ormeggio delle mine ormeggiate (ovvero di quelle collocate nel volume d’acqua e/o in prossimità della superficie).
il primo ROV della Gay Marine, il Filippo, impiegato per investigare i contatti sonar sospetti sul fondo
Infine, in un’ala dedicata sono visibili i mezzi filoguidati subacquei che furono impiegati nelle tante missioni di guerra dai cacciamine italiani, dal Mar Rosso al Golfo Persico. Potrete vedere il Filippo della Gay Marine, capostipite di una famiglia di ROV di successo, al MIN 77, tutti protagonisti di tante missioni di identificazione su alti fondali. Mezzi concettualmente diversi, di supporto alle operazioni di cacciamine, dotati di sonar, telecamere e, negli ultimi modelli, anche di cariche esplosive per controminare gli ordigni. La loro utilità è indiscussa, riducendo il pericolo per gli operatori subacquei che comunque restano una componente importante nelle operazioni di contro misure mine.
MHC Cedro
Numerose anche le foto d’epoca delle tante unità di dragaggio e della struttura che ancor oggi ospita il Comando delle Forze di contro misure mine. Tra queste ultime, ve ne sono alcune illustranti i lavori effettuati alla Caserma Giovannini nel 1935, per l’innalzamento del secondo piano sulla struttura iniziale ad un piano, che era stata costruita intorno al 1870, e della attigua Caserma Sommergibili ora intitolata al Comandante Longobardo.
Nel bianco e nero, ingiallito dal tempo, si scorgono immagini della città di La Spezia, ancora ferita dalla guerra, nella cui rada emergono i resti di scafi colpiti a morte dai bombardamenti che, durante l’ultimo conflitto, avevano martoriato questa importante base militare.
Insieme ai materiali storici, sono conservati i crest in bronzo di molte delle Unità ormai in disarmo, appartenute alle numerose Squadriglie ed ai Gruppi che hanno fatto la storia del Dragaggio del dopo guerra.
crest del cacciamine costiero (MHC) Crotone, classe Gaeta
Generosamente donati da alcuni “ex dragatori” o facenti parte della dotazione delle navi che si sono succedute nel Comando, nella loro semplicità fanno da cornice ai reperti provenienti dalle missioni effettuate in pace ed in guerra in questi ultimi anni che richiamano alla memoria le miglia di mare macinate lentamente dai dragamine e dai cacciamine durante le operazioni di sminamento del Mar Rosso, la Guerra del Golfo fino alle più recenti operazioni di bonifica in Adriatico. A tal riguardo, ricordo che le Unità di Contromisure mine dopo la grande opera di bonifica post bellica, parteciparono attivamente a tutte le più importanti operazioni tra cui vanno menzionate:
- la missione del 14 Gruppo in Mar Rosso (1984);
- la Golfo Persico 1 (settembre ’87 – giugno 1988);
- la Golfo Persico 2 (febbraio – agosto 1991);
- la Decisive Enhancement di Bonifica e Survey in acque Croate del ’95 e del ’96 (IFOR);
- la bonifica delle acque dell’Adriatico a seguito delle operazioni Profeta ed Allied Forge da maggio 1999 a maggio 2000;
raccogliendo riconoscimenti ed apprezzamenti delle Marine non solo mediterranee ma anche di mari lontani, non use a veder garrire al vento la nostra bandiera.
Ringrazio sentitamente il comandante Alfredo Sellitti che cortesemente mi ha accompagnato nella visita della Sala storica che è visitabile, previa prenotazione, per eventuali visite di gruppi ANMI e di studenti chiamando i numeri 0187- 782131 o 0187 – 783295).
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).