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Reportage: Le Formiche di Grosseto, un angolo di paradiso nell’arcipelago toscano

tempo di lettura: 4 minuti


livello elementare
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ARGOMENTO: REPORTAGE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: arcipelago toscano

 

Non lontano dall’Argentario esiste un angolo di paradiso chiamato le Formiche di Grosseto. Le Formiche sono tre isolotti appartenenti all’Arcipelago Toscano e situati approssimativamente davanti al Parco dell’Uccellina in Maremma. I tre isolotti sono chiamati Formica Grande, Formica Media e Formichino.

Formica grande è l’isolotto di dimensioni maggiori ed ospita l’omonimo faro, il secondo è una stretta lingua di terra poco più grande di uno scoglio  mentre il terzo, il Formichino, è in realtà composto solo da due piccoli scogli. La loro peculiarità è che tutti si ergono da un fondale profondo oltre 100 metri arrivando poco sopra la superficie e, trovandosi relativamente lontano dalla costa, offrono una natura incontaminata che può regalare sorprese ed emozioni ai subacquei di qualsiasi esperienza.

Cronaca di una giornata fortunata
Siamo partiti da Porto Ercole con una splendida giornata di sole e con un mare eccezionalmente calmo;  vista la distanza le abbiamo raggiunte dopo circa un ora di navigazione. Le Formiche si stagliano all’orizzonte disposte quasi in linea retta lungo una direttrice nord-ovest/sud-est; sulla carta nautica stimiamo che i due isolotti estremi distano circa un miglio marino l’uno dall’altro.

Come è noto le isole sono molto apprezzate dai sub ma essendo praticamente degli scogli affioranti, i punti di immersioni non sono sempre praticabili in quanto, in caso di condizioni meteorologiche avverse e mare mosso, non offrono  punti di ridosso. La corrente è spesso presente, di intensità abbastanza forte, di direzione variabile anche se, solitamente, più o meno parallela alla linea virtuale NW/SE che collega i tre isolotti. Nuotare vicina al fondo facilita gli spostamenti e, identificata la direzione della corrente, bisogna cercare di spostarsi  dal lato protetto per godersi l’immersione in pace e facilitare i nostri reportage fotografici. La posizione dei ventagli delle paramuricee (gorgonie rosse) è una buona indicazione essendo sempre perpendicolare alla direzione del flusso di corrente per favorire il nutrimento dell’animale.

A nord della Formica Grande, a qualche centinaio di metri di distanza dallo scoglio, ci immergiamo su una secca,  di “Zi paolo“, il cui cappello arriva a circa 5/6 metri di profondità. Una volta in acqua, scendiamo lungo una dorsale di roccia ricca di pesce che sul suo lato occidentale scende dolcemente mentre su quello orientale sprofonda dritta oltre i 40 metri. Lungo la parete, intorno ai 20 metri, si incontrano le prime gorgonie rosse, purtroppo vistosamente attaccate dalla mucillagine. Più in basso grandi dentici e saraghi incrociano tra gli spuntoni di roccia. Murene, anche di discrete dimensioni, si intrecciano nelle cavità osservandoci curiose, spesso in compagnia di gronghi. Predatori come i dentici ed orate sembrano pattugliare lo sperone in un mare di castagnole e salpe. Ci dicono che la presenza di barracuda non è rara ma non ne incontriamo.

paramuricea clavata

Paramuricea clavata photo credit andrea mucedola

Continuiamo a scendere; arrivati ai 30/40 metri, il coralligeno ci regala splendide gorgonie rosse (Paramuricea clavata), gialle (Eunicella cavolinii) e bianche (Eunicella singularis), spugne con numerose varietà di colori, protule, grandi e colorate stelle marine, Leptopsammie e colonie di margherite di mare (Parazoanthus axinellae). Risalendo lungo lo sperone incontriamo murene e grossi murici nonché begli esemplari di lepri di mare (Aplysia depilans) che brucano lungo le pareti non curanti della nostra presenza.

Risaliamo, anche se a malincuore, per un break e ne approfittiamo per cambiare punto di immersione; con la nostra barca ci dirigiamo verso la non lontana Formica di mezzo, una sottile lingua di rocce posta a metà fra la Formica maggiore ed il Formichino. Diamo fondo su un fondale di 8 metri; l’acqua limpidissima ci fa osservare i costoni di roccia che spariscono nel blu.

Apogon imberbis photo credit andrea mucedola

Per la seconda immersione del giorno decidiamo di scendere dal lato sud. Una scelta felice perché ci ritroviamo subito avvolti tra nuvole di Anthias anthias. A circa 12 metri osserviamo una piccola grotta passante. Anche qui troviamo molta mucillagine, dovuta al fenomeno   dell’eutrofizzazione che ha causato in tutti i mari un aumento della biomassa del fitoplancton e della quantità di queste alghe gelatinose (mucillagini). L’aumento delle temperature superficiali del mare fa diminuire la solubilità dei gas (e quindi anche dell’ossigeno) e favorisce la presenza nell’ecosistema marino di dosi sempre maggiori di nutrienti come azoto, fosforo o zolfo (derivati dall’inquinamento chimico terrestre). Purtroppo l’effetto è ben visibile nel coralligeno con appendici mucose che ricoprono le gorgonie e le pareti. 

fenomeno di eutrofizzazione sulle gorgonie – photo credit andrea mucedola

Continuiamo la discesa e, dopo aver incontrato una parete con splendide gorgonie e piccole cavità abitate da numerosi re di triglie (Apogon imberbis), a circa  45 metri intravediamo i resti di un relitto con numerosi cocci resti del suo carico di anfore. Ci spiegheranno che si tratta di un oneraria romana di epoca repubblicana (150 a.C.) che regalò agli archeologi, nascosti tra i resti delle anfore del carico anche un paio di strani vasetti in ceramica, straordinariamente integri. Si tratterebbe di antichi poppatoi: un reperto quanto meno curioso. Il relitto si è parzialmente preservato dal saccheggio grazie alla sua profondità e si resta in attesa che la Sovraintendenza riprenda gli scavi. Dopo questo tuffo nel passato, osserviamo la parete sopra di noi ed incominciamo una lenta risalita sollecitati dagli allarmi dei nostri computer. Il tempo è volato … arrivati in superficie approfittiamo per un bagnetto veloce … poi un piatto di penne agli scampi ci aspetta.

Immersioni certamente gradite a tutti i livelli che sono diventate una meta imperdibile dell’arcipelago toscano insieme a quelle a Giannutri ed al Giglio, tra mille colori e blu intensi che sono particolarmente consigliate per gli amanti della fotografia subacquea.

Si ringrazia per il supporto tecnico Fabrizio Capaldo del CSC Castelli ed il diving Nostromo di Porto Ercole.
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