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livello medio.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MOTORI NAVALI
parole chiave: Diesel
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Abbiamo già definito il motore endotermico come il prodotto di invenzione collettiva ed ogni motore contiene in sé anche una quota ed un contributo di innovazione e dell’esperienza di altri costruttori. La facilità di procurarsi e scambiarsi informazioni e dati, di conoscere risultati di esercizio, ecc. fa sì che, a poco a poco, i vari motori tendano ad avvicinarsi fra di loro, adottando integralmente o con qualche variante idee, indirizzi, disposizioni costruttive che si sappia abbiano dato altrove buona prova.
Questa forma di osmosi delle informazioni, e di allineamento senza veri spunti di concorrenza ha caratterizzato sempre tra loro i pochi produttori italiani di motori diesel navali, ma non ha avuto riscontri tra i produttori italiani e quelli esteri, meno ancora con l’“alleato” tedesco.
A questo lavoro collettivo di carattere internazionale i costruttori italiani fecero scelte coraggiose ed atipiche, con una buona visione iniziale di alcuni problemi generali dando un notevole contributo con la realizzazione di vari dispositivi e semplificazioni di carattere costruttivo il cui impiego fu in seguito generalizzato; difficilmente, salvo alcuni casi iniziali, si può però dire che l’industria italiana di quel periodo potesse vantare, anche per problemi e disponibilità di materiali, la realizzazione di macchine di avanguardia. In diversi casi, agli eccellenti risultati tecnici che si raggiunsero, non fecero seguito corrispondenti sviluppi industriali, e – ove le condizioni economiche e commerciali lo permisero – lo sviluppo industriale non fu inferiore a quanto ottenuto nei Paesi più progrediti.
Le applicazioni italiane furono condizionate, più ancora che orientate, dalla scelta univoca da parte della FIAT del ciclo a 2 tempi e del sistema di lavaggio trasversale, con condizionamenti che perdurarono nel tempo. In Italia si percorsero anche altre vie, cosi come indicato nel 1914 ad un congresso della SAE (Society of American Engineering) dall’ ing. Gian Franco Tosi, titolare dell’omonima industria, con la preferenza per la soluzione a 4 tempi per le proprie produzioni; la data di inizio, successiva all’ impegno della FIAT nel settore, fu il 1910 ed esiste poca documentazione riguardo ai prototipi ed alle produzioni iniziali della TOSI di Legnano. Certamente furono provati ed adottati motori a 2 e 4 tempi, come si vedrà più in dettaglio, ma dalle statistiche della Regia Marina (tabelle nelle successive pagg. 36 e 37) l’ adozione di motori TOSI per la propulsione di sommergibili costruiti nella 1^ G.M. fu del tutto marginale e tardiva.
Progetto TOSI di torpediniera a propulsione diesel con motori da 500HP su tre assi, (Marine Engineering maggio 1912)
Nel periodo immediatamente precedente la 1^ GM la TOSI fu comunque molto attiva nel proporre sul mercato internazionale soluzioni propulsive Diesel, e (quasi in contraddizione con le sopracitate affermazioni dell’Ingegner G. F. Tosi), nel maggio 1912, sulla prestigiosa rivista Engineering, venne presentato un interessante progetto di torpediniera tutto Diesel, su tre assi, con motori a due tempi 0.
Soluzione costruttiva TOSI di motore diesel a due tempi con pistoni tuffanti da 400HP (per uso statico, terrestre)
Malgrado il dinamismo commerciale, in Italia ed all’estero, e l’investimento nei nuovi cantieri di Taranto, durante la 1^ G.M. le forniture della TOSI furono notevoli per unità mercantili mentre per i sommergibili riguardarono battelli che non entrarono in servizio prima della fine delle ostilità: il maggior impegno in campo navale riguardò la fornitura di gruppi ausiliari (compresi generatori di discreta potenza) e di propulsori per naviglio ausiliario; la TOSI sviluppò comunque anche la produzione di motori a 2T anche se in linea con l’enunciato dei suoi titolari puntò sulla fornitura di motori a 4T, sia per uso civile che militare, ma in campo navale e soprattutto per sommergibili, la produzione evolse principalmente in macchine a 2 Tempi.
Da parte sua la FIAT, come già citato, sin dal 1908 aveva indirizzato la propria attività nel campo dei motori marini, e soprattutto navali, sull’impiego del ciclo a 2 tempi. Questa decisione fu presa in un’epoca in cui la scelta del ciclo a 2 tempi poteva essere considerata azzardata, non essendovi esperienza in macchine funzionanti secondo questo principio ed essendo, per contro, la quasi totalità dei motori in quel tempo costruiti, basati sul ciclo a 4 tempi. Non appena però una maggiore esperienza di funzionamento permise di eliminare le difficoltà iniziali, i motori a 2 tempi presero (almeno in fase di sviluppo dell’arma subacquea e per il settore che ci riguarda) il sopravvento sui motori a 4 tempi, che fu confermato nel periodo compreso fra il 1930 – 1940, quando si assistette alla scomparsa del motore a 4 tempi nel campo delle grandi mercantili. Ciò comportò il blocco – in Italia – di ogni alternativa, proprio quando l’evoluzione dell’arma subacquea l’avrebbe richiesta, e le Marine degli altri paesi riconsideravano soluzioni a 4 Tempi, oltre ovviamente la propulsione diesel elettrica od elettrica in alternativa al collegamento diretto del motore alla line d’assi.
Nei primi motori da sommergibili costruiti fino a circa il 1912, fu impiegato un tipo di lavaggio longitudinale in cui l’aria era introdotta nel cilindro attraverso valvole nella testata e lo scarico avveniva attraverso feritoie in basso nella camicia del cilindro.
Concettualmente, e spesso costruttivamente, questo dispositivo ha similitudini con quello impiegato oggi in molti motori moderni a 2 tempi, salvo che oggi l’aria viene introdotta dalle feritoie in basso e lo scarico avviene attraverso le valvole nella testata. Dispositivi di una certa complicazione meccanica che portò, per i motori successivi, all’uso di un lavaggio trasversale, che ancora oggi è quello adottato nei motori di grande potenza 1.
Altri punti che oggi non sono presi in considerazioni dal punto di vista storico riguardano i combustibili e la loro logistica. Non dimentichiamo che sino alla 1^G.M. il combustibile tipico era il carbone ed i combustili derivati dal petrolio erano “merce rara”, non tanto e non solo per il costo, quanto per la reperibilità e distribuzione e soprattutto per la mancanza di standard di produzione diffusi ed accettati; valga l’esempio tedesco, con la paraffina come combustibile per i diesel.
Già la stessa Regia Marina, nelle prime ordinazioni di motori da sommergibili, imponeva per questi motori l’uso dello stesso tipo di nafta che la Marina stessa approvvigionava per le caldaie a vapore 2. Incidentalmente va ricordato che se i motori per sommergibili erano stati messi a punto con combustibile di densità 0,9, era sembrato naturale che i successivi motori mercantili dovessero bruciare combustibili equivalenti, almeno nei primi periodi di sviluppo, contribuendo al miglioramento della logistica. Da quel momento combustibili di densità 0,90 – 0,93 furono considerati normali 3 .
Sistema di lubrificazione a ginocchiera. Un dosatore a intermittenza azionato dal movimento della biella a cui è collegato – si trattava di un sistema di lubrificazione con olio “a perdere” che provocava accumulo di olio nei condotti di scarico con rischi di incendio
Un dosatore a intermittenza azionato dal movimento della biella a cui è collegato – si trattava di un sistema di lubrificazione con olio “a perdere” che provocava accumulo di olio nei condotti di scarico con rischi di incendio. Un altro punto riguarda la lubrificazione dei motori, un aspetto critico con influenza su tutto il periodo preso in considerazione, con connotazioni anch’ esso sulla mancanza di standard generali riguardo ai lubrificanti, e su certe carenze qualitative in alcuni paesi, come appunto l’Italia. Le condizioni dell’industria meccanica italiana e la necessità di adattare le lavorazioni al parco di macchine utensili esistenti portarono a scelte, anche geniali, ma orientate solo alla semplificazione e riduzione di costi costruttivi, citando ad esempio la limitazione di ogni tipo di condotto, la soppressione di ogni foratura destinata a condurre l’olio di lubrificazione nelle parti in movimento, quali gli alberi a gomito.
Da un lato semplificazione, dall’ altro mezzo per contribuire all’ aumento della resistenza a fatica. Da subito, ed in particolare da parte della FIAT, si adottarono dispositivi a ginocchiera (sistemi di olio “a perdere” e non a riciclo, di evidente derivazione dalle motrici alternative a vapore) per introdurre l’olio di raffreddamento degli stantuffi motori, la testata del cilindro incassata nell’interno della camicia allo scopo di proteggerne la parte superiore dalle più elevate temperature della combustione; soluzioni geniali ed immediate, che però a lungo andare si rivelarono limitanti per un’opportuna evoluzione.
L’ ottimizzazione del sistema di lubrificazione e della sua efficacia fu la caratteristica dei motori tedeschi che più richiamò l’attenzione quando furono esaminate le prede belliche che i paesi vincitori si erano ripartite alla fine della 1^ G.M.; soluzioni più avanzate di quelle adottate da altri costruttori ed in altri paesi.
Nella letteratura tecnica americana esiste un’ampia documentazione al riguardo, e tali sistemi si consolidarono anche con l’incrocio di licenze. Poco, se non nulla, si fece al riguardo in campo nazionale, e quando si trattò di studiare nuove soluzioni ed alternative per motori veloci e potenti (con il passaggio eventuale – per certe applicazioni – ai 4 tempi) la lubrificazione ed i lubrificanti costituirono un problema limitante se non una barriera.
Schema concettuale dell’iniezione meccanica
Un’acquisizione di tecnologia di grande importanza, in pratica l’unico intervento evolutivo radicale tra le due guerre, fu l’adozione dell’iniezione meccanica del combustibile (quella in pratica ancor oggi in uso) eppure in Italia, pur avendola industrialmente provata ed adottata sin dal 1928, divenne il sistema di uso generale per le nuove unità della Regia Marina solo dal 1935, uno dei pochi casi di insipienza e resistenza dell’utente più che ritardo o reticenza del costruttore. Nel passaggio la FIAT si orientò sul sistema Bosch, la TOSI seguì altro percorso, preferendo creare un proprio sistema, rimasto pertanto di nicchia, peculiare di questo costruttore, con il riflesso di notevoli complicazioni per l’utente principale, la Regia Marina. Il combustibile arriva una pompetta a stantuffo, azionata da un albero a camme, che lo comprime aa 300 Kg/cm2 al polverizzatore attraverso le valvole di mandata; per effetto della stessa pressione, lo spillo si alza permettendo l’entrata del combustibile finemente polverizzato, nel cilindro. Ad un certo momento della fase di mandata si apre una valvola di scarico ed il combustibile ritorna alla pompetta di aspirazione, determinando così la fine dell’afflusso della nafta al polverizzatore. Mancando la pressione il polverizzatore per effetto delle molle, fa ricadere lo spillo chiudendo ermeticamente la luce di afflusso del combustibile nel cilindro. Si devono citare peraltro scelte azzardate e tardive, forse fuorvianti anche se certamente di risultati immediati, in controtendenza con quanto avveniva in altre marine e come standards di altri costruttori: è il caso dei motori a doppio effetto di tipo veloce e leggero, che furono costruiti per la Regia Marina (in particolare per l’Eritrea, come unità sperimentale con un impianto propulsivo da 18.000 HP, con un peso di ca. 10 kg/HP) senza portare ad alcuna diffusa applicazione, forse per la complessità e l’usura nella manutenzione, malgrado che prestazioni fossero comunque soddisfacenti, all’altezza dei precedenti e molto più celebri motori della stessa categoria costruiti in Germania.
Gian Carlo Poddighe
Note
0 Sarebbe interessante conoscere quanto influirono su questo progetto la struttura e le tesi del “Sistema Del Proposto” presentato dalla Regia Marina nel supplemento alla Rivista Marittima dell’ottobre 1906 sul quale era basato il progetto della torpediniera a tre assi, con motori da 500HP (Marine Engineering maggio 1912).
1 Le feritoie di lavaggio e di scarico, opposte fra di loro, sono nella parte inferiore della camicia. Le feritoie di lavaggio sono più alte di quelle di scarico ed il ritorno dell’aria dai cilindri è impedito da valvole di ritenuta di tipo leggero.
2 Si trattava di un combustibile (ausiliare nella combustione a carbone) che oggi troveremmo ottimo e che potrebbe essere classificato come un buon Diesel-oil, ma in quel tempo era considerato combustibile scadente che richiedeva particolari accorgimenti per essere impiegato su motori di tipo veloce.
3 Nella seconda guerra mondiale si utilizzavano almeno due tipi di “motorina”, la “Texas” e la R.M.2 con consistenti problemi di taratura ed inconvenienti.
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Ufficiale del Genio Navale della Marina Militare Italiana in congedo, nei suoi anni di servizio è stato destinato a bordo di unità di superficie, con diversi tipi di apparato motore, Diesel, Vapore, TAG. Transitato all’industria nazionale ha svolto incarichi di responsabilità per le costruzioni della prima legge navale diventando promotore delle Mostre Navali Italiane. Ha occupato posizioni dirigenziali sia nel settore impiantistico che delle grandi opere e dell’industria automobilistica, occupandosi della diversificazione produttiva e dei progetti di decarbonizzazione, con il passaggio alle motorizzazioni GNV.
E’ stato membro dei CdA di alcune importanti JV internazionali nei settori metallurgico, infrastrutturale ed automotive ed è stato chiamato a far parte di commissioni specialistiche da parte di organismi internazionali, tra cui rilevanti quelle in materia di disaster management. Giornalista iscritto all’OdG nazionale dal 1982, ha collaborato con periodici e quotidiani, ed è stato direttore responsabile di quotidiani ricoprendo incarichi di vertice in società editoriali. Membro di alcuni Think Tank geopolitici, collabora con quotidiani soprattutto per corrispondenze all’estero, pubblica on line su testate del settore marittimo e navale italiane ed internazionali. Non ultimo ha pubblicato una serie di pregevoli saggi sull’evoluzione tecnologica e militare sino alla 2^ Guerra Mondiale, in particolare della Regia Marina, pubblicati da Academia.edu.
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