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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ENERGIE SOSTENIBILI
parole chiave: Green diesel
Un futuro di oro nero o verde?
Nei prossimi anni, energia ed ambiente andranno sempre più a influire sugli scenari ambientali e geopolitici internazionali nei quali ancor oggi l’oro nero gioca un ruolo fondamentale. Le speculazioni in merito sono molte: da ipotesi di esaurimento delle riserve petrolifere nei prossimi 50-100 anni alle variazioni climatiche catalizzate da combustione dei fossili a causa delle emissione di gas serra.
Nel primo caso si può facilmente notare che le aree di instabilità politica sono coincidenti con quelle più ricche di risorse e le fluttuazione delle loro disponibilità si ripercuotono sui mercati mondiali e sull’economia dei diversi Stati. Parallelamente si denota una richiesta di combustibile in costante aumento da parte dei paesi più sviluppati che sono di fatto legati al petrolio per la loro sopravvivenza. Un cane che si morde la coda. Si ha sempre più necessità di combustibile per poterci permettere sempre più comodità ma questo costa. I Paesi produttori, o coloro che li controllano, hanno quindi la possibilità di influire sulle politiche del pianeta. Essendo stato accantonato lo sviluppo del nucleare, a seguito dei recenti incidenti, la comunità scientifica internazionale è quindi alla ricerca di sorgenti alternative che spezzino la schiavitù verso l’oro nero. Questo è reso ancor più urgente dalla constatazione che, qualora la fonte fosse negata a causa di crisi politiche, tutto il sistema entrerebbe in crisi. A questo aspetto economico e tecnologico, si unisce la considerazione che i cambiamenti climatici, sebbene regolati da cicli di cui non abbiamo ancora compreso pienamente i meccanismi, siano influenzati dall’apporto delle emissioni in atmosfera. Di particolare preoccupazione è l’aumento delle temperature e la loro influenza sul mare e sulla sua funzione di regolazione climatica di tutto il pianeta.
Un cammino verso carburanti verdi
La strada verso fonti di energia pulita è stata da tempo intrapresa. Il settore dei trasporti, terrestri, aerei e navali, mira ad un miglioramento dell’efficienza energetica dei mezzi e lo sviluppo di combustibili quanto più puliti. L’impiego di fonti di energia rinnovabili, quali l’eolico ed il fotovoltaico, è ancora limitato da due pesanti limitazioni fisiche legate alla ridotta densità energetica ed alla loro intermittenza casuale nell’erogazione di energia dovuta alle condizioni ambientali.
L’ENI e grandi industrie internazionali stanno investendo nella ricerca di sistemi per ridurre il consumo di combustibile di origine fossile con combustibili ecologicamente compatibili. Una possibile e concreta soluzione sembra poter derivare dall’utilizzo di idrocarburi derivati dalla biomassa, materiale di origine organica che non ha subito alcun processo di «fossilizzazione» che vengono denominati biocombustibili. Un fattore interessante è che la CO2 emessa per la produzione di energia non va ad incrementare l’anidride carbonica in atmosfera in quanto è la stessa prodotta medesima dalle piante nel loro life cycle e che, comunque, alla loro morte verrebbe emessa a seguito dei normali processi degradativi della sostanza organica. In altre parole, queste emissioni rientrano nel normale ciclo del carbonio e sono in equilibrio fra CO2 emessa e assorbita (bilancio neutro).
Al fine di poter considerare il biocombustibile tra i prodotti eco sostenibili è necessario sviluppare processi di produzione ricorrendo a fonti di energia alternativa (eolico, solare, ecc.) limitando l’impatto ambientale. Un elemento ostativo in questi processi è ovviamente la disponibilità di quantità di biomassa sufficiente. In sintesi, il settore dei biocombustibili rappresenta una vera e propria sfida per alleggerire progressivamente il peso del petrolio sulle economie nazionali e sulla salvaguardia ambientale.
I biocombustibili e le biomasse
La possibilità di ricavare energia dallo sfruttamento delle biomasse non rappresenta un elemento di novità in quanto esistono già diversi siti in grado di utilizzare materiale organico derivato da legname, residui agricoli e forestali, scarti dell’industria agroalimentare, reflui degli allevamenti e rifiuti per la produzione in loco di energia. L’ingegner Andrea Mauro, ufficiale della Marina Militare italiana, da anni impegnato nello studio e sviluppo del green fuel per uso navale, ha affermato su un articolo pubblicato sulla Rivista Marittima nel luglio 2011, che l’ambizione futura è di utilizzare le biomasse non per la generazione diretta di energia ma per la produzione di idrocarburi di matrice organica con proprietà e caratteristiche chimico/fisiche equivalenti ai fossil fuel.
Le proprietà del combustibile dipendono essenzialmente dalla tipologia di biomassa utilizzata per la produzione e dalla tecnologia adoperata per la conversione. Il legame tra disponibilità dei materiali da trasformare ed il carburante prodotto è talmente stretto che i biocombustibili vengono classificati proprio in ragione del tipo di biomassa utilizzato e, di conseguenza, del processo adottato per la conversione. Questo rapporto biomassa-biocombustibile è stato da sempre controverso: nell’affannosa ricerca di nuove fonti di energia rinnovabili grandi speranze erano state inizialmente riposte nei «biocombustibili di prima generazione» ricavati da olio vegetale (lipidi) estratto da piantagioni quali palma, mais, colza, girasole (biomassa oleaginosa). Purtroppo le iniziali aspettative sono state disattese poiché l’uso di tali feedstock accentua il problema della deforestazione e crea una forte competizione con il mercato agroalimentare in quanto sottrae terreno e acqua alle colture agricole. Il gasolio attualmente ricavato dai biocombustibili di prima generazione può essere ottenuto tramite:
— processo di «transesterificazione» con produzione di biodiesel, tecnicamente denominato FAME (Fatty Acids Methyl Ester);
— processo di idrogenazione (hydroprocessing) con produzione di green diesel, tecnicamente denominato HEFA (Hydroprocessed Esters And Fatty Acids).
Il processo di idrogenazione
Tenendo conto delle pesanti limitazioni per l’utilizzo dei biodiesel, la ricerca nel settore petrolchimico ha individuato nuove tecnologie per la trasformazione di oli vegetali in idrocarburi «non ossigenati», integralmente compatibili con gli equivalenti prodotti petroliferi. Il risultato ha portato alla produzione di combustibili idrogenati HEFA come il green diesel ottenuto tramite tecnologia Ecofining sviluppata in Italia dalle società UOP ed ENI.
Questo sistema innovativo utilizza tutti i tipi di grassi animali e oli vegetali (trigliceridi) per produrre combustibile diesel ad elevato numero di cetano che garantisce un miglior funzionamento dei motori, basso peso specifico e privo di composti aromatici e zolfo. Il biocombustibile, tra i tanti vantaggi, non è un composto ossigenato, possiede un’ottima stabilità, non necessita di modifiche ai sistemi di combustione dei motori e non degrada le guarnizioni. Mediante il processo di liquefazione è possibile quindi processare non solo i rifiuti organici ma anche la biomassa algale in forma liquida evitando di ricorrere a processi onerosi di essicazione e disidratazione.
Conclusioni
Le alghe sono oggetto di particolare attenzione da parte di studiosi e ricercatori sia nel campo chimico che biologico; i combustibili da esse derivati rappresentano i nuovi «combustibili di terza generazione» poiché prodotti ricorrendo a colture che non sono in competizione con l’industria alimentare e che possono utilizzare habitat marginali come quelli desertici o addirittura il mare.
Si otterrebbe quindi una riduzione della CO2 in atmosfera (in quanto assorbita dal processo fotosintetico), un’elevata produttività a parità di terreno utilizzato e la possibilità di estendere la coltivazione in zone aride o in presenza di acque di scarico degli impianti industriali o zootecnici.
Fantascienza?
Non direi, il 6 giugno 2016, nel Mar Tirreno centrale, per la prima volta nella storia, una rifornitrice della Marina Militare Italiana, nave Etna, ha rifornito di combustibile “verde” una nave della U.S. Navy ed una della Marina Italiana. E’ un momento molto importante di un percorso iniziato nel 2012 e che ha visto nel tempo lo sviluppo di un nuovo concetto strategico, la Flotta Verde – intimamente connesso con il programma di rinnovamento della flotta militare italiana. La Marina è stata insignita del premio Green Global Banking Award, durante una giornata di studio dedicata al tema del buon funzionamento dell’economia verde, per lo straordinario impegno nella cura e nella custodia del Mar Mediterraneo, attraverso il progetto “Flotta Verde” e con il contributo alla Marine Strategy dell’Unione Europea.
Il futuro potrebbe essere quindi assicurato dalle alghe. Ancora una volta il mare potrebbe essere la chiave della nostra sopravvivenza.
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