livello medio
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANO PACIFICO
parole chiave: Tsunami, Fukushima, radiation
Una data da ricordare: 11 marzo 2011, a seguito di un terremoto di magnitudo 9,0 al largo della costa del Giappone, si innescò uno degli tsunami dei tempi moderni più devastanti, che colpì duramente la costa giapponese. Rapporti ufficiali affermano che circa 15.891 persone persero la vita, 6.152 rimasero ferite ma molti sono ancora i possibili dispersi.
Questo è stato il terremoto più potente mai registrato in Giappone e il quarto più potente al mondo, almeno da quando è iniziata la tenuta dei record moderni nel 1900. Il sisma fu così intenso intenso da spostare Honshu, l’isola principale del Giappone di circa otto piedi (e l’asse terrestre di tra quattro e dieci pollici).
Il potente tsunami causò inoltre la completa devastazione di tre dei sei reattori nucleari nella struttura di Fukushima Daiichi. Nel novembre 2011, il ministero scientifico giapponese ha riferito che il cesio radioattivo aveva coperto 11.580 miglia quadrate della superficie terrestre del Giappone e scaricato centinaia di tonnellate di rifiuti radioattivi nell’Oceano Pacifico.
Il cesio radioattivo (un metallo alcalino) può contaminare rapidamente un ecosistema e avvelenare l’intera catena alimentare, e questo è stato riscontrato nei prodotti alimentari giapponesi per un raggio di 200 miglia della struttura di Daiichichi. Il Cesio come altri prodotti di rifiuti radioattivi è bioaccumulativo, il che significa che si accumula in un organismo a un ritmo più velocemente di quanto l’organismo possa eliminarlo.
Un disastro che sembra aver dimostrato di essere molto peggio di quello di Chernobyl del 1986 in Ucraina. La corsa contro il tempo è per inventare sistemi in grado di rimuovere rapidamente ed in sicurezza i detriti altamente radioattivi dai reattori danneggiati. Sebbene le dichiarazioni ufficiali continuino a sostenere che non vi sia alcun pericolo per le radiazioni, i livelli radioattivi sembrano essere aumentati nel Pacifico fino alle coste occidentali degli Stati Uniti, anche se a livelli non ancora preoccupanti.
Nel novembre 2014, Ken Buesseler, della Woods Hole Oceanographic Institution, affermò: “La mia più grande preoccupazione è ciò che sta accadendo oggi in Giappone e come ciò potrebbe arrivare per la nostra costa. Sappiamo che sta ancora perdendo perché stiamo misurando livelli più alti fuori dal Giappone fino ad oggi. Anche la domanda di base, quanta radioattività è stata rilasciata a Fukushima? Potremmo mai essere in grado di farlo a causa della mancanza di campionamento, in particolare nell’oceano”. Il Japan Times riferì il 25 febbraio 2015, che Cesio e altri rifiuti radioattivi si riversavano dal reattore direttamente nell’oceano e che la società Tepco non stava agendo con successo per ridurre tali perdite. In realtà gli sforzi continuano con l’impiego di sofisticati robot che stanno cercando di intervenire sulle aree più inquinate.
Una situazione grave che continueremo a seguire per il mare, dal mare, con il mare.
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