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La cattura della flotta del tesoro del 1628 – parte II di Marco Mostarda

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVII SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: flotta spagnola, Heyn, Olandesi, Habana

 

Al fine di meglio raccontare lo svolgimento dei fatti che segnarono il 1628 come annus horribilis per la monarchia spagnola vi darò qualche breve cenno circa l’organizzazione della Carrera de las Indias, ovvero il complesso dei convogli atlantici spagnoli volti primariamente ad assicurare il trasporto del vitale argento americano in Spagna.

Sin dalle ordinanze emanate nel 1564, il sistema si componeva stabilmente di due convogli la cui partenza da Siviglia era scaglionata nel corso dell’anno: il primo in marzo/aprile diretto verso la Nueva España (Messico) e l’altro in agosto/settembre con rotta verso la Tierra Firme, ovvero il tratto di costa compreso fra l’Istmo di Panama e l’attuale Colombia.
La Flota de Nueva España puntava su Vera Cruz, mentre i Galeones de Tierra Firme verso i porti di Nombre de Dios oppure Cartagena de Indias. In questi porti le flotte svernavano (i galeoni preferibilmente nella più ampia e protetta rada di Cartagena), scaricando le merci destinate alle colonie e caricando l’argento e gli altri prodotti delle Indie; non soltanto argento e in misura minore oro, pertanto, ma anche gli smeraldi provenienti dal giacimento di Itoto in Nueva Granada (attuale Colombia) e le perle pescate presso l’isola di Margarita al largo dell’odierno Venezuela. A tali preziosi si aggiungevano poi altre merci di notevole valore commerciale: legni pregiati come quello di campeggio, coloranti come il carminio e l’indaco, il cacao ed ovviamente lo zucchero prodotto dalle piantagioni di canna da zucchero delle Antille.

Superato l’inverno entrambi i convogli si ricongiungevano a L’Avana, formando una singola flotta.  Il viaggio di ritorno iniziava attorno alla metà di marzo ed il convoglio intraprendeva la rotta che, attraverso gli Stretti della Florida, facendo scalo alle Azzorre, conduceva nuovamente a Siviglia.

Il sistema non era ovviamente esente da pecche, ad iniziare dal gran numero di ritardi che si accumulavano scombinando la tabella di marcia. Difficilmente il sistema amministrativo spagnolo riusciva a farsi valere sulla tendenza, tipica dei mercanti, a svolgere le proprie operazioni commerciali con tutto comodo, specialmente durante le grandi fiere come quella di Nombre de Dios; in aggiunta a ciò l’incidenza di avverse condizioni meteorologiche sulla navigazione a vela poteva imporre rinvii o ritardi della durata anche di molti mesi. Di conseguenza non era infrequente che la Flotta delle Indie si riunisse lungo la costa cubana per affrontare la tratta di ritorno in estate od addirittura a settembre, all’apice della stagione atlantica degli uragani.

A tal riguardo il 1628 non fece eccezione, giacché quell’anno la Flota de Nueva España salpò da San Juan de Ulúa (ovvero il porto di Vera Cruz) soltanto l’8 di agosto. Il convoglio era singolarmente ridotto con appena quindici bastimenti di cui soltanto quattro dei quali erano galeoni del tesoro, dotati di un tutto sommato rispettabile armamento cannoniero. Si trattava della Capitana e dell’Almiranta, due navi da guerra che venivano solitamente assegnate a ciascun convoglio per garantirne la difesa. Ad esse si erano aggiunti altri due galeoni provenienti dall’Honduras (il San Juan Bautista di Alonso de Ayspuru e il Nuestra Señora de la Antigua di Francisco Ortuño de Olano).

I galeoni erano tuttavia destinati a scendere a tre; poco dopo aver salpato le ancore, infatti, un incidente privò la Capitana del proprio albero maestro. Stimando  i danni non riparabili in tempi ragionevoli, il capitano generale della flotta, don Juan de Benavides Bazán, fu costretto a lasciare la propria nave a San Juan de Ulúa e decise così di alzare le proprie insegne su uno dei mercantili di maggiore stazza, la Santa Ana María, riadattandolo a nave del tesoro col trasbordarvi i 24 cannoni in bronzo della Capitana.

Il cinquantaseienne Benavides non era certo un comandante alle prime armi: nominato almirante nel 1615, aveva servito sotto Martín de Vallecilla in quello stesso anno ed effettuato una seconda traversata agli ordini di Juan de Salas Valdés nel 1617. Promosso infine a capitano generale nel 1620, aveva comandato la flotta di quell’anno e nuovamente quella del 1623. Il 1628 segnava pertanto la sua terza traversata in qualità di comandante in capo, potendosi avvalere in tale circostanza di Juan de Leoz come almirante, che aveva alzato le proprie insegne sul galeone Santa Gertrudis.

Frattanto l’olandese Piet Heyn era salpato dalle Province Unite nel mese di maggio, al comando di una forte squadra di 26 navi; già il 4 agosto aveva doppiato Cabo San Antonio, ovvero l’estrema punta occidentale di Cuba, entrando nel Golfo del Messico e sfruttando la corrente della Florida per giungere in vista de L’Avana il giorno 23. Avvistato da terra, dalle vedette territoriali del Governatore Generale di Cuba – don Lorenzo de Cabrera y Corbera – gli spagnoli avevano subito inviato delle veloci navi postali incontro al Benavides per allertarlo del pericolo incombente. Sfortuna volle che Heyn catturasse uno di codesti patache, dalle cui istruzioni egli poté apprendere con certezza che la Flotta del Tesoro non era ancora giunta e che gli olandesi si trovavano ora nella migliore posizione per tagliarle la rotta allorquando essa fosse giunta in vista della capitale cubana. [4]

Heyn continuò ad incrociare al largo de L’Avana in paziente attesa, rinforzato il 7 settembre da una squadra di cinque navi ed uno yacht al comando del viceammiraglio Joost Banckert. Infine, il giorno successivo, gli olandesi scorsero al sorgere del sole le vele della Flotta del Tesoro profilarsi a nord della loro posizione: Heyn diede ordine di spiegare le vele ed in breve piombò addosso a nove mercantili, catturati senza colpo ferire. Mentre le operazioni di abbordaggio erano in pieno svolgimento, secondo la relazione ufficiale di pugno dello stesso Heyn, altre otto vele vennero avvistate in direzione Sud Est: cinque di questi bastimenti dovevano costituire il resto della flotta di Benavides, comprendendo anche i tre galeoni del tesoro ed il grosso mercantile riallestito a tal scopo. 

barre d’oro spagnole

Heyn, essendo impegnato nelle operazioni di trasbordo del bottino già catturato, mandò avanti parte delle proprie navi, che spiegarono tutte le vele per tagliare la rotta agli Spagnoli prima che questi potessero rifugiarsi nel porto de L’Avana.

Gli olandesi catturarono avidamente altre quattro prede e quindi manovrarono per portarsi sottovento alle quattro navi superstiti, ovvero la Capitana di Benavides, l’Almiranta di Leoz ed i due galeoni dell’Honduras, a bordo delle quali si trovava gran parte dell’argento. Vistisi sbarrato l’accesso al porto, agli spagnoli non restò che forzare l’andatura spiegando persino – osserva Heyn – dei velacci aggiuntivi agli alberi di gabbia nel tentativo di seminare gli inseguitori. Una manovra come vedremo disperata.

fine parte II – continua

Marco Mostarda

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Note
[4] Dettagli sulla composizione della Flotta del Tesoro del 1628 e nomi del principali bastimenti sono sempre estratti da Id., Wars of the Americas, cit., vol. 1, p. 178.

 

 

 

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