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Aspetti legali dell’uso delle mine navali – parte I

tempo di lettura: 10 minuti

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livello medio
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ARGOMENTO: SICUREZZA MARITTIMA

PERIODO:XX-XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: mine navali

 

Nelle notizie dei giornali ricorre spesso un tormentone in merito a come il mondo stia cambiando, che le cose non sono più le stesse, quasi un rimpianto per un tempo che non c’è più. Certo il mondo di oggi, nel bene e nel male, non è più quello di un tempo. Abbiamo un maggior conforto sociale, i servizi sono migliorati, godiamo di una maggiore libertà ma esiste anche una parte oscura che spesso ignoriamo. La maggior parte delle persone guarda l’ultimo anello della catena, ovvero ciò che lo tocca direttamente ed è sempre pronto ad inalberarsi per l’aumento dei beni, rinvangando tempi ormai passati in cui tutto costava molto meno.  La verità è che le comodità si pagano, in termini di costi che si distribuiscono lungo tutta la catena. I trasporti marittimi sono ancora la fonte maggiore di approvvigionamento da cui dipende il nostro benessere.  Duemila anni fa era le navi annonarie a portare il grano a Roma, consentendo la sopravvivenza del popolo romano, oggi sono le grandi superpetroliere e le navi porta container che trasportano ciò di cui la nostra società ha bisogno per sopravvivere. Tutto questo è consentito da una struttura invisibile ai più, di controlli capillari che consentono il libero traffico commerciale. Eppure, anche nel III millennio, sui giornali appaiono a volte notizie che ci riportano ai secoli passati: pirateria nelle zone di maggior traffico commerciale, attacchi alle navi in rada da parte di organizzazioni criminali, e l’uso terroristico di mine navali da parte di fazioni in lotta fra di loro.

Sebbene nell’immaginario collettivo, la potenza marittima si identifica con grandi navi armate di missili e siluri, pochi realizzano che, a volte, un piccolo ordigno, fatto in casa, possa avere un impatto maggiore delle grandi navi da battaglia. Ci possiamo domandare se queste armi subacquee, particolarmente insidiose, siano regolarmente riconosciute dalle leggi internazionali?

Legittimità delle mine
Come sappiamo le mine terrestri, specialmente quelle antiuomo, sono state oggetto di un lungo dibattito etico a livello internazionale per i risvolti tragici verso le popolazioni civili. Nazioni povere, come Cambogia, ex-Jugoslavia e Afghanistan, hanno subito e subiscono un costante apporto di perdite umane che contribuiscono ad acuire le già drammatiche situazioni di crisi sociale ed economica di quei Paesi travagliati. Per le mine terrestri sono stati concordati, a livello internazionale, dei divieti (ad esempio  la Convenzione di Ginevra del 1980). Un forte contributo fu dato dalla Campagna Internazionale per il Bando delle Mine che portò al Trattato di Ottawa (1994), che vieta “l’uso, l’immagazzinamento, la produzione e la vendita di mine antiuomo“, in seguito firmato dalla maggior parte delle nazioni del mondo, anche se non da tutti. Ancor oggi Paesi produttori di questo tipo di armi non hanno firmato il trattato, ad esempio gli Stati Uniti, Israele, Russia, Cina, India, e la Corea del Nord. Ci domandiamo oggi quale sia la problematica in campo marittimo, alla luce dell’impiego delle mine navali negli ultimi conflitti.. 

Possiamo parlare di legittimazione dell’uso delle mine navali in mare?
La risposta è si … l’uso di queste armi non è infatti rivolto ai singoli ma alla deterrenza o, in casi estremi, al diniego per le flotte militari o mercantili di un altro Paese al transito in una determinata area. Questo ovviamente introduce un importante fattore politico e legale: la limitazione del principio della libertà di navigazione e, in certi casi, dello sfruttamento delle risorse naturali marine. Sebbene la problematica delle mine navali non sia mai stata abbandonata trova ancora riscontro nell’unico accordo internazionale esistente in merito all’uso delle mine navali ovvero laConvention Relative to the Laying of Automatic Submarine Contact Mines nr. VIII, firmata all’Aia nel 1907.

La Convenzione dell’Aia del 1907 fu realizzata a seguito del minamento effettuato, per la prima volta in acque internazionali, da parte della Marina imperiale giappone per bloccare gli accessi ai porti zaristi durante la guerra russo–giapponese (8 febbraio 1904 – 5 settembre 1905). Un’azione, sottolineo mai avvenuta in precedenza, che aveva limitato la libera circolazione marittima anche delle nazioni neutrali.

L’accordo dell’Aia tratta molti altri argomenti nelle sue tredici sezioni, dodici delle quali in seguito ratificate dagli Stati ed entrate in vigore:

Di interesse specifico per l’argomento di oggi è l’VIII Sezione, che fu intesa a regolamentare l’uso del solo tipo di mina esistente a quel tempo, la mina a contatto. Un’arma ancora presente negli arsenali di molte Marine, grazie alla sua facilità di uso, basso costo ed alta letalità.

Nel preambolo iniziale si evince che la Convenzione dell’Aia si proponeva non tanto di proibire l’uso di tali armi ma quello di consentire per quanto possibile la libera navigazione anche durante il tempo di guerra. Va premesso che quanto concordato derivò, come sempre, da una serie di compromessi dovuti principalmente a due posizioni: quella dei Paesi in possesso di forze navali tali da assicurare il potere marittimo e quella degli altri; furono tralasciate, ad esempio, le limitazioni geografiche (politicamente sempre molto spinose) e le restrizioni del minamento in acque internazionali. 

Riporterò e commenterò di seguito gli articoli presenti nella VIII sezione analizzandone i fattori più importanti.

brillamento 3

esplosione di mina nel dopo guerra – mar mediterraneo – foto di proprietà dell’autore andrea mucedola

Article I
Clause I : It is forbidden to lay unanchored automatic contact mines unless they be so constructed as to become harmless one hour after those who laid them have lost control over them.
Con il termine “automatic”, si volle identificare quella classe di ordigni in cui non era necessario da parte dell’Uomo, il consenso di fuoco. Si escludevano quindi le mine controllate. Quanto sopra è abbastanza logico anche perché la possibilità di controllare l’attivazione di mine in alto mare era, ovviamente, all’epoca impossibile. In particolare, si riferirono a quelle mine navali rilasciate alla deriva, in acque lontane da una costa dove tali armi avrebbero potuto colpire chiunque, non essendo in condizioni di discriminare il naviglio amico, neutrale o nemico. Cowie riporta che nell’ambito della discussione, si formarono due blocchi: uno favorevole alla messa al bando di tutte le mine alla deriva automatiche (Stati Uniti e Gran Bretagna), l’altro di nazioni che introducevano il concetto di dispositivi di sterilizzazione a tempo (Russia, Giappone e l’Italia). La giustificazione di questa posizione fu data dal rappresentante italiano che prospettò la possibilità che un’unità militare potesse usare tali arma come estrema difesa quando in presenza di unità navali superiormente dotate. La Germania dichiarò che se poteva essere considerato accettabile l’impiego di sistemi di auto-sterilizzazione sulle mine (ad esempio nel caso si fosse rotto l’ancoraggio della mina lasciandola libera di vagare alla deriva), d’altra parte il loro uso su mine impiegate a scopo offensivo o per autodifesa, in ambiente tattico, ne avrebbe ridotto l’effettiva efficacia. Al termine, la clausola fu accettata ma, come sottolineato dal rappresentante della Germania, questo artificio non avrebbe mai potuto fornire una sicurezza totale per la navigazione.

Clause II
It is forbidden to lay anchored automatic contact mines which do not become harmless as soon they have broken loose from their moorings.
Se questa clausola appare logica nelle premesse, è interessante notare che il termine “contact”, permise di escludere, negli anni a seguire ed ancora tutt’oggi, dai limiti della Convenzione tutte le mine non a contatto (ovvero quelle ad influenza) che per vari motivi presentano ancora oggi un rischio notevole.

Clause III
It is forbidden to use torpedoes which do not become harmless when they have missed their mark.
Questa clausola era riferita al fatto che le torpedine autopropulse dell’epoca, ovvero i primi siluri, mantenevano un assetto positivo dopo la corsa, divenendo a tutti gli effetti degli ordigni alla deriva. Oggi giorno questo non rappresenta più un problema in quanto, in caso di mancato intercetto, i siluri dovrebbero procedere verso il fondo e sterilizzarsi.

Article II
It is forbidden to lay automatic contact mines off the coasts and ports of the enemy with the sole object of intercepting commercial navigation.
Questo articolo fu il più controverso in quanto di fatto sembrava limitare la possibilità di effettuare un minamento in acque nemiche solo qualora esistesse la certezza di affondare le sole navi militari; ma come avrebbe potuto un campo minato, non controllato, discriminare i propri bersagli? Il concetto di “mine targetting”, ovvero di minamento rivolto contro uno specifico bersaglio, è un concetto moderno e, all’epoca, non esistevano tecnologie in grado di assicurarlo, in quanto basate su congegni di fuoco che necessitavano il contatto fisico con il bersaglio. Dopo numerosi dibattimenti la clausola fu approvata per un solo voto e per l’astensione di molti Paesi. Di fatto, la Germania, sia nella Prima che nella Seconda Guerra Mondiale, posò campi minati in acque nemiche, giustificando il fatto che, comunque, la Convenzione non determinava la distanza minima entro la quale essi potevano essere posati.

Article III
When anchored automatic contact mines are employed every possible precaution must be taken for the security of peaceful navigation. The belligerents undertake to provide, as far as possible, for these mines becoming harmless after a limited time has elapsed, and where the mines cease to be under observation, to notify the danger zones as soon as military exigencies permit, by a notice to mariners, which must also be communicated to the governments through the diplomatic channel.
Il concetto di dichiarazione delle posizioni dei campi minati e del loro successivo monitoraggio era (ed è) fondamentale per la sicurezza del traffico mercantile neutrale. I belligeranti dovrebbero fare in modo che le mine navali posate si sterilizzino o siano sterilizzate dopo un certo tempo e, qualora la sorveglianza del campo venga a mancare o non sia possibile perseguirla, devono essere emanati avvisi ai naviganti per consentire al traffico neutrale di evitare tali aree pericolose per la libera navigazione.

Anche questa clausola fornisce dei punti interessanti; tenendo conto che il monitoraggio di un campo minato, all’epoca, poteva essere effettuato solo nelle proprie acque (chi si sarebbe fermato in acque nemiche dopo un operazione di minamento?) viene da sé che la clausola in realtà richiedeva di notificare le aree di pericolo e dotare le mine di un “non precisato” sistema di sterilizzazione a tempo per renderle inoffensive. 

Sebbene durante le due guerre mondiali la policy di comunicare le posizioni delle aree minate venne generalmente seguita dalla maggior parte delle nazioni, furono comunque effettuate azioni clandestine di minamento anti sommergibili, non dichiarate durante il conflitto, ed in seguito giustificate con il fatto che le profondità delle casse delle mine nel campo erano tali da consentire il libero traffico del naviglio di superficie. La soluzione puramente tecnica della sterilizzazione o della auto-sterilizzazione dei congegni di fuoco, al di là della volontà politica di attuarla, divenne un’effettiva realtà solo in epoca recente, quando i circuiti elettromeccanici delle mine furono sostituiti da quelli elettronici a microprocessore.

Article IV
Neutral Powers which lay automatic contact mines off their coasts must observe the same rules and take the same precautions as are imposed on belligerents. The Neutral Power must give notice to mariners in advance of the places where automatic contact mines will be laid. This notice must be communicated at once to the Governments through the diplomatic channel. L’articolo IV non è che un estensione alle potenze neutrali, che effettuino operazioni di minamento difensivo all’interno delle proprie acque territoriali, dell’articolo precedente. Alle stesse viene richiesto di comunicare simultaneamente, attraverso i  canali diplomatici, alle nazioni belligeranti la posa dei propri campi difensivi. La storia recente ha dimostrato che mine navali siano state posate anche da fazioni in lotta, che non hanno mai dichiarato le loro azioni. Un caso recente sono quelle posate dagli Houtis nel Mar Rosso.

Article V
At the close of the war, the contracting Powers undertake to do their utmost to remove the mines which they have laid, each Power removing its own mines.
As regards anchored automatic contact mines laid by one of the belligerents off the coast of the other, their position must be notified to the other party by the Power which laid them, and each Power must proceed with the least possible delay to remove the mines in its waters.
Tale prassi fu sempre adottata al termine di tutti i conflitti anche se, in particolari situazioni, per motivi di protezione delle tecnologie in gioco, alcune nazioni preferirono recuperare personalmente le loro mine. Non dimentichiamoci che i progressi delle contro misure mine derivarono, per la maggior parte delle volte, dal recupero fortuito di mine inesplose; ad esempio il recupero delle mine ad influenza germaniche sulle spiagge inglesi.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è STORIA-NAVALE-INGLESE-MINE.jpg

I membri della squadra di recupero e smaltimento delle mine esaminano una mina navale sulla spiaggia di Tayport prima della sua rimozione con l’aiuto di un mezzo gestito da truppe del 1 ° Corpo polacco, il 25 novembre 1941 – fotografi ufficiali della Royal Navy Smith, J H (Lt) –  Pelman, L. (Lt) © IWM A 6426 THE NAVAL MINE RECOVERY AND DISPOSAL SQUADS IN SCOTLAND, 1939-1945 | Imperial War Museums (iwm.org.uk)

Articolo VI
The contracting powers which do not at present own perfected mines of the description contemplated in the present Convention, and which, consequently, could not at present carry out the rules laid down in Articles I and III, undertake to convert the material of their mines as soon as possible, so as to bring it into conformity with the foregoing requirements.
Nonostante l’impraticabilità e, successiva, impossibilità a mettere in atto quanto richiesto dall’articolo, esso fu inspiegabilmente ed unanimamente approvato dalle Nazioni. In realtà nessuno lo applicò interamente. E’ ancora tutto legato alla buona volontà delle Nazioni.

Article VII
The provisions of the presents Convention are only applicable between the contracting Powers, and only if all the belligerents are parties to the Convention.
Nonostante alcuni dei 38 paesi partecipanti al Convegno non firmarono il testo finale (ad esempio Russia e Cina), essa fu in seguito generalmente applicata dalla maggior parte.

Articles VIII, IX, X, XI, XII e XIII
omissis
Questi articoli stabilirono le clausole di entrata in vigore, tra le quali la data di una prima revisione, prevista per il 1914, che a causa della Prima Guerra Mondiale fu rimandata a data da destinarsi. 

In sintesi, al di là delle possibile speculazioni giuridiche, la Convenzione impose alle nazioni una fondamentale regola: la notifica delle operazioni di minamento, una prassi che dopo oltre 100 anni, sembra resistere nella sua concretezza. La mancata richiesta di una nuova revisione dell’Accordo dell’Aia fa altresì pensare che in realtà nessuna nazione abbia mai voluto costringersi ulteriormente per poter sviluppare ed impiegare a proprio piacimento questi ordigni. 

Per quanto concerne i limiti di applicazione della convenzione dell’Aia, legati solo alle ”automatic contact mines”, essi non citano alcuna limitazione verso altri congegni. Ad esempio le mine ad influenza possono essere impiegate legittimamente e liberamente dalle Nazioni. Considerando che le mine moderne, presenti negli arsenali dalle Marine più evolute, sono soprattutto ad influenza (in quanto permettono il targetting selettivo dei bersagli), in pratica, non esistono restrizioni se non l’impegno morale ed etico dei belligeranti. Per quanto riguarda invece le Rogues Countries non esistono limitazioni e il problema è quindi di tipo risolutivo, ovvero come contrastare questo tipo di minaccia subdola e letale in zone di libero traffico, dove si potrebbe identificare un atto di terrorismo internazionale.

fine I parte – continua

Andrea Mucedola

 

in anteprima mina tedesca dragata in acque australiane (Australian War Museum, AWR) – Fonte: http://www.awm.gov.au/database/collection.asp – ‘Copyright: The AWM record for this photo states that the copyright status is ‘clear’. The photo was taken in 1940 or 1941. Mine (AWM 304925).jpg – Wikimedia Commons

 

vietata la riproduzione anche parziale senza l’autorizzazione dell’autore da richiedere a: Andrea Mucedola – infoocean4future@gmail.com 

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