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Siluri spuntati: quali furono le cause del fallimento dei siluri tedeschi? – parte V

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: ARMI SUBACQUEE
parole chiave: torpedini, siluri
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Già l’11 aprile, l’ammiraglio Dönitz aveva dato nuovi ordini ai suoi sommergibili impiegati nell’operazione Weserübung che derivavano dall’irritante ricorrenza di guasti ai siluri avvenuta nei giorni precedenti; in pratica Dönitz ordinò che venissero impiegati solo i siluri con acciarini ad urto.

Sebbene il Dipartimento dei siluri avesse assicurato che la vicinanza del Polo Nord magnetico alla cosiddetta Zona O (al largo della Norvegia settentrionale) non avrebbe dovuto influire sull’efficienza degli acciarini magnetici, di fatto i siluri lanciati dai battelli esplodevano prematuramente, non solo vanificando gli attacchi ma anche esponendo i sommergibili al rischio di essere scoperti ed affondati dal nemico.

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Siluro tedesco – probabilmente un modello G7 – autore Keiner – Fonte Archivio Wydawnictwo Prasowe Kraków-Warszawa inventario 2-2517
File:Załadunek torped na okręt (2-2517).jpg – Wikimedia Commons

Dopo una riunione di emergenza con i rappresentanti dell’Alto Comando Navale e del Dipartimento dei siluri, Dönitz concluse che doveva esserci per forza un’interferenza magnetica nei fiordi. Ma non era finita. L’analisi dei lanci di prova effettuati secondo sue direttive evidenziò che il siluro Mark G7e con acciarino ad urto aveva mostrato dei problemi di assetto. Dopo il lancio, il dispositivo di mantenimento della profondità faceva navigare il siluro circa due metri più in profondità della quota impostata per cui l’arma, anche se ben indirizzata, passava al di sotto del suo bersaglio.

Dönitz nelle sue memorie scrisse “ci siamo trovati equipaggiati con un siluro che si rifiutava di funzionare nelle acque settentrionali sia con acciarini di scoppio a contatto sia magnetici“.

Non ci fu altra alternativa. Dönitz decise di non far impiegare gli acciarini ad influenza magnetici nei fiordi norvegesi per evitare esplosioni premature e mettere a rischio i sommergibili.

Ma non poteva finire così
Venne quindi istituita una Commissione di inchiesta per indagare sui tanti malfunzionamenti di queste armi subacquee e fu pubblicato un rapporto a fine luglio che attribuì la colpa di tali malfunzionamenti al Dipartimento Tecnico responsabile dello sviluppo dei siluri. Tra l’altro, si scoprì che nel progetto era stata impiegata un’elica a quattro pale prima che fossero state ultimate le necessarie prove in mare. Una mancanza inconcepibile per cui il personale dell’Istituto Sperimentale dei siluri venne sottoposto alla corte marziale e condannato a pene detentive. 

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St. Nazaire, Uboot U 94, Karl Dönitz – Foto di Lothar-Günther Buchheim – Fonte Bundesarchiv Bild 101II-MW-3491-06
Bundesarchiv Bild 101II-MW-3491-06, St. Nazaire, Uboot U 94, Karl Dönitz.jpg – Wikimedia Commons

Il 31 gennaio 1942, l’U-94, un sottomarino tipo VIIC, stava tornando in Germania dopo essere stato costretto ad interrompere il suo pattugliamento per un problema tecnico a causa di alcune difficoltà meccaniche. Durante il viaggio di ritorno il comandante, il ventitreenne Otto Ites, decise di effettuare un’ispezione approfondita, non programmata, dei siluri e notò che, a causa di una guarnizione difettosa, vi era una pressione insolita all’interno del siluro, ovvero nella camera di equilibrio in cui si trovava il meccanismo di controllo della profondità.

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Otto Ites, il giovane comandante del U 94

Il fatto fu immediatamente comunicato al BdU e il caso volle che il rapporto fu ricevuto da Dönitz proprio nel momento in cui il suo staff stava analizzando il gran numero di guasti ai siluri segnalati dai primi battelli in arrivo al largo della costa nordamericana. [1] Dopo aver ricevuto la trasmissione del comandante Ites, Dönitz si rese conto immediatamente delle implicazioni negative che questo aumento della pressione avrebbe potuto avere sul meccanismo di mantenimento della profondità, e vietò immediatamente la ventilazione ed il riscaldamento a bordo dei siluri G7e. Venne quindi ordinato un controllo a bordo di tutti i battelli in porto dal quale emerse che la metà dei siluri in dotazione presentava lo stesso problema. Il mistero delle corse effettuate dai siluri ad una profondità maggiore del previsto era quindi finalmente stato svelato. 

A cosa era dovuta questa maggiore pressione nelle camere?
I risultati delle inchieste fecero parte di un Memorandum che fu inviato all’ammiraglio Raeder il 9 febbraio 1942. Secondo le memorie di Dönitz, la pressione nelle camere, superiore a quella atmosferica, era dovuta ai “frequenti rilasci di aria compressa … essenziali quando il sommergibile era in immersione”. Questo non sarebbe stato un problema se le camere di bilanciamento fossero state ermetiche, ma si scoprì che in realtà non erano perfettamente a tenuta. 

In sintesi, le influenze magnetiche nei fiordi norvegesi e il difetto tecnico dei siluri ad impatto, avevano causato un fallimento tra il 30 e il 35 % degli attacchi dei sommergibili tedeschi durante la campagna norvegese. Dönitz scrisse con amarezza che “l’efficacia dei nostri siluri non era maggiore di quella che era stata durante la prima guerra mondiale“.  Dall’inchiesta emerse che furono spesi molti più soldi per le ricerche sull’artiglieria che per il miglioramento dei siluri, cosa che aveva comportato che allo scoppiò della guerra il siluro non aveva onorato le specifiche dalla Kriegsmarine. Un pasticciaccio nord europeo realizzato con la complicità del Dipartimento siluri, che ne era l’unico produttore, e del compiacente Istituto Sperimentale siluri che era responsabile dei collaudi. Errori valutativi, malfunzionamenti e complicità che avevano influito sui risultati globali.


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In un’analisi delle prestazioni dei siluri nel periodo gennaio-giugno 1942, a seguito dell’operazione Paukenschlag, effettuata dalla marina tedesca oltre oceano con gli U-Boot tipo IX, fu stimato che solo il 40% delle navi erano state affondate da un singolo siluro, mentre il resto ne aveva richiesti due o più. Alla luce degli oltre due milioni di tonnellate di navi effettivamente affondate (di cui un terzo erano petroliere) si stimò che il risultato avrebbe potuto essere migliore se gli U-Boot fossero stati armati con siluri più efficienti.

Le innovazioni
In quel periodo turbolento, oltre al nuovo tipo di acciarino magnetico, furono introdotte altre due innovazioni: la prima consisteva nella traiettoria circolare che il siluro, dopo aver percorso una certa distanza, effettuava ricercando il suo bersaglio. Un artifizio che aumentava le possibilità di colpire un’altra nave del convoglio in caso il siluro avesse mancato il bersaglio originale.

La seconda novità, resa disponibile nel settembre del 1942, fu la disponibilità di un sensore acustico, che poteva far dirigere il siluro verso le sorgenti di rumore generate dalle eliche del bersaglio. Questa capacità rendeva quindi meno importante la precisione dell’angolazione iniziale del lancio, aumentando la probabilità di intercetto.

I primi siluri acustici passivi furono sviluppati quasi contemporaneamente dalla Marina degli Stati Uniti e dai Tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Un’innovazione tardiva in quanto, nel luglio 1942, la capacità di costruzione navale alleata superò per la prima volta il tasso di affondamento degli U-Boot.

Nel marzo del 1943, la marina tedesca imbarcò per la prima volta il nuovo siluro G7e/T4 Falke sui sottomarini U-603 , U-758 e U-221. In realtà, pochi di questi siluri furono effettivamente utilizzati e furono sostituiti, nell’agosto dello stesso anno, dal nuovo siluro G7es T5 Zaunkönig che fu impiegato con successo contro i convogli del Nord Atlantico.

Fine parte V – continua

Andrea Mucedola

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Ringrazio la Rivista Marittima per la gentile concessione alla pubblicazione del saggio che è stato arricchito di nuove informazioni e diviso in sei parti per facilitarne la lettura. A differenza della prima versione, ho escluso la situazione dei siluri italiani (contenuta nell’articolo pubblicato sulla Rivista Marittima, 2022) che riprenderò in un saggio dedicato.


Note
(1) Blair, Clay. Hitler’s U-Boat War: The Hunters 1939-1942. New York: Random House, (1996)

(2) “Der Oberbefehlshaber der Kriegsmarine Abschrift Betrifft: Untersuchung der Torpedoersager,” B. Nr. M 261/40 G.Kdos, 23.7.1940, PG 34634, National Archives Microfilm Publication T‐162B, Roll 2346

(3) Morison, Samuel, History of United States Naval Operations in World War II Vol 10, The Atlantic Battle Won, May 1943 – May 1945. Champaign, IL: University of Illinois Press. ISBN 978-0252070617, (2002)

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Riferimenti
Edwyn Gray, Nineteenth Century Torpedoes and Their Inventors, Naval Institute Press, Annapolis, Maryland, (2004).
Karl Dönitz, Memoirs: Ten Years And Twenty Days, Paperback, March 22, (1997).
David Wright, Habersham, Wolves Without Teeth: The German Torpedo Crisis in World War Two (2010), Electronic Theses and Dissertations.
Caly Blair, Hitler’s U-Boat War: The Hunters 1939-1942. New York: Random House, (1996).
Stephen Roskill, The War at Sea 1939-1945, Vol. II (Uckfield, East Sussex, United Kingdom, Naval & Military Press, (1956).
Buford Rowland, William B.Boyd, U.S. NAVY Bureau of Ordnance in World War II, Chapter VI, the Library of the University of California, (1953).
OP 635 (1st Rev)-TORPEDOES MK 14 AND 23 TYPES manual.
Winston S. Churchill, The Second World War, Vol Two: Their Finest Hour (Boston: Houghton Mifflin, (1985).
Morison, Samuel, History of United States Naval Operations in World War II, Vol 10, The Atlantic Battle Won, May 1943-May 1945. Champaign, University of Illinois Press. ISBN 978-0252070617, (2002).
Gian Carlo Poddighe, Sistemi di protezione subacquea nella Seconda guerra mondiale. Precedenti, scelte, tecnologie, aspetti costruttivi, (2018).
Giorgio Miovich, Sistemi d’arma delle forze A/S e subacquee con elementi di acustica subacquea, edizioni Accademia navale Livorno, (1978).
Erminio Bagnasco, Maurizio Brescia, Sommergibili italiani 1940-1943 parte I Mediterraneo, Dossier Storia Militare, (2013)
Philip A. Crowl, “Alfred Thayer Mahan: The Naval Historian” in Makers of Modern Strategy from Machiavelli to the Nuclear Age, ed. Peter Paret (Oxford: Clarendon Press, 1986)

 

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