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Corsari romani – parte III

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA ROMANA
PERIODO: III SECOLO a.C.
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Roma, Gaio Duilio, Caio Lutazio Catulo

 

Due anni dopo, i corsari romani conseguirono un successo navale di grande rilievo perfino all’imboccatura del golfo di Cartagine, nei pressi dell’isola di Zembra. Lì essi intercettarono una grossa formazione navale cartaginese, che doveva essere costituita da un convoglio mercantile carico di merci, scortato da navi da guerra. Il combattimento in mare fu ancora una volta favorevole ai Romani, che poterono quindi catturare del bottino, fino a quando il sopraggiungere di una burrasca non permise più alcun trasbordo. I Romani speronarono quindi le navi nemiche per affondarle e rientrarono indenni in Sicilia. Gli abbondanti resti del carico dei mercantili naufragati vennero invece dispersi dalla mareggiata, disseminandosi in parte lungo le vicine spiagge nordafricane [22].

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Rostro decorato con la testa della Lupa capitolina e ancora, facenti parte di una serie di fregi navali augustei presumibilmente provenienti da un monumento celebrativo della vittoria d’Azio. Bassorilievi marmorei incastonati nella parte superiore delle pareti della “Sala dei Filosofi” dei Musei Capitolini

Da quando le sorti della guerra erano state gravemente compromesse dall’improvvisa perdita di entrambe le flotte romane e dei relativi equipaggi, la determinazione e la combattività di quei valorosi, che abbiamo chiamato i corsari romani, aveva consentito di mantenere una continuativa minaccia navale nelle acque cartaginesi, costringendo le flotte puniche ad impegnarsi prioritariamente nella difesa delle proprie coste e del traffico mercantile d’interesse, a scapito delle operazioni verso la Sicilia o contro la nostra Penisola. Questo spiega come mai i Cartaginesi non riuscirono ad approfittare pienamente della sospensione romana della guerra navale per sei lunghissimi anni.

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Classiari a bordo di una nave rostrata romana partecipante alla battaglia navale d’Azio. Particolare di un bassorilievo navale proveniente da Palestrina e custodito dai Musei Vaticani di Roma.

Nel frattempo, in Italia, i fabri navales romani avevano avuto il tempo di studiare le raffinate peculiarità tecniche delle due velocissime quadriremi catturate durante il blocco navale di Lilibeo e ne avevano tratto ogni possibile insegnamento ai fini della progettazione di una quinquereme di nuovo tipo, molto più veloce e manovriera delle unità fino allora utilizzate. In quegli stessi anni si era reso anche possibile procedere al progressivo reclutamento di nuovi equipaggi ed al loro rigoroso addestramento alla navigazione ed al combattimento navale.

In tal modo, non appena ne ebbe la possibilità finanziaria, nel 242 a.C., Roma si dotò di quella poderosa ed efficientissima flotta [23] che, inviata in Sicilia al comando di Caio Lutazio Catulo, sconfisse le forze navali puniche nelle acque delle Egadi, costringendo Cartagine alla resa.

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rostro nr. 4 battaglia delle Egadi – photo credit Sovraintendenza del mare siciliana

Questa luminosa vittoria, che aveva felicemente concluso la guerra ed assicurato ai Romani il dominio del mare, venne splendidamente celebrata nell’Urbe con altri due trionfi navali: uno per lo stesso Catulo ed uno per il suo vice, Quinto Valerio Faltone. Nessun onore, invece, né alcun premio, e nemmeno un minimo ringraziamento formale, per gli intrepidi corsari che avevano reso possibile quell’epilogo tanto agognato. Si trattava in effetti di privati cittadini, cui non era stato ufficialmente attribuito alcun comando, né tanto meno l’imperium.

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Gaio Duilio

Ad essi, dunque, non poteva competere alcunché. Tuttavia l’ormai leggendario Gaio Duilio si compiacque di conferire a sé stesso, senza che nessuno osasse contestarlo, l’inusitato privilegio di farsi ogni giorno riaccompagnare a casa, dopo cena, da una scorta permanente di fiaccole e flautisti, per tutto il resto della sua vita [24].

Domenico Carro

 

Note
[22]
Flor. epit. 1, 18, 30; cfr. L. Loreto, La grande strategia …, cit., p. 221
[23] 300 navi da guerra – di cui 200 quinqueremi di nuovo tipo – e 700 onerarie.
[24] Secondo Cicerone fu “un privilegio senza precedenti, ch’egli si era arrogato sebbene fosse un cittadino privato” (Cic. Cato 13, 44); analogamente in: Liv. per. 17; Flor. epit. 1, 18, 10; Val. Max. 3, 6, 4; Amm. 26, 3, 5, Vir. ill. 38, 4

 

 

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