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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: NA
AREA: NA
parole chiave: rinvenimenti archeologici, normativa
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Un utilissimo punto di situazione sulla legislazione italiana del nostro archeologo Ivan Lucherini in merito ai ritrovamenti accidentali in mare. Come vedrete la legge italiana tutela tutti gli oggetti di interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico. Quindi non solo anfore e relitti antichi, per i quali esista un evidente interesse archeologico ma anche oggetti provenienti da relitti recenti per i quali si possa configurare un qualche interesse storico..
.I temi dell’archeologia subacquea appassionano da sempre i cultori dell’immersione sportiva. Circa 50 anni fa, quando la disciplina compiva i primi passi (insieme all’utilizzo dei primi erogatori ed attrezzature subacquee) molti appassionati, cimentandosi con l’esplorazione sottomarina, divennero protagonisti di importanti ritrovamenti di reperti antichi, se non interi relitti, che i navigatori del passato avevano abbandonato naufragando, sott’acqua. I nascenti circoli subacquei ricreativi fornirono allora un valente supporto al lavoro degli archeologi subacquei, sostenendo le campagne di ricerca, sia economicamente, sia lavorando fattivamente al raggiungimento degli scopi che queste campagne di scavo si proponevano. Poi col tempo le Soprintendenze, soprattutto per la carenza sistematica dei fondi disponibili, diminuirono progressivamente lo sforzo di ricerca, fino ad annullarlo quasi completamente (se si eccettuano i lavori di archeologia preventiva e il corposo progetto Archeomar). Negli ultimi 30 anni la popolazione “subacquea” è aumentata a dismisura e progressivamente si sono raggiunte profondità operative sempre maggiori, rispetto a quelle praticate negli anni 80/90 del secolo scorso. Con un maggior numero di subacquei immersi sono proliferati i furti nei giacimenti archeologici sommersi.
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Le Soprintendenze, non avevano allora, e non hanno tutt’oggi, i mezzi per effettuare azioni preventive di tutela e scongiurare questa dannosissima pratica. Nonostante queste carenze di risorse non si sono concepite e concordate possibili cooperazioni in progetti di tutela e valorizzazione con i numerosi club, associazioni didattiche, scuole subacquee che nel corso degli anni avevano dato la propria disponibilità in tal senso. Molti soggetti interessati ignorano che la legge italiana permette forme di collaborazione fra gli enti preposti alla tutela del patrimonio archeologico (le locali Soprintendenze) e i privati o le associazioni no profit, disponibili a prestare la loro opera per il perseguimento di obiettivi comuni di tutela e valorizzazione nell’ambito dei temi riguardanti i beni culturali. Nella quotidiana pratica si riscontra una notevole diffidenza degli operatori istituzionali, una cautela legata anche ad una scarsa preparazione tecnica dei privati sulle necessità di cantiere archeologico subacqueo. Una carenza riguardante i temi della sicurezza, dei metodi e delle tecniche da attuare per interventi metodologicamente corretti..
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I siti di interesse archeologico lungo i circa 3.500 km di costa della penisola italiana, che potrebbero significativamente contribuire alla ricostruzione storica degli eventi passati ed alla valorizzazione dei luoghi anche da un punto di vista turistico, sono certamente numerosissimi. Alcune ricerche stimano che la percentuale dei relitti ritrovati sulla totalità degli affondati è solo del 20%. Questo vuol dire che su ogni relitto oggi censito possiamo prevederne altri 4 ancora da scoprire. Le recenti campagne di indagine subacquea nelle isole di Ventotene, Ponza, Panarea negli anni 2009/2011 hanno dimostrato quanto una ricerca con metodo e l’utilizzo di applicazioni e strumentazioni adeguate possano essere foriere di importanti risultati. Quando gruppi di appassionati volessero proporre collaborazioni con le Soprintendenze su progetti di tutela e valorizzazione di siti archeologici sommersi, diventa necessario adeguare le proprie conoscenze e le distinte capacità operative alle esigenze che un lavoro di questo tipo implica. Per questo motivo è innanzi tutto importante sapere come occorre comportarsi quando in immersione ci imbattiamo in un oggetto che potrebbe essere un reperto antico.
Cominciamo con il precisare cosa si intende per antico
La legge italiana definisce beni culturali fra gli altri, e per quello che ci interessa: “le navi e i galleggianti aventi interesse artistico, storico od etno-antropologico”. Poiché nel sottosuolo e nel mare ogni ritrovamento di un bene culturale è di proprietà dello Stato italiano e deve ritenersi patrimonio inalienabile, va da se che ogni asportazione o prelievo di souvenir nei relitti, come spesso purtroppo accade, sia considerato un furto allo Stato. Oltre che non essere bello fare sfoggio in salotto di campane da nebbia o boccaporti, oggetti in bronzo o quant’altro proveniente da un relitto, ora sappiamo che di fatto il loro prelievo è un reato. Anche relitti recenti, ovvero affondati nella seconda guerra mondiale sono da considerarsi beni dello Stato.
L’articolo 10 comma 1 del Decreto Urbani recita:
“Sono beni culturali le cose immobili e mobili … cut …che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etno-antropologico”.
Quindi non solo anfore e relitti antichi, per i quali abbiamo un interesse archeologico ma anche relitti recenti per i quali si possa configurare un interesse storico.
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Come comportarci se ci imbattiamo in qualcosa che potrebbe essere definito un reperto antico.
Perché lo Stato deve sentirsi in dovere di vietare ai propri cittadini l’asportazione di questi beni dal fondo del mare? Come mai ci sono sanzioni così pesanti per chi si appropria di un’anfora o un oggetto appartenente ad un relitto che lì giace da 2 mila anni?
La risposta a queste domande risiede nell’interesse scientifico che si concretizza nello studio del contesto. Cos’è questo contesto? Il relitto può fornire una notevole messe di informazioni che derivano dallo studio del modo in cui giace, nel luogo dove è stato ritrovato. Per un archeologo subacqueo capire i rapporti fra gli oggetti che ritrova in acqua è fondamentale. In fondo l’archeologia è questo. Un archeologo studia i rapporti fra gli oggetti e ne ricostruisce la vita. Un oggetto è stato concepito, costruito e utilizzato per precisi scopi, può essere poi stato riutilizzato per altri scopi, e poi abbandonato. Un archeologo cerca di ricostruire tutte queste fasi, indipendentemente dal valore o dalla bellezza dell’oggetto stesso..
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Facciamo un esempio semplice: se troviamo sul fondale una serie di monete con dei pezzi di vetro che sembrano appartenere ad un vaso potremmo ipotizzare che quelle monete erano in un vaso di vetro, stabilire che il vaso di vetro era stato forse riutilizzato per conservare quelle monete, valutare dove era conservato quel vaso sulla nave. Se invece prelevo quelle monete, pensando solo al loro valore venale e non i pezzi di vetro non avrò mai quelle informazioni. Ecco il motivo per il quale chi scava in un cantiere archeologico lo fa procedendo per strati, documentando ogni strato con disegni e fotografie, sia che si tratti di uno scavo a terra, sia che questo lavoro si svolga in mare. Eliminando il rapporto fra oggetto e oggetto si impedisce la ricostruzione di una parte della storia di quegli oggetti e di conseguenza la ricostruzione di tutto l’evento che ha prodotto quel naufragio. Per questo motivo la legge ci impone di lasciare il bene nel luogo dove l’abbiamo trovato. Dovremmo solo annotare il punto preciso del ritrovamento mediante rilevamento strumentale GPS, con allineamenti a terra o almeno con riferimenti precisi che aiutino la successiva fase di recupero. Una volta riemersi il nostro obbligo è quello di denunciare il ritrovamento alla Competente Autorità che abbia funzioni di Polizia Giudiziaria.
Il codice di procedura penale, all’art. 57, elenca i soggetti cui sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria.
Sono Ufficiali di Polizia Giudiziaria: i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l’ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità; gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, della polizia penitenziaria e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia per i quali l’ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità; il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell’arma dei carabinieri o della guardia di finanza.
Leggi e regolamenti possono estendere le attribuzioni di Ufficiale o agente di P.G. ad ulteriori soggetti, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le rispettive attribuzioni: i Vigili del Fuoco; il personale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera. Di conseguenza abbiamo solo l’imbarazzo della scelta. Solo in un caso possiamo asportare il bene dal suo contesto: quando esistano fondati rischi che qualcuno possa trafugarlo o possa essere di nuovo smarrito. In questo caso dobbiamo sempre cercare di localizzare con precisione il luogo del ritrovamento e effettuare la denuncia il più presto possibile.
Come prelevare dal fondo un reperto che potrebbe essere trafugato?
Se si tratta di un’anfora, un vaso di qualsiasi genere, un recipiente che abbia delle anse, dobbiamo assolutamente evitare di maneggiarlo tenendolo da quelle. Le anse nei contenitori ceramici sono di solito applicate al corpo del vaso in una fase precedente la cottura. Considerato il tempo trascorso in acqua costituiscono punti delicati e potrebbero staccarsi. L’ideale sarebbe disporre di una rete che avvolga l’intero oggetto e distribuisca uniformemente il carico di trazione verso la superficie. Mai insufflare aria all’interno del contenitore per svuotarlo dal sedimento e renderlo più leggero. Combinereste un disastro. All’interno potrebbero esserci altri oggetti (monete, ossa, semi, resti del contenuto originario) che andrebbero dispersi. Inoltre un’azione di questo tipo potrebbe fratturare il vaso e distruggerlo. Per agevolare il trasporto verso la barca appoggio, una volta imbragato, usare uno o più palloni da decompressione, come piccoli palloni da sollevamento, potrebbe costituire una soluzione.
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Se l’oggetto è piccolo e di peso insignificante (questo è forse la motivazione più plausibile per un recupero) può essere trasportato verso la superficie in un sacchetto chiuso che sott’acqua potrebbe essere la boetta di segnalazione sub in immersione. In questo caso ricordiamoci che sarà il nostro compagno a garantirci la sicurezza con la sua boa, per cui dovremo necessariamente stargli vicino. Se invece l’oggetto è decisamente pesante come un’ancora in ferro o un ceppo di piombo, consideriamo che anche l’eventuale trafugatore dovrebbe servirsi di idonei strumenti..
In questi casi sarà più facile rilevare con precisione il luogo e segnalarlo immediatamente in superficie con una telefonata al numero della Guardia Costiera che disporrà di un’unità a cui affidare il compito di presidiare il luogo fino al recupero effettuato o coordinato dal personale della Soprintendenza. Una volta in superficie, il reperto prelevato va conservato in acqua di mare fino al momento in cui si arriva a terra. Successivamente va deposto in acqua dolce per iniziare il processo di desalinizzazione. Non vanno poste in atto azioni di raschiamento, asportazione dei microorganismi che l’hanno colonizzato, trattamento vari con materiali chimici o naturali. Saranno i tecnici restauratori della Soprintendenza che se ne occuperanno, al momento opportuno. Unica nostra preoccupazione cambiare con regolarità l’acqua dolce in cui è immerso, per consentire una lenta e graduale diminuzione del sale cristallizzato.
Ivan Lucherini
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archeologo subacqueo, appassionato ai temi della valorizzazione, della diffusione dei contenuti storici dei nostri Beni Culturali è iscritto all’elenco nazionale del Ministero dei Beni Culturali e del Turismo come esperto abilitato alla redazione degli elaborati sulla VIARCH (valutazione di impatto archeologico). Si occupa di valorizzazione scrivendo progetti che rendano fruibili e contestualizzati gli apporti di ogni conoscenza materiale, e progettando percorsi multimediali provenienti dallo studio di siti di rilevanza storica. La sua attenzione si concentra soprattutto sugli ambienti costieri e marini, con approfondimenti sui temi del commercio e della navigazione antica. Laureato in Archeologia, curriculum tardo antico e medievale, all’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “L’Archeologia subacquea di alto fondale, evoluzione delle metodologie di indagine e nuove prospettive nell’archeologia subacquea oltre i 50 metri di profondità” con una votazione di 110/110 e lode. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia alla scuola di dottorato in Storia, Letterature e Culture del Mediterraneo dell’Università di Sassari con una tesi dal titolo: “Evoluzione del paesaggio costiero nella Sardegna nord occidentale: Bosa e il suo fiume. Metodi avanzati di indagine.” Inoltre Lucherini è iscritto all’elenco regionale RAS delle guide turistiche e Course Director PSS (Valutatore nei corsi per istruttori subacquei) e OTS (Operatore Tecnico Subacqueo).