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L’avvento e caduta del potere marittimo romano – parte II

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: EPOCA ROMANA
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Potere marittimo, Roma

 

Alla fine del II secolo a.C., a causa dell’indebolimento politico militare causato dai gravi conflitti interni delle fazioni che si erano contese il potere durante la Repubblica, nel mar Mediterraneo ritornò in auge il fenomeno della pirateria. Roma fu costretta ad inviare la sua flotta in Asia Minore e nelle acque di Creta, per cercare di arginare la situazione contro Mitridate del Ponto che aveva stretto alleanza con i pirati che assaltavano e derubavano le navi commerciali che trasportavano i generi necessari per la sopravvivenza di Roma.  Nel 67 a.C. il Senato diede pieni poteri al generale Gneo Pompeo

Pompeo sconfisse Mitridate nel 63 a.C., ed il potente Tigrane il grande, re di Armenia, con cui in seguito stabilì dei trattati di pace. Inoltre Pompeo impose una riorganizzazione generale delle nuove province orientali, tenendo intelligentemente conto dei fattori geografici e politici connessi alla creazione di una nuova frontiera di Roma in oriente. Le ultime campagne militari avevano così ridotto il Ponto, la Cilicia campestre, la Siria (Fenicia, Coele e Palestina) a nuove province romane, mentre Gerusalemme era stata conquistata. Per portare avanti la sua campagna contro la minaccia dei pirati, Gneo Pompeo riorganizzò la flotta in maniera organica. In soli tre mesi divise il Mediterraneo in tredici distretti, dotati di navi da combattimento e guarnigioni adeguate, ed attaccò le basi logistiche dei pirati in Sardegna, in Sicilia e nel nord Africa. Quindi attaccò il quartier generale in Cilicia sconfiggendoli definitivamente sul terreno. La campagna navale ebbe pieno successo e permise a Roma di consolidare nuovamente le rotte dell’Oriente e del Nord Africa fondamentali per la sopravvivenza di Roma.

Durante le guerre galliche, vanno ricordate le azioni navali condotte nel canale della Manica da Caio Giulio Cesare. Cesare, dopo aver compreso le difficoltà dell’ambiente operativo nelle acque del Nord, caratterizzato da forti correnti e bassi fondali, modificò la struttura delle sue navi (non adatte per dimensioni e pescaggio) e riportò la prima vittoria oceanica della storia navale romana nelle acque di Quiberon. 

A causa delle diverse condizioni topografiche Cesare fece costruire un nuovo tipo di nave, più adatta al combattimento nei bassi fondali delle coste britanniche per contrastare le navi della flotta dei Veneti atlantici. Dopo la morte di Cesare, Sesto Pompeo, figlio di Gneo Pompeo Magno, fu nominato prefetto della flotta romana dal Senato. Sesto la riunì a Massilia (Marsiglia). Dopo la proscrizione, per effetto della Lex Pedia, Sesto salvò molti altri fuggiaschi e si diresse in Sicilia, conquistando l’isola all’inizio del 42 a.C..
Con la sua potente flotta minacciò le rotte degli approvvigionamenti del grano, costringendo Roma a patteggiare il governo della Sicilia e dell’Acaia. Ancora una volta la necessità di una supremazia marittima comportò una decisione politica. Nel 39 a.C., Sesto Pompeo ed i triumviri conclusero la pace a Miseno. Il motivo di questo trattato fu legato all’imminente campagna militare di Antonio contro l’impero dei Parti, per la quale erano necessarie quante più legioni possibile.

Era quindi utile fissare un armistizio sul fronte siciliano. La pace non durò però a lungo. Ottaviano provò di nuovo a conquistare la Sicilia (in mano si Sesto)  ma fu sconfitto nella battaglia navale dello stretto di Messina (38 a.C.) e di nuovo nell’agosto del 36 a.C. Ma Ottaviano aveva al suo fianco Marco Vipsanio Agrippa, politico e comandante militare di grande talento, che in seguito designò come suo successore. Pochi mesi dopo, sempre nel 36 a.C., Sesto Pompeo fu sconfitto da Ottaviano, Marco Antonio ed Agrippa presso Nauloco. Ma non era finita. La lotta per il potere assoluto sull’eredità di Cesare continuò tra Ottaviano e Marco Antonio. Quest’ultimo, divenuto sovrano d’Oriente al fianco di Cleopatra, ultima discendente dei Tolomei, dopo molte vicissitudini fu sconfitto ad Actium nel 31 a.C.. grazie all’abilità marinaresca e tattica di Agrippa, le cui forze ebbero il sopravvento sulla lenta flotta egiziana di Marco Antonio.

Ottaviano, divenuto Augusto nel 27 a.C. , consolidò sotto il suo potere tutto il mare Mediterraneo che ormai poteva essere orgogliosamente e senza ombra di dubbio definito: Mare Nostrum.  Lo stesso Ottaviano Augusto enfatizzò nei suoi scritti quanto “classis mea per oceanum ab ostio Rheni ad Solis orientis regionem usque ad fines Cimbrorum navigavit

La nuova Marina imperiale di Roma venne organizzata secondo il piano disegnato da Agrippa. Miseno divenne la base principale per la difesa della costa tirrenica dai nemici di Roma mentre il Porto Giulio fu destinato ad uso della flotta civile. Il complesso portuale di Miseno è un esempio della lungimiranza degli architetti navali romani che vi allestirono tutto ciò che era necessario per la flotta incluse banchine, magazzini, persino un acquedotto che riforniva le cisterne idriche. Una seconda base navale fu  basata a Ravenna, al porto di Classe, per poter controllare le rotte adriatiche da sempre perseguitate dai pirati illirici. Queste flotte venivano definite pretorie in quanto al servizio diretto dell’Imperatore.

In seguito vennero create altre flotte imperiali permanenti, “molte delle quali furono istituite direttamente sotto il principato di Augusto (Flotta Forogiuliense, Flotta Augusta Alessandrina, Flotta Germanica), altre furono inizialmente costituite in quello stesso periodo ma furono poi formalmente istituite da qualche imperatore successivo (Flotta Siriaca, istituita da Vespasiano; Flotta Pannonica e Flotta Mesica, istituite da Domiziano; Flotta Arabica, istituita da Traiano), altre ancora furono costituite solo in epoca successiva (Flotta Britannica, inizialmente costituita da Gaio Caligola; Flotta Pontica, costituita da Nerone; Flotta Nova Libica, costituita da Commodo; Flotta Mesopotamica, costituita per la prima volta da Traiano) …” da  Le forze navali, strumento essenziale delle grande strategia di Roma di Domenico Carro.

La dislocazione di flotte diverse in aree geografiche fornì un duplice vantaggio: la presenza continua e la possibilità di adattare le forze con unità adatte alle caratteristiche dei mari di impiego. Furono quindi costruite navi speciali adatte per la navigazione fluviale per il trasporto di truppe e generi per le truppe destinate al combattimento. Esempi di tali navi si ritrovano scolpiti sulla colonna di Traiano che riporta alcune fasi salienti della guerra dacica condotta dal grande imperatore nel 106 d.C..
I compiti della flotta fluviale nel I e II secolo dopo Cristo nel tempo si modificarono significativamente fino ad assumere una connotazione di polizia marittima lungo i confini orientali dell’Impero. 

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nave Lusoria – ricostruzione conservata al Museo dell’Ancient Seafaring, Mainz – autore Martin Bahmann
Roemerschiff1.jpg – Wikimedia Commons

Nel III secolo d.C. le scorrerie barbariche dei Goti resero nuovamente insicure le acque del Mediterraneo Orientale fino al Mar Tirreno. Sotto l’Imperatore Probo essi assalirono le città costiere della Tracia e, attraversando indisturbati il Mediterraneo, ritornarono in Atlantico. Inspiegabilmente Roma sembrò dimenticare l’importanza di mantenere la supremazia marittima delle rotte  marittime e si concentrò a rafforzare i confini terrestri Orientali, lungo i fiumi Danubio e Reno, pattugliando le rive con imbarcazioni fluviali: le Lusoriae

Queste imbarcazioni di cui un esempio può essere ritrovato nella “Nave del Vino” conservata nel Museo di Tries (Treviri). La catena di fortificazioni lungo i confini richiedevano continui approvvigionamenti, e queste navi venivano impiegate in campo logistico per rifornire le truppe di frontiera. Con un basso pescaggio che facilitava il transito nei fiumi non in piena, esse erano lunghe circa venti metri, senza ponte e con un solo ordine di rematori, dotate di un albero maestro che poteva essere utilizzato sia come picco di carico per l’alaggio delle merci sia per issare una vela. 

La rapida evoluzione della crisi dell’Impero fu arginata solo in parte da alcuni “Imperatori” delle regioni nord occidentali. Questi usurpatori, nominati Imperatori solo dal proprio esercito, riuscirono a limitare faticosamente l’invasione delle popolazioni barbariche ai confini dell’Impero, basandosi su un controllo  marittimo locale delle proprie coste. Mancava però la regia che aveva fatto grande Roma in mare. Il Mar Mediterraneo tornò presto ad essere una terra di nessuno, con continue scorrerie dei barbari del Nord. Ai confini dell’impero le cose andarono un pò meglio. L’imperatore/usurpatore Marco Aurelio Carausio realizzò in Britannia uno stato autonomo basato quasi esclusivamente sul potere marittimo garantito da un efficiente struttura navale. Se la storia avesse memoria si potrebbe pensare che molti secoli dopo, la sua idea di creare uno Stato basato sul potere marittimo fu mutuata nella creazione  dell’impero britannico. 

In seguito Alletto, Costanzo Cloro e suo figlio Costantino I il Grande potenziarono ulteriormente la flotta del Reno, per proteggere i confini settentrionali dell’impero d’Oriente, costruendo basi logistiche e ponti presidiati da truppe legionarie. Una struttura logistica di supporto alla flotta fluviale le cui tracce sono ancora visibili lungo il Danubio. Questa saggia decisione non fu attuata nei confini occidentali dell’Impero, e comportò un rapido  indebolimento dell’area marittima mediterranea occidentale, favorendone il declino. I compiti fondamentali  assegnati ai tempi di Augusto alle flotte imperiali ovvero della  difesa di Roma, di controllo dei mari per salvaguardare la sicurezza delle rotte contro il risorgere della pirateria fino al sostegno navale e logistico alle legioni dislocate ai confini estremi vennero a mancare per cecità di una classe politica, sempre più debole e corrotta, incapace di gestire un impero attanagliato da pressioni esterne ed interne. Il bilancio fu tagliato e la Flotta incominciò a soffrire di un sempre più inadeguato livello di addestramento e della rapida decadenza della necessaria logistica di supporto. Qualcosa di simile avvenne al termine della guerra fredda alla Marina russa e, in parte, di concerto anche alla Marina statunitense. 

Nella storia navale romana di quel periodo va ricordata la battaglia navale dei Dardanelli nel 323 d.C. nella quale Costantino affrontò la flotta di Licinio, costituita da 350 triremi di vecchia concezione e di grandi dimensioni. La battaglia dei Dardanelli, nonostante la superiorità numerica della flotta liciniana, fu vinta da Costantino che impiegò nello scontro delle piccole navi con trenta vogatori posti su un unico ordine di remi.

Negli anni seguenti, il fronte occidentale  dell’Impero collassò e le flotte barbare, a causa dell’inefficienza dalla flotta romana, valicarono nuovamente lo stretto di Gibilterra, mettendo a ferro e fuoco le città costiere di quell’Impero d’Occidente ormai avviato sulla via del tramonto.

La distruzione dell’Impero romano, di Thomas Cole. Dipinto allegorico (ispirato molto probabilmente al sacco di Roma dei Vandali del 455), quarto della serie “Il corso dell’Impero” del 1836, oggi a New York, presso l’Historical Society. Thomas The Course of Empire Destruction 1836.jpg – Wikimedia Commons

Il grande potere marittimo romano, nato con la Pax augustea, divenne solo un ricordo e così la gloria di Roma sul mare nostrum. Dopo il sacco di Roma, avvenuto da parte dei Vandali nel 455 d.C., la situazione precipitò e nel 476 d.C. l’ultimo Imperatore d’Occidente, Romolo Augusto, abdicò a favore di Odoacre. 

Andrea Mucedola
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