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Influenza del potere marittimo nella monetazione romana

tempo di lettura: 11 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA 
PERIODO: III SECOLO a.C. V SECOLO d.C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: numismatica, monete, flotta romana

 

In epoche antiche le monete furono un pratico sistema di comunicazione del potere statale verso il popolo. Non a caso la simbologia riportata richiamava gli aspetti importanti del momento, in primis le immagini dei reggenti e delle loro consorti. Consoli e Imperatori avevano quindi la possibilità di arrivare letteralmente nelle tasche di tutti e di circolare fino alle Provincie più lontane. In questo breve articolo scopriremo come la simbologia navale fu sempre presente sulle monete romane, significando l’importanza del mare per la sopravvivenza di Roma.

aes signatum, dopo il 450 a.C. in bronzo con la raffigurazione di un tridente – Musei Vaticani Roma

La nascita della Repubblica
Nel periodo Repubblicano iniziarono profonde trasformazioni politiche che consolidarono il potere di Roma su tutti i territori adiacenti e la struttura interna dello Stato. Tra le tante innovazioni si rese necessario modificare la politica monetaria, sostituendo al quasi assoluto mono-metallismo (bronzo) un più pratico ed efficiente bi-metallismo (bronzo ed argento). Si trattò in pratica di coniare, oltre agli ingombranti e pesanti assi di bronzo, delle monete in argento di peso e caratteristiche simili a quelle già in uso nelle città della Magna Grecia e della Campania. Ciò si rese necessario per facilitare gli scambi commerciali con il resto della penisola che si basavano su un tipo di monetazione greco basato sull’argento. Le monete del periodo repubblicano erano piuttosto ingombranti avendo forme e dimensioni poco pratiche.

Tra i primi assi ne esistevano alcuni con raffigurazioni di elementi navali come timoni e tridenti. Ad esempio gli “aes signatum”, lingotti di bronzo fuso riportanti simboli di ancora/tripode (mm 192 x 92 ca. – riferimento catalogo numismatico Crawford 10/1), strumenti decisamente poco pratici per le piccole spese. Intorno al 290 a.C. comparirono per la prima volta alcuni Aes Grave, riportanti sul retro la prora rostrata di una nave. E’ interessante osservare che le prore delle navi Romane rappresentate sui Bronzi si distinguono da quelle greche e puniche rappresentate su vasi e monete, principalmente per la presenza verso prua di una sorta d’impalcatura per le armi a lungo raggio, a volte corredata da raffigurazioni di animali o da insegne militari, e per una caratteristica ruota di prora a voluta. 

Prore: mitologia o potere marittimo?
Il motivo della rappresentazione delle prore di nave è controverso; secondo Ovidio essa potrebbe risalire al mito di Saturno che si narrava fosse sbarcato, proveniente dall’Oriente, con la sua flotta in Etruria. 

asse periodo repubblicano rappresentante una prora di nave rostrata, in calce ROMA

Questa tesi potrebbe essere avvalorato dalla presenza, sul Dritto della moneta, della rappresentazione del Giano Bifronte, legato per alcuni al mito dei Dioscuri per altri alla fusione del mito di Saturno con quello di una divinità della Terra preesistente tra le popolazioni del Lazio. Il mito è facilmente legabile a quello di Enea e degli esuli Troiani, progenitori della stirpe Italica, provenienti dal mare. Un’altra teoria afferma che questi Assi (Aes grave) possano essere relativamente più recenti e collegabili alle prime vittorie in campo navale ottenute contro i pirati Etruschi. Non ultima, esiste la possibilità che, essendo gli scambi commerciali nel III secolo a. C. effettuati in gran parte con navi da carico, tale tipologia potrebbe essere legata a puri fattori economici. La soluzione del mistero delle prore è ancora controversa, ma è certo che questa curiosa tipologia fu comune anche ad altre popolazioni italiche, in seguito soggiogate dai Romani, ed in particolare in alcune Once di tipo librale italico-orientale. In seguito, dal 240 al 216 a.C. tale rappresentazione si estese a tutta la monetazione bronzea ed in particolare agli assi ed ai suoi sottomultipli.

il rostro navale è una simbologia ricorrente sulla monetazione romana e antica, museo di Trapani

La tipologia navale in questo periodo può essere più facilmente collegabile all’influenza del nascente potere marittimo sull’economia interna, essendo posteriore alla grande vittoria navale romana sulla flotta cartaginese del 241 a.C.. Dal 217 al 213 le prore rostrate appaiono anche su altre monete bronzee, tra cui il Decussis, il Tressis e il Dupondio. La monetazione argentea del periodo fu in gran parte frutto dei ricchi bottini ottenuti al termine della guerra nella penisola italica. A tal riguardo si preferì utilizzare le monete d’argento campane, di grande diffusione nel Sud della penisola italica, invece di batterne di proprie. Dal 206 al 105 a.C. comparve anche un denaro d’argento, caratterizzato, sul dritto, dalla testa di Roma rivolta a destra, con al di sotto la X (indicante il valore del denario) e, sul retro, da una prora di nave rostrata con al di sopra dei cavalli (forse la rappresentazione di una nave commerciale adibita al trasporto dei cavalli: l’hippagus) con in calce la leggenda ROMA.

TABELLA RAPPORTI MONETALI TRA L’ASSE REPUBBLICANO ED I SUOI SOTTOMULTIPLI

Nominale rapporto monetale
ASSE 1:1 – 12 ONCE
SEMISSE 1/2 ASSE – 6 ONCE
TRIENTE 1/3 ASSE – 4 ONCE
QUADRANTE 1/4 ASSE – 3 ONCE
SESTANTE 1/6 ASSE – 2 ONCE
ONCIA 1/12 ASSE – 1 ONCIA

La Repubblica romana

denario di Gneo Pompeo

Nel periodo Repubblicano la moneta divenne sempre più strumento di propaganda personale e si incominciarono a coniare monete recanti il nome degli emittenti. All’epoca erano eletti alcuni magistrati, chiamati “triumviri aere argento auro flando feriundo” (A.A.A.F.F.), a cui si aggregavano talvolta Questori, Edili ed altre autorità elette dal Senato. Questi ultimi, per pagare le truppe e le maestranze, erano autorizzati ad emettere moneta, per conto dello Stato.

ahenobarbus

denario di Ahenobarbus

Tale consuetudine, inizialmente mantenuta sotto un rigido controllo dal Senato, durante le Guerre civili assunse un carattere anarchico ed incontrollato. Durante gli ultimi turbolenti anni della Repubblica si ritrovano sui Denari di argento numerose rappresentazioni di navi, legate a famosi personaggi della storia navale romana. Tra i più famosi Ahenobarbus e Sesto Pompeo, famosi Praefecti classis (Comandanti della Flotta) dell’età pre-imperiale che emisero numerosi denari riportanti prore di galee sovrastate dalle insegne militari. 

Una menzione a parte va fatta per la serie di denari legionari battuti dalle zecche mobili dalle legioni di Marco Antonio. Questi denari, spesso caratterizzati da coni imperfetti, ci mostrano al Dritto alcuni esempi delle navi militari impiegate nel periodo.

legio xii marco antonio

denario legionario di Marco Antonio battuto per la XII legione. Una caratteristica dei denari delle legioni è di essere spesso debolmente coniati, essendo le zecche di fatto a seguito dell’esercito.

Lo sviluppo della flotta
Roma non avrebbe mai potuto mantenere il controllo delle rotte degli approvvigionamenti del suo impero senza uno strumento navale adeguato. Se asserire  che i Romani furono dei grandi navigatori può sembrare una forzatura, almeno nei primi secoli, la nascita del suo potere marittimo fu resa possibile grazie ad un programma navale pragmatico ma anche flessibile che seppe adeguare le esigenze della Flotta a seconda delle diverse minacce. Inizialmente composta da pesanti e poco manovriere triremi e quinqueremi, si sviluppò nel primo secolo avanti Cristo con la costruzione di navi più leggere le “liburnae” ad uno o due livelli di remi. Queste navi, ispirate costruttivamente a quelle dei pirati illirici che imperversavano in Adriatico, furono utilizzate con successo da Caio Giulio Cesare nelle sue battaglie contro i Veneti atlantici in Britannia e da Sesto Pompeo nella sue guerre di corsa contro i pirati. In seguito, a causa della loro grande maneggevolezza, furono adottate come “standard” da Marco Agrippa che le impiegò nella battaglia di Azio contro le pesanti navi da battaglia, a sei ed a dieci ordini di remi, di Marco Antonio.

download

Marco  Agrippa, grande condottiero, architetto ed uomo politico. Ottaviano decise di affidargli il comando della guerra navale a che, pur avendo appena 26 anni, stava già assumendo il suo primo consolato (37 a.C.). Agrippa costruì un nuovo porto, il Portus Iulius, congiungendo i laghi Averno e Lucrino con il mare, allestendovi una base navale. Vi radunò tutte le navi disponibili costituita da unità molto robuste, di cui egli stesso studiò accuratamente i progetti per migliorarne le prestazioni in combattimento. Per tutto il resto dell’anno e nel successivo inverno sottopose ad un addestramento intensivo gli equipaggi: prima a terra, poi esercitandoli alle manovre tattiche nelle acque dei due laghi, ed infine in mare, approfittando dei giorni di cattivo tempo per abituare i suoi uomini a operare con disinvoltura anche nelle condizioni peggiori. Nella primavera del 36 a.C. effettuò un operazione chirurgica contro i pirati e sconfisse la flotta di Sesto Pompeo a Nauloco. 

L’Impero
Proprio di Marco Agrippa vanno ricordate le numerose monete in bronzo trionfali ed un aureo che lo rappresentano con la corona rostrata, la massima onorificenza navale. Nelle sue monete spesso si ritrovano simboli navali come il tridente, rappresentanti il dominio sul mare. Con il nascere dell’Impero la rappresentazione navale assunse sempre più un carattere propagandistico per affermare il potere di Roma sul mare nostrum. D’altronde, per la sua sopravvivenza, Roma dipendeva dal mare ed i cittadini dovevano rendersi conto di quanto fosse importante averne il predominio. Ne sono prova i Denari coniati da Ottaviano Augusto a seguito della grande vittoria navale del 36 a.C. contro la flotta di Sesto Pompeo a Nauloco, un’antica città della Sicilia settentrionale situata tra Mylae (odierna Milazzo) e capo Peloro. Sulle monete viene rappresentata una Vittoria alata posta sulla prora di una nave, simboleggiante l’esaltazione della vittoria finale.

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bronzo di Nerone – visione dall’alto del porto di Ostia

La tipologia navale sulle monete dell’Impero comprese anche la rappresentazione a volo di uccello di alcuni porti importanti; tra le monete più belle ed interessanti sono da menzionare la serie dei sesterzi dell’imperatore Nerone, raffiguranti il porto di Ostia, uno scalo mercantile strategico per la sopravvivenza di Roma alle foci del Tevere.  Il porto fu rappresentato con un’avveniristica visione dall’alto (a volo di uccello) delle ostruzioni, del faro e delle navi onerarie alla fonda in attesa di scaricare le loro merci.

Nel periodo neroniano vennero emesse nelle Province Asiatiche alcune monete raffiguranti grandi navi dotate di un alto castello e di un grande rostro ad una sola punta, prova che le navi di grandi dimensioni venivano usate, scomparso il pericolo dei pirati, in versione di “lussuoso” trasporto a favore degli imperatori nei loro viaggi di Stato (ma anche di piacere) nelle lontane Province dell’Impero Romano.

Gli imperatori romani seguenti coniarono numerose monete e medaglie rappresentanti modelli di navi militari e mercantili; in particolare nella monetazione di Adriano Augusto vengono nuovamente rappresentate le navi annonarie (per l’approvvigionamento dei cereali) sempre abbinate, sul dritto della moneta, ai nomi delle regioni dell’Impero dove tali scambi economici venivano effettuati. Annona era il periodo dell’anno in cui i grandi porti di Pozzuoli e di Ostia ricevevano grazie alle navi onerarie dall’Oriente il grano necessario alla sopravvivenza dell’Impero. Tale arrivo era festeggiato a livello religioso essendo la terrena realizzazione del divino potere di Roma, un riconoscimento di quanto il mare dava alla sopravvivenza dell’Impero.

Per queste navi Roma fissava una portata minima di carico di 50000 moggi (circa 330 tonnellate). Le navi appaiono ad un solo ordine di remi, senza rostro, con un modesto numero di rematori (da cinque a sei per parte) e con la vela di artimone chiusa. In queste monete la tipologia navale era quasi sempre abbinata a quella dell’Annona, della Laetitia e della Providentia.

augusto

denario di Augusto con rappresentazione della cornucopia e del timone

Altre rappresentazioni come la Tranquillità, la Letizia e la Provvidenza erano spesso legate a simboli del potere marittimo quali le navi, l’ancora ed il timone. Le tipologie sopraccitate erano un chiaro riferimento al benessere economico derivante dagli scambi commerciali marittimi e fluviali mantenuti grazie al controllo delle rotte per mezzo di una sempre più complessa ed efficiente organizzazione navale e militare. Tali raffigurazioni presenti praticamente in tutta la monetazione imperiale, da Augusto in poi, sono talvolta legate alla simbologia della Fortuna, recante la cornucopia ed il timone, che aiuta l’Umanità a governarsi nelle avversità spesso tempestose della vita. 

Nel tardo Impero, a causa del degrado politico dovuto al lento disgregarsi delle Province Occidentali si formarono dei governi autonomi nell’area gallo-romana e britannica. I governanti locali, di fatto degli usurpatori eletti dalle loro truppe, coniarono numerose monete con navi, spesso caratterizzate da strutture particolari. I nuovi disegni erano dovuti all’evoluzione della costruzione navale che preferiva alle grandi e poco manovriere triremi mediterranee dell’ alto Impero, piccole navi più adatte alla navigazione fluviale e lagunare che marittima. 

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bronzo di Alletto, usurpatore

Un esempio di tali navi è raffigurato nelle monete di Carausio e di Alletto, un periodo storico che, per il suo coinvolgimento navale, merita di essere raccontato.

Carausio, per il suo valore, divenne poi comandante della classis britannica, la Divisione navale romana dislocata nella provincia di Britannia ma facente parte integrale della flotta romana, che aveva il compito di pattugliare e difendere le coste della Manica dai pirati franchi e sassoni che devastavano la costa dell’Armorica (Bretagna) e quella della Gallia Belgica. Massimiano, sospettando che Carausio fosse sceso a patti con loro, partì con la sua flotta per sconfiggere l’usurpatore e riprendersi le province, ma le tempeste si accanirono sulle sue navi distruggendole nel 289 (o forse nel 290). Nel 293, Massimiano incaricò quindi Costanzo Cloro, un valoroso prefetto del Pretorio di origini illiriche, di marciare sulla Gallia, sconfiggendo i Franchi che si erano ribellati alleandosi con Carausio, e raggiungere il Mare del Nord.

Costanzo Cloro inizialmente applicò un blocco navale, di fatto isolando i Britanni, e si preparò ad invadere la Britannia. Nel frattempo, Alletto, uno dei generali di Carausio, forse ispirato da Massimiano, aveva ucciso e sostituito Carausio ma, a sua volta, si era autonominato imperatore. Una situazione confusa, che portò Costanzo Cloro, nel 296, ad invadere la Britannia e sconfiggere Alletto in battaglia, riprendendo il controllo della Provincia.

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Medaglione di Costanzo Cloro celebrante la liberazione della Britannia dall’usurpazione di Alletto, zecca di Londinum (Londra).

Le navi di Alletto e Costanzo Cloro mostrano una prora ed una poppa molto simili fra di loro, con un albero al centro talvolta con la vela raccolta. Va menzionato un bel medaglione aureo di Costanzo Cloro, coniato dopo la sconfitta dello stesso Alletto in cui compare ancora una bella nave, testimonianza di un tipo navale comune alla fine dell’Impero.

Con Costantino I, probabilmente dopo la grande vittoria nello stretto dei Dardanelli, venne introdotto questo tipo di nave nel Mediterraneo. Nella tipologia della monetazione costantiniana vengono raffigurate navi a tre file di remi con dieci rematori, con capobanda orizzontale ed un aplustre ricurvo tipico dell’area del nord Europa.

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Costanzo II. 337-361 d.C. Æ mezzo centenionale (18mm, 2,91 g, 5h). zecca di Tessalonica, Quinta officina. Coniato nel 350 d.C. D N CONSTAN TIVS P F AVG, testa di Costanzo II verso destra, busto con drappeggio e corazza. FEL TEMP REPARATIO, in piedi l’imperatore verso sinistra su una nave guidata dalla Vittoria;  RIC VIII 119; LRBC 1641.

Dopo Costantino, a causa del degrado socio politico ormai irreversibile delle regioni occidentali, anche le tipologie monetali  incominciarono a perdere la loro definizione e bellezza, ripetendosi su canoni sempre più  semplici e meno fantasiosi. Dopo quattro secoli di storia, nella monetazione dell’Impero d’Oriente, sui Solidi aurei si ritrovano le simbologie antropomorfe di Costantinopoli e di Roma, ambedue sedute su un trono adornato di pelli di leone e con il piede appoggiato saldamente su una prora di nave.

Se vogliamo un’ultima testimonianza della volontà di mantenere, in un Impero ormai indebolito e sull’orlo della decadenza, il ricordo della supremazia sui mari che aveva assicurato pace e prosperità  fino ai confini del mondo. Tutto sarebbe presto cambiato; nuovi popoli sarebbero entrati nel Mare nostrum, imponendo la loro civiltà per secoli. Sul mare si sarebbero combattute ancora battaglie per il predominio delle rotte ed il controllo dei flussi commerciali. Nuovi padroni e nuovi pirati in una lotta senza fine. Come vedete nulla è cambiato sotto questo sole.

Andrea Mucedola

 

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