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Il grande squalo megalodon

tempo di lettura: 5 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: squalo


Gli squali sono tra le creature più antiche che abbiano mai vissuto sul nostro pianeta. I reperti fossili di questi animali sono circa tre volte più vecchi di quelli dei dinosauri, nonché quasi cento volte più arcaici rispetto all’intero percorso evolutivo seguito dallo stesso Genere Homo. L’albero genealogico dei Condritti (o anche Condroitti) si erge maestoso nel lungo percorso della storia naturale per un periodo di circa quattrocento milioni di anni. Forme arcaiche di Condritti nuotavano sinuose nei fiumi e negli oceani primordiali ancor prima che gli insetti prendessero il volo e persino molto prima che le piante avessero di fatto colonizzato interamente tutti i continenti.

 
White shark.jpg
Squalo bianco (Carcharodon carcharias) all’isola Guadalupe, Messico, Agosto 2006. Fotografato con Nikon D70s in Ikelite housing, con luce naturale. Lunghezza stimata 11-12 piedi (da 3,3 a 3,6 m), età sconosciuta – autore Terry Goss da Carcharodon carcharias – Wikipedia
 
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Ramo Bilateria
Superphylum Deuterostomia
Phylum Chordata
Subphylum Vertebrata
Infraphylum Gnathostomata
Superclasse Ittiopsidi
Classe Chondrichthyes

Cenni storici
Nel corso del Novecento, in particolare la prima metà del secolo, la continua ricerca da parte dei musei di tutto il mondo nel gigantismo in molte specie animali non escluse gli squali da questa indagine forzata (a mio parere). Fu in questo periodo che il Carcharocles megalodon (o Carcharodon megalodon) divenne una celebrità tra i fossili, nonostante la specie fosse stata descritta nel 1843 dallo scienziato svizzero Agassiz e i denti fossero conosciuti già da tempo in molte collezioni del mondo, soprattutto italiane. Ma quando furono assemblate alcune mascelle, in maniera errata oltretutto, le platee di tutto il mondo tremarono di fronte a questo squalo gigante esposto nelle sale museali, dove le sue mascelle imponenti troneggiavano insieme agli scheletri dei dinosauri.

Problematiche legate alla sistematica
Il Carcharocles megalodon (come tutti gli squali estinti d’altronde) è conosciuto solo per i denti fossili di dimensioni enormi (e rarissime vertebre) ritrovati nelle successioni rocciose di origine marina del Miocene e del Pliocene su tutto il globo. I primi resti fossili di questo neoselace, appartenente al Genere Carcharocles/Carcharodon, risalgono al Paleogene inferiore, ma è nel Neogene (tra 1.8 e 23 milioni di anni fa) che questa creatura mastodontica ha la sua massima diffusione. Durante questo periodo infatti, C. megalodon era praticamente cosmopolita e quasi sempre accompagnato da Isurus hastalis (o Cosmopolitodus h.), tanto che Leriche (1926) affermò che l’associazione di questi due squali fossili caratterizzava il Neogene marino di ogni parte del globo. Esistono tutt’oggi problematiche sulla nomenclatura del grande squalo megalodon.
Ciò in parte è dovuto alla natura dei singoli fossili, che cambiano colorazione e stato d’integrità in base al deposito roccioso nel quale sono inglobati, ed allo stadio di crescita dell’animale (dimensioni variabili tra giovani e gli adulti), anche in areali molto prossimi.
Ma soprattutto la problematica principale va ricercata nella morfologia dentaria. Questa è apparentemente molto simile a quella del grande squalo bianco attuale e ciò ha generato attribuzioni al Genere CarcharodonIn particolare la vecchia concezione, secondo la quale il C. megalodon sia il diretto progenitore del grande squalo bianco attuale (Carcharodon carcharias), non troverebbe supporto proprio a causa della morfologia dei denti, diversi in molteplici aspetti. Le nuove linee di pensiero attribuiscono allo squalo il Genere Carcharocles.

Ad ogni modo pare che la comunità scientifica internazionale sia d’accordo che sia lo squalo bianco che il C. megalodon abbiano avuto un progenitore comune identificato nel Genere Cretolamna (Cretaceo superiore) con sette specie fossili documentate nel Nord America e nel Nord Africa: si trattava di un massiccio squalo predatore, lungo fino a circa quattro metri, che ebbe un buon successo evolutivo tra gli 85 e i 65 milioni di anni fa, quando scomparvero i dinosauri.

Dimensioni e cibo
In merito alle dimensioni del grande squalo megalodon queste sono molto variabili e nel corso degli ultimi trent’anni prestigiosi scienziati da tutto il mondo si sono cimentati nell’ardua impresa, in base a varie teorie basate sull’accrescimento dello smalto (comparato anche ai denti di squalo bianco) e della larghezza della corona e della radice del dente (utilizzando i denti fossili più grandi mai ritrovati). Ad ogni buon conto la maggior parte degli scienziati (in base alle teorie suddette) concordano sul fatto che il C. Megalodon raggiungesse una lunghezza tra i 13 e i 19 metri con una massa corporea variabile tra le 48 e le 80 tonnellate (questi dati sono relativi a esemplari adulti). Riguardo all’alimentazione le teorie abbondano e nel corso degli anni gli studiosi concordano oramai sul fatto che il megalodon avesse bisogno di grandi quantità di cibo per sostenere la sua massa corporea; ciò lo avrebbe certamente spinto a cacciare prede di grossa taglia come balene, altri mammiferi marini ricchi di grasso e grandi pesci pelagici (probabilmente anche altri squali). Molteplici ossa di balene fossili (vertebre caudali in particolare, lo squalo aggrediva l’organo propulsore della preda) mostrano segni inequivocabili di denti di squalo megalodon.

Estinzione
Le cause di estinzione del C. megalodon sono molteplici ed estremamente complesse, poiché incorporano numerosi parametri provenienti da parecchie branche scientifiche (meteorologia, paleontologia, ecologia, geologia, glaciologia, zoologia e oceanografia). Nel corso degli ultimi decenni tanti scienziati hanno lavorato al tema e tuttora gli studi sono in pieno sviluppo. Fondamentalmente si hanno tre ipotesi: il raffreddamento di terre e mari durante il periodo delle glaciazioni quaternarie, la diminuzione delle prede abituali e la comparsa di nuovi predatori. In particolare quest’ultima teoria io la trovo molto interessante poiché alcuni scienziati hanno ipotizzato che la comparsa di mammiferi marini del Genere Orcinus (l’antenato dell’orca attuale) abbia contribuito in maniera evidente al declino del C. megalodon a causa del fatto che questi mammiferi fossero più intelligenti, molto più agili e, soprattutto, cacciassero in gruppo, come appunto le moderne orche. Molti scienziati sono d’accordo sul fatto che la concomitanza del raffreddamento degli oceani, della diminuzione delle prede e, infine, della competizione con altri predatori (in questo caso più efficienti e con maggior successo evolutivo) come le orche, abbiano causato l’estinzione del Carcharocles megalodon

Mentre, al contrario, molti criptozoologi sono convinti del fatto che esista tuttora un piccolo numero di squali megalodon che sia riuscito a sopravvivere indenne a questi mutamenti. Personalmente mi affascina l’idea che da qualche parte, negli abissi profondi, si aggirino furtivi questi giganteschi squali, cacciando grandi animali come calamari giganti o capodogli. Questo fascino per me è talmente forte che mi ha spinto a scrivere un romanzo (Megalodon il predatore perfetto – ISBN 978-88-9802301-1), ma bisogna comunque considerare che un romanzo è appunto una storia di fantasia, seppur ancorata a un elemento di realtà (il Carcharocles megalodon è l’elemento reale, in quanto fossile riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale). La verità è tutt’altra: il Carcharocles megalodon è, purtroppo, estinto.

Aaronne Colagrossi

 

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