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Archeologia nei fiumi

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare

ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: archeologia fluviale

originariamente pubblicato sul numero 6 di Scuba Zone

I corsi d’acqua hanno spesso rappresentato una forte attrazione nelle logiche insediative antiche. Un fiume, oggi come allora, costituisce una fonte d’acqua dolce, una facile via di comunicazione, una possibile barriera difensiva da eventuali attacchi. Quando nelle foci i fiumi incontrano il mare, oggi come in passato, costituiscono una sorta di porto naturale, un ottimo approdo che facilita la navigazione e le operazioni di carico e scarico delle merci. Logico quindi pensare di insediarsi nei pressi di un fiume, e scegliere nelle valli fluviali quelle aree, magari rilevate, che possono garantire tutti questi vantaggi. In passato il sistema viario era inesistente. Fu con l’espansione dell’impero romano che le legioni, oltre che imponendo il potere di Roma sul mondo occidentale attraverso una straordinaria organizzazione militare, rappresentarono una formidabile forza di penetrazione della cultura e del modo di vivere romano. La creazione delle infrastrutture ingegneristiche che portavano il mos maiorum, il costume, la tradizione e la tecnologia romana nelle terre conquistate viaggiavano con le armate romane verso tutta l’Europa. Nonostante questo, ancora agli inizi del IV secolo d.C., quando ormai l’epopea dell’Impero di Roma stava tramontando sotto la spinta devastatrice delle popolazioni nord europee, l’editto dei prezzi di Diocleziano, una legge concepita e promulgata per produrre un calmieramento dei prezzi, fissando i limiti massimi dei costi di merci e servizi, evidenziava come il trasporto su carri fosse di gran lunga più costoso di quello su acqua. 

Tutto questo per riaffermare, ove ve ne fosse ancora bisogno, come lo spostarsi e vivere vicino all’acqua era in antichità, più che oggi, una vera necessità, legata alla mobilità e alle più confacenti condizioni di vita. Dai fiumi le popolazioni antiche, oltre che per muoversi, commerciare e attingere acqua per gli usi domestici, hanno tratto anche sostentamento alimentare, attraverso la pesca, il prelievo per l’irrigazione, l’escavazione di sabbia e ghiaia per usi pertinenti alla costruzione di strade, case, e in genere tutte quelle infrastrutture in cui questi materiali sono impiegati. I fiumi hanno costituito in passato, e in parte lo sono ancora, un contenitore di rifiuti e di scarti di produzione, rendendo per secoli facile, e relativamente poco oneroso, lo smaltimento dei residui delle produzioni artigianali, industriali e della vita quotidiana. Per un archeologo scavare un deposito di materiali di scarto rappresenta una formidabile opportunità per comprendere gli usi e costumi delle popolazioni che hanno “usato” quei territori, convivendo e sfruttando le risorse naturali a loro concesse. Indagare il letto di un fiume costituisce un’importante opportunità per ricomporre le vicende storiche che si sono susseguite sulle rive di quel fiume.

Diventa quindi impossibile per l’archeologo trascurare questo ambito di ricerca. Tuttavia va detto che nell’ipotizzare, progettare e realizzare una campagna di indagine in ambito fluviale, la ricerca e le prospezioni subacquee rappresentano un potenziale pericolo per gli operatori, sicuramente da non sottovalutare. Se i temi legati alla sicurezza del subacqueo in mare o nei laghi producono particolare attenzione con accesi dibattiti fra gli addetti ai lavori, la programmazione di un’immersione in un corso d’acqua a scopo scientifico deve preoccuparci maggiormente anche perché consiste in una pratica non consueta. Occorre considerare e porre attenzione alle correnti, ai vortici, alle insidie rappresentate da oggetti pericolosi presenti nel letto del fiume, ai cambiamenti di visibilità, al pericolo di impigliarsi e perdere la mobilità necessaria a garantire la propria sicurezza con la riemersione. Tutte situazioni comuni in un fiume. Una fase preventiva di studio delle correnti, delle intensità e della stagionalità dei vortici, delle piene, delle variazioni di visibilità deve essere compiuto al fine di prevedere un corretto approccio alla fase progettuale della campagna di ricerca. Occorre avere chiaro dove e come agisce la corrente sulla porzione di fiume da indagare, come aumenta o diminuisce l’intensità di essa in rapporto alle piene derivanti alla piovosità delle aree coinvolte, se esistono e come funzionano dighe a monte del luogo oggetto della nostra ricerca, come gli apporti degli affluenti modificano la successione delle fasi di maggiore o minore intensità della corrente sul sito. Occorre considerare, per una corretta configurazione delle attrezzature da adottare per la sicurezza degli operatori, il grado di inquinamento del fiume in rapporto a eventuali scarichi industriali o agricoli che possano versare in acqua sostanze nocive per la salute umana. Attenzione particolare va posta alla visibilità che incontreremo sott’acqua, per capire quale procedura adottare in funzione di questa situazione. L’archeologia in acqua come l’archeologia a terra basa il proprio modus operandi sulla preventiva conoscenza dei luoghi oggetto di indagine.

Anche in un fiume vale questa regola. Pertanto risulta necessario conoscere la composizione del fondale e la sua consistenza, la presenza di limi o di ostacoli naturali o antropici che possano costituire ostacoli ma anche oggetti della ricerca. Ne consegue che la prima fase del lavoro sarà costituita da una prospezione attenta di tutto l’areale interessato per rilevare questi ostacoli e l’eventuale presenza di oggetti che derivano dalla frequentazione umana del luogo. La prospezione visiva ha il vantaggio di consentire la comprensione attenta di ogni eventuale segno lasciato dall’uomo. Comporta tuttavia la necessità di avere una condizione di buona visibilità per essere effettuata. Una buona visibilità è data da una scarsa consistenza del limo in sospensione e dalla geomorfologia stessa del fondale. L’alternativa strumentale con Sub Bottom Profile costituisce una efficace alternativa soprattutto per indagare il fondo al di sotto del sedimento superficiale.

Cosa cercare?
Ogni segno che possa far pensare ad un oggetto usato, concepito e prodotto dall’Uomo. L’attenzione deve concentrarsi su moli o banchine in pietra che possano indicare un punto di approdo e di scarico e carico della merce; pilastri di ponti in muratura; blocchi squadrati che siano riconducibili a qualche muro o costruzione diversa. Ma anche oggetti minuti e scartati. Tracce che contribuiscano alla comprensione degli eventi che furono vissuti. Poche parole per la configurazione: oltre all’apparato ARA è assolutamente necessario un coltello efficace, che tagli immediatamente ogni eventuale vincolo imprevisto, soprattutto in presenza di corrente. 

 
Ivan Lucherini
 

in anteprima Corso formativo ISSD – photo credit andrea mucedola 

 

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