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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Francis Drake, Elizabeth I
Francis Drake è un nome che ancora risuona con orgoglio nei quadrati delle navi della marina reale britannica, la Royal navy. Riepiloghiamo oggi la vita avventurosa ma anche discutibile di questo grande marinaio.
Thomas Cavendish, Sir Francis Drake and Sir John Hawkins, British School, 17th-century, National Maritime Museum, London
Thomas Cavendish, Sir Francis Drake and Sir John Hawkins, British School.jpg – Wikimedia Commons
Chi fu veramente Francis Drake?
Un immorale e spietato negriero, un avido corsaro al servizio di sua Maestà, un indomito navigatore ed esploratore o semplicemente un avventuriero? Tutto questo ma, come vedremo, anche molto di più. Sicuramente un uomo intelligente ed astuto, un capace e coraggioso marinaio, e di pochi scrupoli.
Drake nacque intorno al 1540 in un piccolo villaggio, Tavistock, nel Devonshire. Figlio di un pastore protestante in una famiglia povera e numerosa (aveva dodici fratelli), Drake crebbe in un periodo di forti persecuzioni religiose da parte dei cattolici contro i protestanti. Questo lo portò ad un odio indicibile verso quella religione e, di riflesso, verso la nazione a quel tempo paladina della fede cattolica, la cattolicissima Spagna. Trasferitosi con la famiglia nel Kent, la povertà ma, con grande probabilità, anche il suo spirito di avventura, lo spinse come molti giovani di quell’epoca ad imbarcarsi come mozzo su una nave mercantile che solcava le tempestose rotte del Mare del Nord.
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Essendo imparentato con la famiglia degli Hawkins di Plymouth, ottenne quindi un imbarco su una nave negriera che effettuava la tratta degli schiavi da Capo Verde verso la costa sud americana. Francis Drake si fece ben volere e, nel 1567, John Hawkins (1532–1595), un famoso capitano negriero, lo nominò ufficiale. In breve tempo Francis Drake si fece ben volere ed ottenne il comando della sua prima nave, la Judith. Grazie alle sue indubbie capacità marinaresche unite ad una certa spavalderia, Francis Drake ottenne ben presto dalla regina Elisabetta I la patente di corsa (Lettre de Marque) che gli consentiva di attaccare altre navi in mare per gli interessi della Corona inglese. Questa patente, detta anche lettera di marca o lettera da corsa era una commissione emessa da un governo legittimo che autorizzava l’agente designato a ricercare, catturare o distruggere, beni o personale appartenenti ad una altra parte che aveva commesso una qualche offesa alle leggi o ai beni o ai cittadini della nazione che rilasciava la patente. In pratica veniva usata per autorizzare i privati ad assalire e catturare bastimenti mercantili di una nazione nemica, causando di riflesso un danno politico ed economico senza esporsi in una guerra dichiarata con le flotte regolari.
Museo Mel Fischer di Key West – tesori dei galeoni – foto di andrea mucedola
Francis Drake si scatenò con avidità sulle navi mercantili spagnole provenienti dal Centro e Sud America guadagnandosi il soprannome di El Draque. Nel 1572 attaccò il porto di Nombre de Dios (Panama) con due piccole navi e riuscì a catturare galeoni spagnoli con i loro ricchi tesori. Una vera manna per la corona. Nel 1573, con l’aiuto di corsari francesi, catturò un enorme tesoro di argento che da solo rimpinguò le casse della Regina. Uno spietato “esattore” della Corona che non aveva eguali.
Ma la sua fortuna non durò a lungo
Durante una delle loro scorrerie, Hawkins e Drake vennero intercettati dagli Spagnoli nel porto di San Juan de Ulúa (un isola nei pressi di Veracruz, Mexico). Gli Spagnoli, senza nessun avviso, aprirono il fuoco distruggendo molti dei loro vascelli e solo Drake e Hawkins riuscirono, anche se a stento, a scappare. Questa sconfitta non intaccò la fama del capitano Drake che aveva ormai raggiunto l’immaginario collettivo, una star dell’epoca.
Con il peggiorare delle relazioni diplomatiche tra l’Inghilterra e la Spagna, nel 1576, Drake al ritorno in patria, fu convocato con altri validi capitani dalla Regina che assegnò loro una missione di esplorazione mai tentata prima, oltre lo stretto di Magellano, oltre la terra del fuoco alla ricerca della mitica Terra Australis, alla ricerca di un continente ipotetico illustrato sulle mappe del XV e XVIII secolo, situato nell’emisfero australe e talvolta indicato come Magellanica. Ovviamente la missione comprendeva il depredamento di tutte le basi spagnole e delle loro navi.
La missione fu stranamente assegnata a tre comandanti: Drake, John Winter e Thomas Doughty. Francis Drake imbarcò sulla nave Pelican (in seguito rinominata Golden Hind). La flotta lasciò Plymouth nel dicembre 1577 in direzione delle coste dell’Argentina. L’ordine iniziale era di attaccare le navi spagnole lungo la costa americane meridionali del Pacifico ed esplorare possibili prede in quelle regioni. Questo non era certo un problema per Drake ma la condivisione del potere e quindi delle scelte non durò a lungo. Drake, non incline a suddividere il potere con altri, assunse unilateralmente il pieno comando. Ciò non piacque a Doughty e la tensione fra i due crebbe pericolosamente. Giunti lungo le coste dell’Argentina, Drake accusò pubblicamente Doughty di ammutinamento e, dopo un discutibile processo, lo fece decapitare.
Caso strano, era avvenuto qualcosa di simile nelle stesse acque anche al grande navigatore portoghese Magellano. Drake assunse quindi il pieno potere della flotta ed il controllo diretto di tutti gli ufficiali. Diresse verso l’estremo sud, cercando un varco per entrare nel Pacifico, ma nei pressi dello stretto di Magellano, colto da una tempesta, perse due delle cinque navi della sua flotta. La prima, comandata dal capitano John Winter, a causa della tempesta (o forse approfittando della situazione) rientrò verso l’Inghilterra mentre la seconda probabilmente affondò nelle perigliose acque.
Magellano in un ritratto postumo (anonimo del XVI o XVII secolo), (circa 1480-1521) – Mariners Museum, Newport News, USA
Ferdinand Magellan.jpg – Wikimedia Commons
La flotta restante si avvicinò quindi a Capo Horn e Drake comprese che era il punto in cui i due Oceani (Atlantico e Pacifico) si univano; questa era la dimostrazione che la mitica Terra Australis non poteva trovarsi in quelle zone. Risalendo le coste occidentali sudamericane, del Cile e del Perù, continuò la sua missione di “pirateria”, intercettando molti vascelli spagnoli carichi di oro ed argento, catturandoli ed affondarli ma risparmiandone sempre, secondo una legge non scritta di galanteria in mare, gli equipaggi. Giunse quindi in California dove prese possesso della nuova terra in nome della Regina. Drake decise di proseguire ancora verso nord alla ricerca di una via di ritorno dal Pacifico verso l’Atlantico, attraverso l’attuale Canada (il passaggio a nord ovest). Non riuscendo nel suo intento Drake a causa dei ghiacci decise di ritornare verso sud. Sfruttando i forti venti attraversò il Pacifico ed arrivò fino all’Oceano Indiano.
Il viaggio di Drake
Nel suo lungo viaggio toccò l’isola di Giava, l’arcipelago indonesiano e le Molucche. Durante il tragitto entrò in contatto con le popolazioni locali, scrisse accurati resoconti di viaggio e strinse accordi commerciali per il commercio delle spezie. Passò il tempestoso Capo di Buona Speranza (non a caso chiamato, nel 1487, dall’esploratore portoghese Bartolomeu Dias, Cabo das Tormentas) e risalì l’Africa occidentale, giungendo finalmente a Plymouth nel 1580 dopo circa tre anni ed oltre 36000 miglia di navigazione. Di fatto fu il primo inglese a circumnavigare il mondo. Osannato dalla popolazione e dalla Regina (a cui portava un tesoro immenso) fu nominato baronetto nell’aprile del 1581, proprio sul ponte della sua nave comando, la Golden Hind. Nacque così la sua leggenda che lo portò anche a sedere in Parlamento e a legiferare attivamente tra una missione e l’altra (assenze sempre giustificate per improrogabili necessità della Corona).
Con il peggiorare delle relazioni con la Spagna, dal 1585 al 1586, Drake fu impegnato nelle campagne di corsa contro la flotta spagnola nei Caraibi. Filippo II (1527–1598), re di Spagna, mise insieme in Portogallo un’enorme flotta, l'”Invincible Armada” con il compito di invadere l’Inghilterra. La regina Elisabetta I incaricò il Lord Charles Howard of Effingham di comandare la flotta inglese con il supporto dei suoi migliori comandanti, tra cui Drake, Hawkins e Winter. Il piano di Filippo II prevedeva l’invio dell’Armada a Dunkirk per permettere all’esercito di terra, guidato da Alessandro Farnese, Duca di Parma, di attraversare la Manica indisturbato ed invadere l’Inghilterra. L’”Armada” era composta da centotrenta vascelli e guidata da Alonso de Guzman El Bueno; si trattava per lo più di navi pesanti certo non adatti alla navigazione in quelle acque caratterizzate da bassi fondali e forti maree e correnti. Inoltre, i comandanti delle navi spagnole erano stati scelti tra quelli più blasonati (si racconta che i comandanti sul ponte di Comando stessero sempre a cavallo a similitudine dei corrispettivi terrestri) ma dotati di discutibili capacità marinaresche.
L’Ammiragliato inglese, preoccupato dell’approssimarsi della potente flotta spagnola, inviò nella zona di Calais i suoi migliori Comandanti su unità leggere e veloci, nel disperato tentativo di rallentare l’imminente invasione dell’Inghilterra. Gli spagnoli potevano però contare su 3000 cannoni e 30000 uomini mentre gli inglesi ne avevano a disposizione solo 1300 e 22000 dislocati su circa 200 navi di piccolo cabotaggio. L’Invincibile Armada, stava ormai per unirsi nei pressi di Calais con le navi di Alessandro Farnese, per lo più grossi barconi necessari per lo sbarco delle truppe. Gli Inglesi, consci del pericolo imminente, si preparavano quindi ad un estrema difesa sul Tamigi, costruendo un ponte di barche armato simile a quello costruito pochi anni prima dagli stessi Spagnoli per bloccare il porto di Anversa.
L’episodio dei “fuochi di Anversa” va raccontato perché, anche se in maniera indiretta, influì anni dopo sulla vittoria degli Inglesi contro la potente e superiore, flotta spagnola dell’Invincibile Armada nella Manica. Storicamente fu il primo esempio di una vittoria navale basata sull’uso di ordigni esplosivi galleggianti. Ecco il resoconto di cosa accadde. Ad Anversa era stato costruito da Alessandro Farnese un ponte di barche di sbarramento per impedire agli Olandesi della lega di Utrecht di salpare dal porto. Un progettista italiano al servizio degli Olandesi, Gianibelli, dopo aver progettato la complessa struttura di difesa della città di Anversa, propose un azione bellica mai tentata in precedenza ovvero di aprire un varco nello sbarramento. Nonostante lo scetticismo degli Olandesi, alla fine li convinse e fece riempire due barconi di esplosivo, materiali ferrosi e grosse pietre. Quindi accese le micce poste sui ponti di coperta e lasciò che esse, trasportate dalla forte corrente, si avvicinassero al ponte di sbarramento ed ai vascelli spagnoli. L’esplosione fu terrificante distruggendo sei navi ed uccidendo più di ottocento soldati. L’evento ebbe un enorme clamore nella storia del tempo, se vogliamo quanto un attacco terroristico moderno. Il Gianibelli fu considerato un pericolo pubblico e, a lungo ricercato dai sicari spagnoli, dovette rifugiarsi in Inghilterra dove offrì i suoi servizi alla Corona inglese. Ma la memoria di quella notte restò nell’immaginario collettivo come i fuochi di Anversa. – nell’immagine i brulotti incendiari Twee branders gebruikt bij de aanvallen op de schipbrug van de hertog van Parma, 1585 Navis incendiaria cum cuniculo (titel op object), RP-P-OB-79.973.jpg – Wikimedia Commons |
Gravelines
Ma torniamo a quella notte nella Manica che cambiò il destino della storia europea. Con il passare delle ore Lord Howard, a bordo della nave ammiraglia Ark Royal, si rese immediatamente conto che con le poche risorse disponibili non avrebbe mai potuto contrastare la potenza di fuoco avversaria. Convocò quindi a bordo della sua nave i suoi migliori capitani. La necessità di prendere tempo prima dello scontro finale al fine di dare alle forze terrestri la possibilità di organizzarsi richiedeva una decisione fuori dai canoni. Si narra che l’idea venne a Sir William Winter (lo stesso che aveva partecipato in parte alla circumnavigazione del mondo con Drake). Il pensiero corse alla notte di Anversa: “Considering their hugeness twill not be possible to remove them but by a device” ovvero creare una diversione disseminando ordigni infuocati in mare per attaccare i galeoni con le più agili fregate inglesi e guadagnare tempo per organizzare la difesa del territorio.
Gravelies – da Expeditionis Hispanorum in Angliam vera descriptio. Anno Do: M D LXXXVIII – autori Adams, Robert; Ubaldini, Petruccio; Ryther, Augustine; Hans And Hanni Kraus Sir Francis Drake Collection (Library Of Congress) Expeditionis Hispanorum in Angliam vera descriptio. Anno Do- M D LXXXVIII. LOC 2004629175-8.tif – Wikimedia Commons
Non avendo il tempo materiale di approntare simili apparecchiature, si pensò di sfruttarne almeno l’effetto psicologico. In fretta vennero reperite nei villaggi sulla costa delle vecchi barche da pesca che furono impregnate di nafta e zolfo e portate al largo. La notte del sette agosto 1588, nei pressi di Gravelines, sei di queste piccole barche apparvero improvvisamente in fiamme all’orizzonte, trasportate dalla forte corrente verso i galeoni spagnoli alla fonda. Poco prima, l’arrivo di una tempesta aveva rapidamente oscurato il cielo: il rombo dei tuoni lontani e gli oggetti in fiamme all’orizzonte unite alla consapevolezza di non poter reagire rapidamente essendo troppo vicini ai banchi di sabbia delle coste francesi, comportò un’eccessiva reazione. Il grido di allarme per l’approssimarsi di quelle che furono subito chiamate le “Anversa’s fired ships” si diffuse rapidamente. Gli Spagnoli sapevano che quell’ingegnere italiano, quel Gianibelli che aveva ideato quei diabolici ordigni, dopo essere stato lungamente ricercato si era rifugiato in Inghilterra ed era ora al servizio della Corona inglese. Poteva essere quindi una sua nuova diavoleria. Nella fretta di salpare dagli ancoraggi, quattro galeoni si urtarono a vicenda, altri due presero fuoco scontrandosi con le barche in fiamme: la flotta spagnola era ormai caduta nel caos più totale. La battaglia di Gravelines permise agli Inglesi di salvare il loro paese e di infliggere un duro colpo alla flotta ispanica. Drake combatté lanciandosi furiosamente con le sue fregate in mezzo ai vascelli nemici anche se molti storici ritengono che il suo contributo alla vittoria fu minimo. Ancora una volta l’Inghilterra fu salvata dal fato e dall’imperizia degli avversari.
Una fine da marinaio
Dopo aver contribuito a salvare il suo paese dall’invasione, a causa di maldicenze di corte, la stella di Sir Francis Drake cominciò la sua fase calante. Nell’aprile 1587 Drake attaccò Cadice e distrusse 37 navi nemiche ma fu sconfitto, nel 1589, nell’ambizioso tentativo di prendere Lisbona. Nel 1595 la regina Elisabetta gli ordinò di bloccare l’istmo di Panama, via principale della rotta dei tesori della flotta spagnola, ma la missione non ebbe successo. Drake perse molte navi e, sulla via del ritorno, poco più che cinquantenne si ammalò di dissenteria e morì alle sette del mattino del 28 gennaio 1596 a bordo della sua nave, la Defiance, nei pressi di Puerto Buello. Da marinaio fu sepolto in mare con indosso la sua armatura da battaglia in una bara di piombo. Si narra che l’ex negriero, corsaro, audace esploratore ed avventuriero ma sempre grande marinaio, nel suo testamento ordinò di lasciare buona parte del proprio ingente patrimonio alla gente povera di Plymouth.
La leggenda di Sir Francis Drake gli sopravvive: un team internazionale di cacciatori di tesori recentemente sembra abbia ritrovato tracce dei relitti di due delle sue navi (la Elizabeth da 195 tonnellate e la Delight da 50) proprio in prossimità di Puerto Bello. Nella documentazione storica sembra che le due navi (probabilmente gravemente danneggiate negli scontri con gli Spagnoli) furono incendiate dopo la sua morte nei pressi della sua sepoltura in mare. Gli archeologi – cacciatori di tesori sperano quindi di poter ritrovare la sua bara in quei fondali. Il suo valore storico sarebbe inestimabile.
Chissà che cosa ne penserebbe Sir Francis Drake? Forse, da marinaio, preferirebbe continuare a riposare in pace sul fondo del mare che aveva solcato con audacia e spregiudicatezza tutta la vita.
Andrea Mucedola
in anteprima Sir Francis Drake (c. 1540-1596), a sinistra in farsetto grigio pieghettato con colletto e polsini di pizzo in piedi, stola verde bordata d’oro drappeggiata sul petto, spada al fianco, tiene un paio di guanti nella mano sinistra e il suo mano destra appoggiata su una sfera, indossa il gioiello Drake su una catena d’oro intorno al collo – autore Henry Bone (1755-1834) Francis Drake by Henry Bone.jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).