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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: GUERRA DI MINE
parole chiave: mine ormeggiate, mine ad influenza, II guerra mondiale
La Seconda Guerra Mondiale
Nel periodo tra le due guerre, i sistemi di dragaggio meccanico furono perfezionati fino alla creazione, nel 1939, del primo sistema di dragaggio indipendente, l’Oropesa [57]. La sua ideazione è attribuita alla Royal Navy che, per i motivi precedentemente citati, all’inizio della guerra aveva una superiorità tecnologica di circa 20 anni rispetto alle altre Marine [58]. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale la Marina tedesca posò il primo campo minato offensivo lungo le coste inglesi, il Falmouth Field. Ovviamente anche gli Inglesi posarono campi minati difensivi ed offensivi.
La Marina Britannica, che aveva da poco sviluppato le prime cesoie meccaniche da applicare al cavo di dragaggio[59], trovò all’interno un gran numero di nuovi sistemi anti-draganti[60] che ne rallentarono enormemente l’operazione. Di fatto, al brillante sviluppo delle CMM da parte degli inglesi, la Marina tedesca rispose con la realizzazione di sistemi per ostacolare la bonifica dei campi e con nuove mine. Nel novembre del 1939 la prima mina magnetica [61], di fabbricazione della compagnia tedesca S.V.K [62], fu accidentalmente recuperata dalla Marina inglese lungo le coste dell’Inghilterra. Sebbene il principio fosse noto anche alla Royal Navy, che lo aveva impiegato su alcune mine ormeggiate, il sistema tedesco risultò decisamente più sofisticato comportando lo sviluppo del primo sistema di dragaggio magnetico inglese, chiamato sistema M, costituito da un insieme di barre magnetizzate simulanti una variazione magnetica locale che poteva essere riconducibile al transito di una nave. Il dragamine, grazie alla bassa segnatura magnetica, trainava l’apparecchiatura di poppa per cui l’attivazione dei sensori della mina avveniva ad una distanza di sicurezza rispetto alla sua posizione.
Il primo sistema operativo per il dragaggio magnetico, denominato LL, usava un generatore a gas da 35 KW e delle batterie di automobile, e produceva degli impulsi a 3000 Ampere per 5 secondi ogni minuto. Fu impiegato per bonificare le coste inglesi e francesi e fece da battistrada per lo sviluppo di cavi magnetici galleggianti impiegati fino alla fine degli anni ‘70 da molte Marine NATO e del Patto di Varsavia.
l’impiego delle mine da parte dei tedeschi fu sperimentato anche con la posa da sommergibile già nella I Guerra Mondiale – nella foto d’epoca l’imbarco di mine su un sommergibile classe UC tedesco nel porto di Zeebrugge (Belgio) – © IWM Q 20345 – Brussel Arthur Collection
Nell’estate del 1941, la Marina tedesca sviluppò mine magnetiche ormeggiate in grado di poter essere posate a quote variabili da 30 a 330 metri e quindi idonee anche contro i sommergibili. Tali armi comportarono la necessità di adeguare i requisiti operativi aumentando la potenza delle apparecchiature di dragaggio magnetico. Nel 1943, in previsione dello sbarco in Normandia, fu ideato un sistema di dragaggio per operare nelle acque antistanti la spiaggia per contrastare le mine tedesche anti-invasione. Tale requisito era giustificato dalla necessità di proteggere l’invenzione navale che consentì di cambiare il concetto operativo di impiego delle Forze nella Seconda Guerra Mondiale: il mezzo da sbarco. Quest’unità, di limitate dimensioni, consentiva di trasportare i soldati dalle navi madri direttamente sulla spiaggia, ridisegnando di fatto il modo di condurre la guerra; il vero nemico del mezzo da sbarco, al di là del fuoco nemico contrastato dall’aviazione e dal tiro contro costa delle unità di scorta, era la mina anti-sbarco. I tedeschi per arginare l’invasione, ne posarono migliaia lungo le coste atlantiche. Durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre alle mine magnetiche vennero sviluppate le prime mine acustiche il cui modulo di attivazione consisteva in un sensore in grado di attivarsi alla variazione del livello acustico locale[63]. Allo scopo di dragarle vennero realizzati i primi sistemi di dragaggio acustico, le cosiddette “campane”, in grado di generare suoni a varie frequenze ed intensità per simulare il transito di una nave. Nel resto del mondo gli sviluppi procedettero a pari velocità: la Marina Statunitense dopo un periodo di scarsa attività [64] attivò la U.S. Naval Mine Warfare Test Station a Solomons, Maryland, responsabile di testare lo sviluppo delle prime cesoie esplosive [65] da impiegare sui cavi di dragaggio meccanico. Nel 1944, la US Navy riuscí finalmente a realizzare delle cesoie affidabili, le Mark 12, che sono state parte integrante dei sistemi di dragaggio meccanico fino a tempi recenti. Nello stesso anno, il Bureau of Ships, commissionò un sistema dragante contro una nuova famiglia di mine, le mine a pressione [66], ancora una volta frutto dell’industria tedesca.
La scoperta delle “Oyster mines”[67], durante lo sbarco in Normandia, spinse la ricerca in tale direzione con sperimentazioni al limite del fattibile. Fu costruita una struttura galleggiante da trainare lungo la rotta di 60 metri di lunghezza ed 8 di larghezza, soprannominata, con non molta fantasia, il “mostro di Loch Ness”, avente una stazza di circa 2200 tonnellate d’acqua. I risultati furono deludenti ed il progetto, dopo vari tentativi, fu considerato non costo efficacia ed abbandonato.
Il “come dragare” le mine dotate di sensori a pressione è ancora oggi un problema non del tutto irrisolto e portò gli specialisti della Guerra di Mine a sviluppare nel tempo una nuova tecnica di contrasto: la cacciamine [68].
Durante la guerra, i tedeschi continuarono a seminare le loro mine magnetiche nei porti alleati con una percentuale di successi significativa a fronte del numero di mine rilasciate. In un solo fine settimana, nel canale di Bristol, furono affondate 45000 tonnellate di naviglio.
Nonostante gli evidenti vantaggi, la Marina tedesca, a causa del ritardo di produzione di tali armi da parte dell’industria tedesca, non poté usare in maniera massiccia tale potenzialità fino alla primavera del 1940.
Strategicamente parlando, l’impiego delle mine magnetiche, sin dall’inizio del conflitto fu un errore; il loro numero era ancora troppo limitato per essere efficace. Se Hitler avesse atteso un tempo maggiore, per dare il tempo all’industria tedesca di renderle disponibili in un numero adeguato, non avrebbe dato alle forze alleate la possibilità di adottare contro misure efficienti, ne avrebbe quindi bloccato i movimenti e costretto la Gran Bretagna alla capitolazione.
Le nuove tattiche di minamento con mine rilasciate da aerei, introdotte dai tedeschi nel 1940, non trovarono molto riscontro da parte alleata. Ancora una volta la ragione va ritrovata in una visione tradizionale dell’uso delle mine che vedeva queste armi come strumenti difensivi degli interessi marittimi ad uso di nazioni bellicamente più deboli e non di potenze marittime che si arrogavano la superiorità dei mari. Inoltre, si riteneva che la presenza di campi minati, anche in acque avversarie, avrebbe limitato i movimenti della flotta di altura non portando vantaggi alla politica di impiego delle forze navali.
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D’altra parte un uso strategico offensivo delle mine necessitava di strumenti di posa a lungo raggio non ottenibile con le unità di superficie, che sarebbero state troppo esposte agli attacchi dell’aviazione tedesca. La posa di campi minati con l’uso di sommergibili, pur assicurando una certa clandestinità, aveva dei limiti per il numero di armi posabili e soprattutto esponeva i battelli all’attraversamento dei campi minati nemici. Un’altro fattore che inizialmente ostacolò lo sviluppo ed impiego delle mine aero-trasportabili fu che le Marine dell’epoca non erano in possesso di velivoli bombardieri a lungo raggio. Questa mancanza di assetti strategici influenzò l’andamento della guerra nel Pacifico, dove si presentarono due problemi: l’indisponibilità di mine navali e di vettori atti a posizionarle in breve tempo nelle aree strategiche.
Ciò comportò la scelta americana di basare le operazioni navali nel Pacifico principalmente sull’impiego delle portaerei ed i sommergibili. Solo verso la fine della guerra, fu approvata una campagna di interdizione del traffico giapponese tramite il minamento delle aree vitali per l’economia giapponese, detta Operazione STARVATION [69], che si avvalse del supporto dei B 29 dell’U.S. Army. In breve tempo, furono posate dagli americani nel Pacifico ben 21000 mine [70]; alla fine della campagna di minamento 961 unità nemiche furono colpite da mine, di cui 484 affondate, per un totale di circa due milioni di tonnellate in soli quattro mesi e mezzo di operazione.
Dai dati statistici emerse che un uso massivo delle mine navali dall’inizio del conflitto avrebbe potuto accorciare sensibilmente i tempi della guerra nel Pacifico con un rapporto stimato di circa sei milioni di tonnellate di naviglio affondato in soli sei mesi. C’è da domandarsi se un loro impiego precoce avrebbe potuto piegare l’economia giapponese e far terminare la guerra evitando l’impiego delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. isultati analoghi furono ottenuti in Europa dalla RAF che bloccò per quattro mesi il traffico sul Danubio del 50 %, e dall’aviazione tedesca che bloccò il canale di Suez per un breve periodo paralizzando le vie di accesso dal e per il Mediterraneo.
fine parte VI – continua
Andrea Mucedola
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PAGINA PRINCIPALE
Note
[57] Si trattava del sistema OROPESA Mk1 che consentiva ad un singolo dragamine di poter dragare una fascia relativamente ampia di mare attraverso cavi metallici allargati da sistemi divergenti.
[58] Robert Ian Salit, opera citata, 2000, pag. 3
[59] Con il termine cesoie si intendono delle apparecchiature composte da due lame sovrapposte, applicate al cavo di dragaggio, con lo scopo di tagliare i cavi di ormeggio delle mine. Le prime cesoie, di tipo meccanico, eseguivano il taglio per contatto, le successive, esplosive, dopo aver ingaggiato il cavo lo facevano scorrere all’interno fino a portarlo a contatto con un grilletto che sparava uno scalpello di acciaio affilato per tranciarlo. La loro efficacia era ovviamente maggiore sui cavi di diametro maggiore.
[60] Si tratta di sistemi di vario tipo studiati per rendere inefficaci le operazioni di dragaggio (vedere cap. 3).
[61] La mina magnetica lavora sul principio che ogni nave o sommergibile, se costruiti in metallo ferroso, possiede una carica permanente di magnetismo legata alla distribuzione dei ferri di bordo, all’area geografica di normale permanenza e da altri fattori costruttivi. Essendo la terra assimilabile ad un magnete, il passaggio di uno scafo ferroso magnetico, causa delle perturbazioni al campo magnetico locale che possono essere rilevate da sensori ed utilizzate per attivare il circuito di fuoco di una mina.
[62] In realtà la S.V.K. realizzò la prima mina magnetica nel 1935; va notato che prima della Guerra, la policy della Marina tedesca prevedeva che ogni arma realizzata non potesse essere impiegata fino a quando un‘adeguata contro misura fosse stata riconosciuta valida operativamente. La Marina tedesca all’inizio della Guerra era in grado di operare, oltre che con il sistema O.R.G. (Otterraumgerat) di dragaggio indipendente, con più dragamine in team ed aveva dotato le unità maggiori di reti “paravane” per la protezione dei settori prodieri e laterali.
[63] Ogni nave, a causa delle vibrazioni dello scafo, dei rumori delle macchine e delle eliche, produce una perturbazione acustica a varie frequenze al suo passaggio. La distribuzione del livello sonoro di una nave alle varie frequenze viene definite segnatura acustica. Variazioni acustiche locali, dovute al transito di una nave o di un sommergibile, possono essere raccolte da un sensore (in pratica un microfono) posto sulla mina acustica , confrontati con il rumore di fondo locale ed attivare il congegno di fuoco.
[64] Nel 1928 solo due dei 55 dragamine classe Bird, costruiti al termine della Prima Guerra Mondiale, erano ancora in funzione. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale la Marina statunitense, a differenza di quella Britannica, aveva perso esperienza e materiali e di fatto si trovò impreparata all’emergenze. Con la comparsa delle prime mine magnetiche, la US Navy ordinò la trasformazione di 13000 navi militari adottando sistemi di degaussing per ridurre la segnatura magnetica delle stesse tramite campi magnetici interni generati dai diesel alternatori di bordo, con un costo di oltre 300 milioni di dollari.
[65] Con il termine cesoie si intendono delle apparecchiature composte da due lame sovrapposte con lo scopo di tagliare i cavi di ormeggio delle mine. Le prime cesoie, di tipo meccanico, eseguivano il taglio per contatto, le successive, esplosive, dopo aver ingaggiato il cavo lo facevano scorrere all’interno fino a fargli premere un grilletto che sparava uno scalpello di acciaio affilato per tranciarlo. La loro efficacia era ovviamente maggiore specialmente su cavi di diametro maggiore.
[66] Le mine a pressione sono dotate di sensori atti a misurare l’improvvisa variazione della pressione locale al passaggio di un bersaglio. Questi congegni, che dovrebbero essere più propriamente definiti “a depressione”, si basano sull’effetto idrodinamico legato al passaggio di una nave. In pratica, la nave nel suo avanzare, modifica la pressione idrostatica locale (a causa dell’effetto di Bernouilli) e tale variazione può essere scoperta da un sensore barometrico. L’intensità del fenomeno è legata alla velocità di avanzamento ed alla profondità, per cui dal punto di vista bellico, può essere meglio sfruttato su bassi fondali e su bersagli veloci. Per questo motivo furono inseriti nelle mine anti-invasione posate in prossimità delle spiagge e lungo i fiumi.
[67] La posa di 4.000 mine a pressione fu ordinata da Hitler lungo le coste della Francia a scopo anti invasione. Le forze alleate impiegarono 300 unità navali di Contro Misure Mine per bonificare le rotte di sbarco prima del D-day.
[68] Con il termine di cacciamine si intende la capacità di poter scoprire, identificare ed eventualmente neutralizzare un oggetto subacqueo. Viene realizzata impiegando sonar ad alta frequenza e sofisticati sistemi subacquei di neutralizzazione.
[69] Nella tabella è possibile raffrontare il costo efficacia dell’impiego delle mine e dei sommergibili impiegati in ruolo anti nave nell’ultimo anno di guerra nel Pacifico estratto da US Minewarfare Manual, DOD, Yorktown, VA, 1991, Cap. 2 pag. 17
campagna di minamento solo con aerei | Operazioni con i sommergibili | |
Durata operazioni | 4 mesi e mezzo | 44 mesi e mezzo |
Mezzi impiegati | 40 | 100 |
Personale per mezzo | 11 | 85 |
Perdite in mezzi | 15 aerei | 85 sommergibili |
Perdite in personale | 103 | 4.000 |
Costo di ogni mezzo | 500.000 dollari | 5.000.000 dollari |
Tonnellate naviglio nemico | 1.250.000 tons | 4.780.000 tons |
Rapporto tonnellate per mese | 280.000 tons | 110.000 tons |
[70] Solo 3.000 mine furono posate con i mezzi della Marina il resto con velivoli bombardieri (la percentuale delle mine posate tramite i B29 fu del 63% sul totale) – dati US NAVY – Archivi US Post Graduate School Monterey CA.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).