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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: morfologia, geologia, piattaforma continentale
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Tutto incominciò in un vortice
Nel buio dello spazio, circa quattro miliardi di anni or sono, si generarono intorno ad una stella giganteschi vortici di materia. Come su un tavolo da biliardo le masse di materia si scontrarono fra di loro mentre vortici locali, come in un fiume impazzito, aggregavano la materia ed i gas. Un ambiente ostile e caotico in cui si formarono i primi pianeti del nostro sistema solare ed i loro satelliti. Il nostro pianeta non esisteva ancora, era una massa di materia che ruotando si concentrava sempre di più verso il suo centro. Poi la superficie di questo proto pianeta incominciò a mutare; si formarono le prime terre emerse, i continenti circondati dall’oceano primordiale. Fu proprio in quella massa liquida, che aveva poco della composizione chimica dei mari attuali, che il miracolo della vita avvenne. Un insieme di fenomeni chimico-fisici agirono su quel brodo primordiale e permisero lo sviluppo delle prime forme organiche, di quei batteri che influenzarono la nascita della vita ed il cambiamento dell’atmosfera del nascente pianeta. Una storia affascinante che presto racconteremo nei dettagli. Nelle Ere geologiche successive, la morfologia della Terra mutò più volte a seguito della deriva dei continenti fino a portarci all’attuale conformazione. Un processo senza fine che continua tutt’oggi con le cosiddette zolle tettoniche che continuano a scivolare sotto la crosta terrestre, generando fenomeni sismici a volte di forte intensità,
La morfologia dei fondali marini
Oggi parliamo dei fondali marini e della loro affascinante ed ancora sconosciuta morfologia. Abbiamo un’idea di come siano conformati ma c’è ancora molto da scoprire negli abissi degli oceani. Come abbiamo letto in altri articoli, le zolle tettoniche, chiamate anche placche, “galleggiando ” sopra la litosfera, possono avvicinarsi o allontanarsi fra loro. Un esempio classico è l’Oceano Atlantico dove queste enormi masse si allontanano in senso opposto rispetto ad una cresta mediana, formando le placche africana e sudamericana. Il loro spostamento non è scevro di problemi e possono causare eventi sismici. In altri casi le zolle possono avvicinarsi, più o meno perpendicolarmente, slittando l’una sotto l’altra, come nell’area del Pacifico dove il fenomeno ha generato la catena delle Ande.
Un caso estremo, se non altro per le sue conseguenze, avviene quando le placche slittano parallelamente come nel caso della faglia di Sant’Andrea, California. Questa frattura, lunga oltre 1200 chilometri, si è generata dove la placca pacifica e quella americana interagiscono parallelamente, accumulando energia e causando continui terremoti. Una situazione esplosiva che preoccupa non poco gli abitanti della California, che aspettano con terrore il Big One, il grande terremoto che potrebbe sconvolgere lo Stato al punto si separarne parte dal continente nord americano e creare una nuova grande isola.
Questo articolo ti interessa? Su OCEAN4FUTURE, il portale del Mare e della Marittimità, troverai numerosi articoli scientifici che ci raccontano la genesi e la formazione del nostro pianeta, in particolare sul vulcanesimo le cui influenze, anche sull’ambiente marino, sono significative dando luogo a tsunami e crolli delle faglie sottomarine. Se hai suggerimenti o domande puoi lasciarci un commento in calce all’articolo oppure scriverci alla nostra mail: infoocean4future@gmail.com</span |
Il passaggio delle terre emerse alle profondità dell’oceano avviene attraverso habitat geologici caratterizzati da diverse morfologie: partendo dalla linea di costa si passa dalla piattaforma continentale alla massa granitica intermedia fino alla massa basaltica dei fondi oceanici. In alcuni casi i passaggi sono repentini (come nel Pacifico) a causa delle enormi fratture che la caratterizzano.
La piattaforma continentale (continental shelf) è la fascia compresa tra il limite delle aree costiere ed il ciglio della piattaforma continentale. Oltre questo limite la piattaforma sprofonda verticalmente negli abissi. Parlare di “limite della piattaforma” non è tecnicamente molto corretto, comunque , per praticità, si usa porlo intorno ai 200 metri di profondità. La piattaforma raccoglie la maggior parte dei sedimenti di origine terrigena, essendo di fatto il prolungamento naturale dei continenti, per cui la sua composizione è spesso dipendente da quelli presenti lungo la linea di costa.
Dal punto di vista oceanografico, la piattaforma continentale è la più studiata per un futuro sfruttamento delle risorse minerarie da parte degli Stati confinanti. Inutile dire che è anche la zona in cui gli Stati si contendono i diritti per il loro sfruttamento. Questa situazione si vive in molte aree del mondo in cui sono nate controversie fra gli Stati a volte sfociate in conflitti più o meno dichiarati. Dal punto di vista del diritto internazionale si cercò con la convenzione di Montego Bay di regolare tali diritti anche se con poco successo. Molti Stati firmarono l’accordo ma non quelli di maggior peso politico che si riservano ancora i diritti di poterla sfruttare a loro vantaggio. Tra i più importanti abbiamo gli Stati Uniti che non la hanno ancora ratificata.
Geologia della piattaforma continentale
Ma torniamo agli aspetti geologici. Le caratteristiche morfologiche della piattaforma continentale dipendono da molti fattori:
presenza di faglie e sbarramenti; |
tipo di costa (spiagge, falesie etc); |
modifiche sostanziali del livello del mare per cause climatiche e/o per bradisismi; |
erosione, demolizione e trasporto di materiali da parte di fiumi; |
flusso di sedimenti di diverso tipo sotto forma di detriti trasportati da fiumi e torrenti in mare (organogene, chimiche, etc); |
presenza di bio-ostruzioni derivanti dalla crescita di coralli, madrepore o comunque organogene. |
Come abbiamo accennato, i detriti causati dall’erosione eolica e antropica scivolano in mare e vanno a ricoprire di sedimento la piattaforma continentale originale. Essa ha una morfologia molto diversificata che è derivata dalla sua storia geologica di milioni di anni. Vi si incontrano promontori, accumuli di massi rocciosi, colline frammezzate da canali e ampie depressioni, speroni, pinnacoli, e canyon con profonde rotture verticali. Nel lato superficiale, formazioni di origine organica, come le barriere coralline e le mattes di fanerogame, ampiamente presenti nel mar Mediterraneo, generano nel tempo modifiche consistenti del fondali che possono essere osservate già nei primi metri di profondità dai subacquei.
L’importanza della ricerca
La necessità di conoscere la natura geologica dei fondali, per motivi scientifici e economici, richiede lunghe campagne oceanografiche necessariamente mirate al campo di ricerca, Spesso, a causa degli elevati costi, esse sono finalizzate alla ricerca delle risorse fossili (petrolio, giacimenti di carbone). Per fortuna, gli oceanografi moderni hanno oggi strumenti tecnologicamente progrediti che consentono di ottenere, in tempi relativamente rapidi, descrizioni accurate delle morfologie dei fondali. Misure batometriche, per la produzione di carte dettagliate, e della natura dei fondali si possono ottenere con scansioni acustiche ottenute per mezzo di sistemi side scan sonar (SSS). Queste apparecchiature, un tempo molto voluminose, sono oggi imbarcabili su mezzi navali leggeri e su moderni sistemi autonomi (droni aerei, subacquei e di superficie). Le immagini ottenute consentono di determinare, con un certo dettaglio, la scabrosità del fondo e di costruire carte, anche di grande scala, a fini ingegneristici e di ricerca. Una tipica applicazione di questi studi è per la valutazione delle caratteristiche morfologiche dei fondali prima della posa di condutture sottomarine. Anche in campo militare la conoscenza dettagliata dei fondali consente un valore aggiunto, specialmente nelle attività di bonifica di ordigni, necessarie per garantire sicurezza e continuità ad attività umane come la pesca.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).