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Attenti a quei quattro: una campagna per la ricerca di quattro specie aliene pericolose nei mari italiani

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Specie marine aliene,

 

Le specie aliene sono specie animali e vegetali che si trovano al di fuori del loro ambiente naturale. Esse si diffondono in altri bacini a causa delle attività umana, intenzionali o non intenzionali come l’impiego del traffico mercantile come inconsapevole mezzo di trasporto. Altre specie aliene si sono trasferite in altri mari attraversando canali artificiali aperti dall’Uomo per esigenze economiche, come le specie lessepsiane, dal nome di Ferdinand de Lesseps, il diplomatico francese incaricato della costruzione del canale, migrate attraverso dal Mar Rosso verso il Mar Mediterraneo. Quando il canale di Suez fu completato nel 1869, molti organismi marini a livello di semi, uova, spore o larvale furono esposti a un contatto tra i due bacini, altrimenti separati geologicamente. Si ebbe quindi una contaminazione incrociata tra ecosistemi precedentemente isolati. Un fenomeno che è oggi facilitato dal mutare delle condizioni climatiche che influiscono sulle condizioni fisico-chimiche dei bacini marini.

Queste migrazioni non sono però senza implicazioni
Il bacino mediterraneo ha apprezzato nel tempo variazioni locali significative a causa di nuove specie che hanno influenzato in alcuni casi l’industria della pesca nel Mediterraneo orientale. Il fenomeno lessepsiano ha permesso agli scienziati di studiare un evento invasivo su larga scala avvenuto in un breve periodo di tempo, che di solito richiederebbe secoli in condizioni naturali. Altre specie si sono diffuse per cause accidentali, come la loro immissione accidentale in natura da vasche o acquari.  

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Caulerpa cylindracea fotografata a Giannutri -photo credit andrea mucedola

Un esempio noto sono due caulerpe, C. taxifolia e C. cylindracea, sia per l’estensione dell’area invasa che per gli effetti sulle comunità native. La Caulerpa taxifolia fu osservata per la prima volta nelle acque del Mediterraneo a pochi metri dall’acquario di Monaco nel 1984, da dove era stata accidentalmente rilasciata, mentre la C. cylindracea fu scoperta lungo le coste della Libia nel 1990. Recentemente, è stata rinvenuta in Mediterraneo un’altra Caulerpa, la Caulerpa distichophylla, sia in Turchia nel 2006 che nella Sicilia sud orientale nel 2007, di provenienza dall’Australia meridionale dove è endemica. Il successo nella diffusione delle caulerpe è dovuto alla loro elevata capacità di riprodursi per via vegetativa e di dispersione su differenti tipi di substrato (roccioso, mobile, misto) da o a 40 m di profondità per cui tendono a diventare dominanti nelle aree colonizzate, causando la regressione delle comunità native. In Mediterraneo sono state capaci di colonizzare anche aree con presenza di fanerogame (praterie di Posidonia oceanica).

In pratica, la presenza di specie aliene nei nostri mari da parte di flora e fauna alloctona possono creare competizione con le specie autoctone creando un cambiamento nella catena alimentare, producendo danni significativi agli ecosistemi. Un fattore che è particolarmente favorevole alla loro diffusione è l’innalzamento sempre maggiore delle temperature, per cui specie abituate a vivere in acque più calde non hanno difficoltà ad ambientarsi sulle coste dove ora trovano una temperatura simile a quella a cui sono abituati.

Un esempio è la presenza di pesci scorpione, Pterois volitans, una specie aliena invasiva originaria della regione indo-pacifico, arrivata a Trinidad e Tobago alla fine del 2010 che si rapidamente diffusa in 14 paesi dei Caraibi con avvistamenti nelle isole Turks e Caicos a St. Croix e in America centrale e meridionale, Belize, Curacao e in Venezuela. La sua rapida diffusione nel mare caraibico (vedi segnalazioni nelle immagini sottostanti) è legata alla mancanza di predatori naturali nel suo nuovo habitat, a discapito delle specie autoctone. Nel caso specifico si tratta di predatori voraci delle altre specie ittiche.

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Diffusione dei pesci scorpione, Pterois volitans – Fonte NOOA – Courtesy of Florida Fish and Wildlife Conservation Commission
Becoming the Lionfish King – Route Fifty (route-fifty.com)

I ricercatori hanno valutato che un singolo pesce scorpione su una barriera corallina possa ridurre i pesci nativi della barriera corallina del 79%, di fatto rubandoli a dentici, cernie e altre specie autoctone commercialmente più importanti e, di conseguenza, influendo negativamente la pesca commerciale e ricreativa.

Attenti a quei quattro
L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim) hanno lanciato la campagna “Attenti a quei 4“, per il monitoraggio di quattro specie aliene: Pesce palla maculato, pesce scorpione, pesce coniglio scuro e pesce coniglio striato, tutte arrivate dal canale di Suez e segnalate nei mari italiani a cui dobbiamo prestare attenzione per evitare spiacevoli incidenti. In particolare, la campagna è intesa ad informare i cittadini, spiegare come riconoscere queste specie e monitorare la loro presenza e distribuzione nelle acque italiane, grazie anche alle segnalazioni di pescatori e subacquei.

Conosciamoli meglio:

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pesce palla maculato – Lagocephalus sceleratus – autore Rickard Zerpe Silver puffer (Lagocephalus sceleratus) (48272090586).jpg – Wikimedia Commons

Il pesce palla maculato – Lagocephalus sceleratus, ormai frequente nelle acque di Israele, Turchia meridionale ed isole di Rodi e Creta. La sua presenza in Italia è stata registrata per la prima volta nel 2013 nell’isola di Lampedusa; poco dopo un esemplare è stato pescato nella parte sudorientale della Sicilia e nel canale di Sicilia e nel mar Adriatico. Il pesce vive in acque aperte nei pressi di fondi scogliosi, anche molto vicino alla riva, ma è stato pescato fino a 250 metri di profondità. Appartenente alla famiglia dei Tetraodontidae (pesci palla), chiamati così per il loro “becco” formato da quattro larghi denti fusi, adatto a rompere conchiglie, crostacei e persino rametti di corallo con la quale può infliggere morsi dolorosi.

Misura fino a 40 cm ed è caratterizzato dalla presenza di macchie scure sul dorso grigio-argenteo. La specie possiede una potente neurotossina (tetrodossina) la stessa dei pesci scatola e del polpo ad anelli blu) che lo rende altamente tossico al consumo, anche dopo la cottura. La Tetrodotossina è cento volte più tossica rispetto al cianuro di potassio e bastano 25 milligrammi per uccidere una persona una persona di 75 kg. La pelle e gli organi (soprattutto il fegato) del pesce palla possono contenere livelli di tetrodotossina sufficienti a produrre la  paralisi del diaframma e morte a causa di insufficienza respiratoria. Se la tetrodotossina viene accidentalmente assunta consumando il pesce, la terapia tipica consiste nella lavanda gastrica e somministrazione di carbone attivo che può legare la tossina. Sottolineo che gli esiti sono legati alla quantità assunta. La prima segnalazione di questo tipo di avvelenamento risale al diario di bordo di Cook che riportò l’avvelenamento di alcuni suoi marinai che avevano mangiato il pesce.

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pesce scorpione – Pterois miles – autore Brian Gratwicke Lionfish (Pterois volitans).jpg – Wikimedia Commons

Il pesce scorpione – Pterois miles, è stato segnalato per la prima volta in Italia nel 2016 ed è una tra le specie più invasive al mondo, provenienti dal Mar Rosso e dall’Indo Pacifico. Viene spesso confuso con lo Pterois volitans perché fisicamente molto simile: ha un corpo tozzo, con testa prominente e occhi sporgenti, sopra a ognuno dei quali è presente un’escrescenza simile a un piccolo corno. Le pinne presentano raggi molto lunghi, uniti tra loro da lembi di pelle. La livrea è bianca striata di rosso mattone-bruno, sul corpo e sulle pinne. E’ molto curios e tende ad avvicinarsi ai subacquei. Tra i pesci scorpioni è il più pericoloso ed il suo veleno è mortale. Come tutti i pesci scorpione è commestibile ma bisogna fare attenzione alle spine, che possono causare punture molto dolorose anche 48 ore dopo la morte dell’animale.

Non ultime due specie diverse di pesce coniglio, Il pesce coniglio scuro, Siganus luridus ed il pesce coniglio striato – Siganus rivulatus. Segnalate in Italia per la prima volta rispettivamente nel 2003 e nel 2015. Sono specie erbivore particolarmente invasive, ed entrambe commestibili ma bisogna fare attenzione alle spine che possono causare punture dolorose anche dopo la morte dell’animale.

Questi pesci hanno una sagoma ovale ed un corpo compresso lateralmente. La bocca è piccola ma con labbra evidenti. Il muso è ottuso e rivolto in basso ed ha una dentatura importante. La sua pinna dorsale con una lunga parte anteriore a raggi spinosi acuti (di cui il primo brevissimo, rivolto anteriormente), e una più breve posteriore a raggi molli. Anche la pinna anale ha da 8 a 10 raggi spinosi seguiti da raggi molli. I margini posteriori della pinna dorsale e della pinna anale sono rotondeggianti. La colorazione è variabile anche su base geografica, in genere piuttosto uniforme, bruna o verdastra con del giallo sulle pinne. La livrea notturna è marmorizzata

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Pesce coniglio, Sigano nebuloso (Siganus luridus) – autore Diego Delso Sigano nebuloso (Siganus luridus), mar Rojo, Egipto, 2023-04-18, DD 155.jpg – Wikimedia Commons

Arriviamo ora alla campagna: ISPRA ed il CNR-IRBIM invitano tutti i pescatori, i subacquei e chiunque abbia osservato o catturato una di queste specie in acque italiane, a documentare con foto/video ed inviare la propria osservazione tramite WhatsApp al numero di telefono + 320 4365210 o postarla sul gruppo Facebook Oddfish – https://www.facebook.com/groups/1714585748824288/ utilizzando l’hashtag: #Attenti4

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Per la sua importanza si invitano tutti i lettori a prestare molta attenzione e segnalare quanto richiesto agli organizzatori. Avere un’idea della presenza delle specie potrà portare ad un controllo della loro diffusione. Si pensi solo che nei Caraibi sono stati dati premi di cattura per i pesci scorpione al fine di ridurre l’impatto sulle barriere coralline.

 

 

 

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