ARGOMENTO: STORIA
PERIODO: DA XX SECOLO AD OGGI
AREA: EUROPA
parole chiave: pinne, Leonardo da Vinci, Benjamin Franklin, Cressi, Wolk
disegno delle pinne dell’uomo acquatico di Leonardo da Vinci
I subacquei si servono di strane “calzature” che hanno lo scopo di favorire il loro movimento in acqua. Sono diventate di uso comune ma non tutti sanno che hanno una storia di oltre cinquecento anni fatta di osservazioni, prove, sviluppi tecnologici e grande creatività.
Quando nacquero le prime pinne?
Storicamente bisogna risalire alla fine del quattrocento, quando uno dei più grandi geni dell’Umanità, Leonardo da Vinci, osservando il moto e la struttura anatomica degli anfibi disegnò un uomo acquatico ad uso bellico dotato di pinne artificiali, guanti palmati, un tubo respiratore ed un attrezzatura speciale per le immersioni. La sua respirazione era assicurata da una presa d’aria galleggiante, affiorante dall’acqua. Non sappiamo se fu mai realizzato o rimase una sua fantasia ma gli straordinari disegni di questo uomo aquatico ci lasciano ancora oggi sbalorditi.
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Qualche secolo dopo, nel 1679, Padre Giovanni Alfonso Borelli, un eclettico matematico, astronomo, fisico e fisiologo, ideò forse il primo “apparecchio di immersione individuale” della storia. Sfruttando le esperienze di Galilei, Pascal, Torricelli, Boyle e Guericke sulla pressione atmosferica e sulla elasticità dell’aria, Borelli nella sua opera “De Motu Animalium”, ed in particolare nel capitolo “De natatu”, descrisse una “macchina con la quale gli uomini immersi nell’acqua possono respirare e vivere per parecchie ore”. Il suo subacqueo, protetto da una muta di pelle caprina, indossava un otre pieno di aria compressa come riserva d’aria ed un equilibratore, con un oblò di vetro per poter guardare intorno a sé, una zavorra di piombo; inoltre utilizzava delle strane pinne ai piedi per muoversi nell’acqua “non alla maniera dei gamberi ma col remigare delle palme delle mani e dei piedi”, in modo tale da poter “nuotare nell’acqua alla maniera delle rane”. La sua curiosa opera fu pubblicata postuma.
Sebbene l’interesse verso le profondità del mare non diminuì bisogna arrivare a Benjamin Franklin, inventore statunitense famoso per l’invenzione del parafulmine, del contachilometri e delle lenti bifocali, con le sue curiose pinne da palmo e da piedi. Da ragazzo, Benjamin Franklin viveva a Boston, Massachusetts, vicino al fiume Charles; si racconta che osservando gli oggetti scorrere sul fiume e le forme delle pinne dei pesci e degli anfibi, ebbe l’idea di utilizzare dei sottili pezzi di legno, simili alle tavolozze di un pittore, per aumentare la superficie di contatto con il fluido e, generare una spinta maggiore, muovendosi più velocemente nell’acqua. L’idea non fu dimenticata e dall’altra parte dell’oceano, all’inizio del diciannovesimo secolo, un capitano di corvetta della marina francese, Louis de Corlieu, sperimentò nel 1909, un primo modello di pinne simile a quello ideato da Franklin ma adattato per le braccia.
Era un nuovo secolo e nuovi materiali si rendevano sempre più disponibili, tanto da ripescare idee un tempo solo fantasticate. La difficoltà di coordinare il loro movimento con le braccia ed il loro scarso rendimento fece nuovamente accantonare l’idea, almeno fino al 1914 quando de Corlieu fece una dimostrazione pratica del suo primo prototipo di pinne ad un gruppo di ufficiali di marina. Tra di essi vi era anche un certo Yves le Prieur che, nel 1926, inventò il primo modello di apparecchiatura subacquea.
de Corlieu era certamente dotato di vivida immaginazione ma aveva avuto anche la fortuna di servire nei territori d’oltre mare, in Polinesia francese, e si era ispirato alle pinne fabbricate con foglie dai pescatori polinesiani. L’attenzione verso quegli strani strumenti, lo convinse a lasciare il servizio attivo nel 1924 per dedicarsi pienamente allo sviluppo della sua invenzione. Nell’aprile del 1933 ne registrò il brevetto (numero 767013) che comprendeva, oltre alle due pinne per i piedi, anche due pinne a forma di cucchiaio per le mani. L’invenzione fu chiamata “apparecchio propulsore per il nuoto ed il salvataggio”. Queste prime pinne furono realizzate con un caucciù naturale, elaborato secondo il brevetto del signor Goodyear (si proprio lui, quello della fabbrica di pneumatici per auto) e vennero proposte sia alla Marina Nationale Francese, nel 1934, che all’Ammiragliato Britannico nel 1935. Ancora una volta l’attenzione fu minimale. D’altronde erano non utilizzabili per i palombari e non esistevano ancora sistemi scuba. Nel 1937 presentò anche un modello monopinna chiamato Delfino che al contrario ebbe un discreto successo. Dopo aver prodotto le sue pinne nel proprio appartamento a Parigi, De Corlieu, ne iniziò una produzione di “massa” in Francia nel 1939 a seguito della vendita della licenza ad un americano, Owen Churchill, per la loro produzione negli Stati Uniti. Per vendere le sue alette negli USA, Owen Churchill cambiò il lungo nome francese di De Corlieu con quello di “swimfin“, che è ancora oggi il nome delle pinne in inglese.
Le pinne di Churchill
Churchill mostrò le sue pinne alla marina statunitense che decise di acquisirle per i nascenti l’Underwater Demolition (UDT).
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Siamo nel 1943, quando nacquero i primi SEAL sulla base degli Scout e raiders anfibi, costituiti nell’agosto del 1942 per le attività anfibie di ricognizione e commando in Europa e nel Pacifico del Sud; l’unità di demolizione di combattimento navale (NCDU), creata nel giugno del 1943 ed addestrata per le operazioni di smistamento delle acque sulla spiaggia in Normandia e nel sud della Francia, si basava in gran parte sulle esperienze maturate nella base di addestramento anfibio di Fort Pierce, Florida.
Gli UDT americani e britannici dei COPP (Pilotage Combined Operations) utilizzarono le “pinne di Churchill” durante le faticose e pericolose attività di neutralizzazione e bonifica delle mine tedesche, consentendo, nel 1944, le operazioni di sbarco in Normandia.
Il primo gruppo di pinne di Owen Churchill, inviato dagli USA al Regno Unito, non arrivò mai a destinazione, grazie ad un siluro di un U-boat tedesco nell’Atlantico, ma il secondo lotto fu riprodotto dalla Dunlop Special Products. Nell’ultima metà degli anni ’50, Dunlop, grazie alla Dunlop Sports Company, sviluppò la gamma Aquafort di attrezzature subacquee per subacquei ricreativi e professionali. Al centro della gamma vi erano le mute stagne prodotte della società, una maschera, un boccaglio ed una serie di pinne per completare il set.
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La loro caratteristica distintiva era una grande corrugazione in mezzo alla lama. Queste pinne erano realizzate con cinghie regolabili e venivano descritte in un catalogo di attrezzature per immersioni contemporanee come “a lama doppia curva in gomma nera estremamente flessibile con tacco regolabile“.
Anche Siebe-Gorman sviluppò nel periodo un modello simile che venne chiamato “EsSGee“. Un modello tanto simile da chiedersi se l’etichetta di gomma visibile sulle pinne era per indicare che le pinne erano state riprodotte da Siebe-Gorman, poiché Dunlop aveva cessato la produzione della gamma Aquafort. Interessante fu che in seguito furono realizzate pinne praticamente identiche, le Barrakuda con lo stesso design asimmetrico delle Dunlop. Forse Dunlop concesse il progetto in licenza a Barrakuda allo stesso modo in cui Cressi permise che le Rondine, di cui parleremo in seguito, venissero copiate in tutto il mondo, mantenendo il disegno caratteristico della “rondine” sul dorso.
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Vanno menzionate le pinne Webbys, realizzate nel 1950, che furono progettate da un ex sommozzatore statunitense, Hal Messinger, per la società Healthways Hollywood (ditta che divenne poi la nota ScubaPro nel 1963). Healthways fu una delle cinque prime società di attrezzature per immersioni negli Stati Uniti. Le pinne erano piuttosto corte, realizzate in gomma verde con cinghia a tacco, e riportavano un logo con un delfino ed il nome Webby all’interno della forma dei delfini in cima alla pinna. In seguito fu prodotta una versione molto simile alla pinna chiamata “Web-Feet”, la cui calzata era leggermente più morbida e forse più confortevole a causa dell’effetto flessibile di calcio. Certamente la corta pala non poteva offrire una grande potenza ma dobbiamo considerare quale era il loro impiego in quegli anni.
In seguito furono realizzate le “waterdog” in cui la forma delle pinne cominciò ad assumere il tipico stile “fan-blade” delle pinne moderne. Queste pinne possono essere considerate dei prototipi moderni ed avevano una cinghia a tallone regolabile, che consentiva il loro utilizzo anche a persone con misure di piede diverse.
le curiose pinne “Web-Feet”
e le “Water dogs”
E in Italia?
I primi subacquei militari al mondo ad usare le pinne in azioni belliche offensive durante la seconda guerra mondiale furono proprio gli italiani.
1953 operatore gamma – foto di famiglia
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La Regia Marina Militare Italiana, intuendo per prima le possibilità operative che le pinne potevano offrire, le adottò per i propri sommozzatori Gamma appartenenti alla X MAS.
le pinnette dei gamma ideate da Wolk
II primi operatori Gamma incominciarono a sviluppare quel metodo di attacco subacqueo che fece storia verso la fine dell’aprile 1939 nei dintorni della foce del fiume Serchio, in Toscana. Il loro comandante, il tenente di vascello Eugenio “Lupo” Wolk, negli anni ’40 introdusse per primo l’uso di pinne per le mani e per i piedi, che furono considerate, a similitudine delle altre apparecchiature che stavano sperimentando a Bocca del Serchio, delle armi segrete. Fra questi uomini straordinari vi era anche Luigi Ferraro che compì, durante la Seconda Guerra Mondiale, imprese straordinarie che gli valsero la Medaglia d’Oro al Valor Militare. A lui va il merito di aver sviluppato dopo la guerra attrezzature subacquee per la subacquea ricreativa fino ad allora di uso solo militare.
.Fu Luigi Ferraro, in collaborazione con la ditta italiana Cressi-sub, a progettare nel 1948 la prima pinna commerciale. Negli anni ’50 nacquero modelli di pinne molto diverse da quelle che oggi conosciamo e non era infatti raro trovare alcune variazioni personali, veri e propri adattamenti alle proprie esigenze che venivano realizzati in maniera artigianale. Per quanto queste pinne consentissero una buona capacità di movimento, dal punto di vista del nuoto, erano ancora poco efficienti. Oggi le potremmo definire come corte, scomode, faticose da usare e spesso anche dolorose per il collo del piede. Partendo dalle sue esperienze in campo militare, Ferraro sviluppò uno schema teorico di funzionamento che fu pubblicato nel 1950 su “Mondo Subacqueo”, primo esempio mondiale di rivista del settore subacqueo, edito in un numero unico ed oggi un pezzo da collezione.
Nel 1952, dopo pazienti studi, calcoli, e prototipi, nacque finalmente la Rondine che rappresentò per Ferraro il successo mondiale nel campo delle attrezzature subacquee. Ciò che le rese famose fu la soluzione adottata per la calzata: una vera e propria scarpetta in gomma morbida che alloggiava tutto il piede facendo del piede e della pinna un tutt’uno. Una loro caratteristica distintiva era il contorno in rilievo della rondine sulle lame. Va sottolineato che tutte le pinne odierne a scarpetta derivano dai principi ergonomici studiati per la Rondine, la prima pinna moderna che divenne esempio per tantissimi costruttori intorno al mondo.
A Ferraro va attribuita anche l’invenzione, nel 1963, di un’altra pinna, decisamente innovativa, la Caravelle che fu realizzata dalla Technisub. Questa pinna aveva due caratteristiche che la distinsero da tutte le pinne esistenti: era composta da una scarpetta ed una pala stampate in materiali diversi che erano separate fra loro. La scarpetta era in gomma nera, all’epoca l’unico materiale con cui venivano prodotte le pinne, mentre la pala era stampata in Polipropilene. Essendo separate, esse potevano essere agevolmente smontate e rimontate a mano e la scarpetta poteva essere utilizzata come scarpa protettiva per camminare sugli scogli o sulla sabbia.
modello Technisub originale Caravelle … smontato
La Caravelle forniva ottime prestazioni grazie alla leggerezza ed elasticità della sua pala. Jacques-Yves Cousteau ne fu così entusiasta che descrisse Ferraro come “the best fin designer in the world“.
Da allora è iniziato un lungo e mai terminato viaggio, che ci offre ogni anno pinne sempre più sofisticate ed efficienti per le nostre immersioni ma vale la pena conoscere la storia di quei piccoli e scomodi modelli che col tempo cambiarono il modo di nuotare sott’acqua.
Andrea Mucedola
credito immagini HDS, Cressi, Technisub, Marina militare, foto di famiglia
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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