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livello elementare
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ARGOMENTO: RECENSIONE
PERIODO: XIX SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Moby Dick, Melville
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Moby Dick o The Whale, è forse tra i romanzi più famosi. Lo abbiamo letto in giovinezza e, come tutti i libri, si assapora in maniera diversa negli anni. In realtà il libro, come tanti capolavori, fu scritto per un pubblico adulto. Non a caso la sua drammaticità lo ha reso adatto a spettacoli teatrali incernierata sui vari personaggi ma soprattutto su di lui, il Capitano Achab. Chi non ricorda il film di John Huston, interpretato magistralmente da Gregory Peck e la sua maledizione «Dal cuore dell’Inferno, io ti trafiggo! In nome dell’odio, sputo il mio ultimo respiro su di te, o’ maledetta bestia!» gridata prima di lanciare l’arpione e sprofondare con lei negli abissi?
Herman Melville nacque a New York, nel 1819, agli inizi del secolo XIX. Romanziere e poeta statunitense, si colloca in primo piano nella narrativa dell’Ottocento. A causa della morte del padre, Melville dovette interrompere gli studi all’accademia di Albany. Le condizioni economiche precarie lo obbligarono ad imbarcarsi su una nave mercantile diretta a Liverpool. Tornato in America, nel 1841, si arruolò sulla baleniera Acushnet (la Pequod di Moby Dick), diretta verso i mari del Sud. La vita a bordo era dura ma gli lasciò un segno indelebile che lo accompagnò tutta la vita. Melville sbarcò l’anno seguente a Nakuhiva nelle isole Marchesi per poi arruolarsi nuovamente ad Honolulu su una nave da guerra; una nuova esperienza che descrisse nel suo romanzo White Jacket. In quei primi anni di carriera letteraria, scrisse una serie di romanzi che raccontavano il mondo dei mari del Sud. In essi veniva raccontata la cultura complessa e raffinata di quei popoli orientali, descritta e raffrontata a quella bianca. Non si trattava di disegnare i buoni selvaggi ma di raccontare in quei personaggi le caratteristiche psicologiche dei veri personaggi che aveva incontrato nei suoi lunghi viaggi per mare.
In questi primi romanzi Melville maturò le modalità delle proprie tecniche narrative, con una descrizione attenta dei personaggi. L’autore li rende talmente reali che spesso sembrano materializzarsi nella lettura, mostrandoci il confronto tra le diverse culture. Ad esempio in Redburn (1849; trad. it. La nave di vetro) e White Jacket (1850; Giacchetta bianca), due romanzi a sfondo autobiografico, Melville descrive con cognizione la vita di bordo e le situazioni di “normale” conflittualità che s’instaurano tra i diversi membri di un equipaggio.
Moby Dick
Il tema del microcosmo nave viene ripreso in maniera molto più complessa nella sua opera maggiore, Moby Dick (1851), in cui la “caccia alla balena” da l’occasione di affrontare i diversi comportamenti degli individui nell’eterna lotta tra il bene e il male. Non tutti sanno che la storia di Moby Dick fu ispirata ad un evento realmente accaduto, l’affondamento della baleniera Essex da parte di una gigantesca balena e l’odissea ai confini della pazzia e della sopravvivenza, del bene e del male, dei sopravvissuti.
La domanda, che ci poniamo al termine del romanzo, è chi rappresenti veramente il male: il capodoglio Moby Dick, che uccide per difendere la sua vita, o il Capitano Achab che si ostina a cacciarla fino alla sua morte per vendicarsi di avergli strappato una gamba? In realtà entrambi, facce diverse del male che attanaglia l’essere umano.
Trama
Un giovane di nome Ishmael decide di arruolarsi come marinaio per un viaggio su una baleniera. In cerca di un imbarco a Nantucket incontra Queequeg, un marinaio originario delle isole del Sud, decisamente particolare, che era stato impiegato come ramponiere nel suo ultimo imbarco proprio sulle baleniere. Ishmael e Queequeg diventano presto amici e si imbarcano sul Pequod, che sta per iniziare una spedizione di tre anni a caccia di balene. A bordo del Pequod, Ishmael incontra altri marinai, Starbuck (il suo nome fu adottato in seguito da una famosa casa di caffè statunitense), il gioioso Stubb e il fiero Flask ed altri lanciatori di arpione, Tashtego e Daggoo. Con loro apprende i segreti della vita in mare e della caccia a questi mammiferi. Ma il personaggio più misterioso sulla nave rimane il suo comandante, il capitano Achab. Egli vive appartato nella sua cabina e non si presenta mai davanti all’equipaggio se non nella caccia. Le avventure si susseguono non senza inconvenienti. La lancia di Ismaele si capovolge attaccata da una balena, ma gli occupanti scampano al naufragio.
Tempo dopo la nave incontra un calamaro gigante, che viene scambiato per una balena. La caccia successiva è più fortunata e vengono uccise diverse altre balene. Nel corso del primo anno, la nave attraversa l’Atlantico, doppia la punta meridionale dell’Africa, attraversa l’Oceano Indiano, navigando tra le isole dell’Asia sudorientale, nel Mare del Giappone e infine all’equatore nell’Oceano Pacifico. Ishmael ci racconta la vita di bordo e ci regala molte informazioni sulle balene, l’industria della pesca e sulla vita in mare, frutto dell’esperienza maturata durante gli imbarchi che Melville aveva fatto in gioventù.
Nonostante le preoccupazioni di Starbuck e varie vicissitudini, il Pequod continua il suo viaggio. Queequeg è preso da forti febbri e si fa costruire una bara a forma di canoa, credendo di essere giunto alla fine della sua vita. Ma Queequeg guarisce e la bara-canoa diventa «una bara come gavitello di salvataggio!» come esclama il carpentiere di bordo, senza sapere che lo diventerà veramente. Incontra diverse imbarcazioni alle quali chiede informazioni su Moby Dick, la famigerata balena bianca (in realtà un capodoglio) ed apprende che molte hanno avuto marinai uccisi nello scontro con il cetaceo. Un giorno il Pequod incontra un’altra baleniera, la “Rachele”, che lo informa di averlo avvistato nelle vicinanze.
Inizia così una caccia spietata che dura tre giorni, durante i quali sono frequenti i litigi tra comandante e ufficiali di bordo. Le lance sono calate più volte nel tentativo di avvicinarsi alla grande balena e, ben presto, si comprende che non si tratta di una normale caccia ma del duello tra il capitano Achab e Moby Dick, che gli aveva strappato la gamba in passato. Un duello che termina tragicamente con l’affondamento del Pequod con tutto il suo equipaggio attaccato dal grande cetaceo. L’unico a salvarsi sarà proprio Ismaele che si aggrappa alla bara-canoa di Queequeg prima di essere messo in salvo dalla Rachele. Spettacolare, la descrizione finale del libro in cui, mentre la nave sta affondando, Achab lancia il suo arpione contro Moby Dick e lo maledice. La sua ira e l’odio insensato contro la balena bianca lo farà trascinare negli abissi, legato alla cima del suo stesso arpione.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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