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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVIII SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: ammutinamento, mutiny, Royal Navy
Nel 1796 la Gran Bretagna era in guerra contro la Francia rivoluzionaria già da tre anni quando, con il secondo Trattato di Sant’Ildefonso firmato il 19 agosto, la Spagna di Carlo IV di Borbone stipulò un trattato di pace con i Francesi che la portava ad abbandonare la Prima Coalizione e a schierarsi in armi con la Repubblica contro gli alleati di un tempo. Un simile rovesciamento di alleanze avrebbe avuto conseguenze rilevanti nel rischieramento delle unità della Royal Navy: fra queste la fregata di quinto rango da 32 cannoni HMS Hermione, di stanza nelle Indie Occidentali sin dal 1793.
Nel febbraio del 1797, pochi mesi dopo lo scoppio delle ostilità con la Spagna, al comando del nuovo capitano Hugh Pigot, la nave ricevette l’ordine di incrociare il canale della Mona fra Puerto Rico e l’estrema punta orientale (Punta Cana) dell’attuale Repubblica Dominicana a caccia di bastimenti corsari e del traffico mercantile spagnolo. Certo non immaginava che la missione dell’Hermione sarebbe durata soltanto sette mesi, poiché il 22 settembre la fregata sarebbe stata travolta dal più grave ammutinamento mai verificatosi a bordo di una singola unità negli annali della Royal Navy.
All’epoca dei fatti il buon ordine a bordo delle navi della marina britannica, la Royal Navy, si reggeva ancora essenzialmente sugli Articles of War promulgati nel 1661 ed emendati dalle leggi promulgate nel 1749 e nel 1779. Esse concorrevano nel complesso a delineare una disciplina brutale che prevedeva la condanna a morte o l’irrogazione di severe pene corporali per un vasto assortimento di reati o di negligenze nell’esercizio dei propri doveri. Va tuttavia sottolineato che, in mare, tale brutalità non era poi molto differente da quella dei sistemi di repressione penale tipici degli stati di antico regime; in generale i marinai potevano persino giungere a prediligere il servizio fra i ranghi della Royal Navy, in cui leggi certe ponevano pur sempre un limite alla brutalità dei singoli comandanti rispetto all’arbitrio vigente a bordo della marina mercantile, ove gli equipaggi erano totalmente alla mercé della tirannia (se non dell’autentico sadismo) dei singoli capitani.
Nel caso della Royal Navy stava poi ai singoli comandanti il saper dosare con intelligenza l’applicazione degli Articles of War in relazione alle circostanze operative, stante la loro ben famosa durezza: ufficiali intelligenti potevano anche accattivarsi la popolarità e la fedeltà della ciurma, mentre comandanti inflessibili potevano rendere un inferno la vita dei loro uomini ben sapendo di avere le spalle coperte dalla severità dei regolamenti e dalla solidarietà dei loro pari grado.
A tal riguardo si può citare il caso del Capitano Eliab Harvey, che nei sedici mesi (1800-01) in cui tenne il comando del 74 cannoni HMS Triumph condannò alla fustigazione 433 uomini dell’equipaggio, per una media di quasi un uomo al giorno; Harvey non costituiva un esempio isolato ma sarebbe stato in seguito destinato ad una brillante carriera.
Durante la battaglia di Trafalgar, il 21 ottobre 1805, l’HMS Temeraire, la nave comandata da Harvey, seconda nave della divisione di Nelson, fu la nave più veloce della flotta britannica, più manovriera della HMS Victory, nave ammiraglia di Nelson. Di conseguenza, il HMS Temeraire superò il Victory quando la divisione attaccò la flotta franco-spagnola. Si racconta che Nelson richiamò Harvey dicendo: “I will thank you Captain Harvey, to keep your proper station which is astern of the Victory“. Altri tempi. |
Comandanti sadici e squilibrati, per contro, potevano anche spingere i propri equipaggi sino al punto di rottura con drammatiche conseguenze e questo è il caso del capitano Hugh Pigot, al comando dell’HMS Hermione all’epoca dell’ammutinamento. Figlio dell’omonimo ammiraglio e membro del Parlamento, e pertanto beneficiante di aderenze negli alti circoli della marina, Pigot era un ufficiale dalle dubbie capacità di giudizio: per ben due volte bastimenti posti ai suoi ordini erano stati coinvolti in sinistri marittimi e nel 1795, a seguito dell’ultimo incidente, egli era stato costretto a lasciare il comando della fregata da 32 cannoni HMS Success assunto meno di un anno prima.
Il 1 luglio 1795 il Success era di scorta ad un convoglio al largo di Port-au-Prince quando venne investita alla murata di dritta dal mercantile statunitense Mercury. Pigot, che al momento dello schianto dormiva nella sua cabina, una volta salito in coperta ordinò all’equipaggio di districare la fregata impigliatasi nelle sartie del bastimento statunitense; tuttavia, ritenendo che gli uomini della Mercury non stessero cooperando come dovuto, intimò al proprio nostromo di acciuffarne il Capitano, William Jesup che, portato a bordo della Success, venne prontamente fustigato.
Ne seguì, come si può ben immaginare, un grave incidente diplomatico fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ma Pigot, sebbene sottoposto a corte marziale, se la cavò a buon mercato presentando le proprie scuse. Il 10 febbraio 1797, grazie ai buoni uffici dell’ammiraglio sir Hyde Parker allora a capo della Jamaica Station, per compensare Pigot per lo smacco subito gli fu assegnata l’Hermione.
Nel corso del nuovo comando Pigot tornò a dare ampie dimostrazioni del comportamento sadico e disturbato che già lo aveva contraddistinto. Una settimana prima dell’ammutinamento, ad esempio, egli punì uno dei propri ufficiali con singolare ferocia. Resosi conto che, durante la legatura di una delle vele, una manovra non era stata assicurata come opportuno, egli ne chiese conto al guardiamarina David O’Brien Casey in quell’occasione a capo delle operazioni. Questi presentò le proprie scuse ma Pigot volle che Casey gli chiedesse perdono in ginocchio.
Si trattava di un’umiliazione del tutto inaccettabile per un ufficiale, e quando il guardiamarina rifiutò di assoggettarvisi il capitano lo condannò a ricevere dodici frustate (flogging tied to the grating), altra pena incompatibile con la dignità di un ufficiale, e ad una ingiusta degradazione.
In seguito i superstiti, nel corso di tutto l’affaire riguardante Casey, testimoniarono che Pigot aveva imprecato nel modo più volgare e sconveniente in preda ad un evidente stato di ebbrezza, forse indice di un problema di alcolismo che ne aggravava la condotta già erratica. L’iniqua punizione inflitta ad un ufficiale popolare come Casey dovette avere un ruolo determinante nel susseguente scoppio dell’ammutinamento ma la proverbiale ultima goccia fu rappresentata da un episodio ancora più efferato. L’equipaggio dell’Hermione era reduce da un intenso ciclo di operazioni. Il 22 marzo l’equipaggio, a bordo delle lance, aveva assaltato all’arma bianca – catturandoli – tre bastimenti corsari francesi che avevano dato fondo al riparo di una batteria costiera presso Puerto Rico. Il 3 settembre la fregata aveva infine catturato, di concerto con l’HMS Diligence e l’HMS Renommee, un corsaro spagnolo. Il 20 settembre la nave incrociava al largo di Santo Domingo quando venne investita da una forte raffica di vento. Pigot ordinò ai marinai di terzarolare la contromezzana e promise che l’ultimo uomo a raggiungere il pennone sarebbe stato fustigato: consapevoli che quelle di Pigot non erano solo vuote minacce gli uomini si affrettarono ad arrampicarsi sino al pennone di contromezzana, ma nella fretta di non cadere vittime del suo sadismo tre uomini mancarono la presa, schiantandosi sul ponte di coperta e morendo sul colpo.
Pigot ordinò sprezzante di gettarne fuori bordo i cadaveri (secondo alcuni testimoni egli ingiuriò i morti chiamandoli lubbers, cioè marinai d’acqua dolce); quindi intimò a due aiuto nostromo di rimettere al lavoro l’equipaggio, che era ancora paralizzato dallo sbigottimento, a suon di frustate. La sera del 21 o del 22 (le testimonianze al riguardo sono discordanti) scoppiò l’ammutinamento: circa trenta uomini capeggiati dai marinai Crawley e Forrester, divisi in tre gruppi, diedero l’assalto ai quartieri di poppa spacciando per primo il capitano Pigot; questi venne finito nella propria cabina a colpi di pugnale e di sciabola per poi essere gettato in mare da una delle finestre della galleria di poppa.
Il primo tenente Reed, sorpreso sul cassero, venne scaraventato in mare ancora vivo; fu quindi la volta del terzo tenente Foreshaw, colpito alla testa e gettato fuoribordo. Lo avrebbero seguito a breve, nell’ordine, il secondo tenente Douglas ed il guardiamarina Smith; il solo Douglas, secondo la testimonianza del sergente dei Marines John Place, aveva il corpo crivellato da almeno venti ferite infertegli con tomahawk, asce e picche da abbordaggio. Il resto degli ufficiali superstiti venne posto agli arresti sotto coperta mentre gli ammutinati istituivano una sorta di tribunale improvvisato per giudicarne le azioni; uno ad uno i prigionieri vennero quindi ricondotti in coperta e gli eventuali crimini dibattuti, portando ad altre sei esecuzioni. Il tenente dei Marines McIntosh, già malato di febbre gialla ed in stato di incoscienza, in tale occasione venne gettato in mare ancora vivo.
Gli ammutinati condussero quindi l’Hermione nel porto di La Guaira (odierno Venezuela) e consegnarono la fregata alle locali autorità spagnole, che per ricompensa pagarono a ciascun membro dell’equipaggio 25 reales, immettendo l’Hermione in servizio nell’Armada col nuovo nome di Santa Cecilia.
La ricattura da parte della Marina Inglese
La punizione degli ammutinati e la ricattura della nave divennero ovviamente un punto d’onore per la Royal Navy che non lesinò sforzi in tal senso. Negli anni successivi trentatre degli ammutinati vennero catturati e processati, e venticinque impiccati: fra questi David Forrester che era tornato ad arruolarsi nella Royal Navy servendo con onore per cinque anni a bordo di uno sloop prima di essere riconosciuto, a Portsmouth, da uno dei suoi ex compagni.
Quanto all’Hermione, ormai spagnola Santa Cecilia, il 25 ottobre 1799 venne sorpresa nella rada di Puerto Cabello dalla fregata HMS Surprise al comando del capitano Edward Hamilton. Guidate da Hamilton, le squadre d’abbordaggio della Surprise si imbarcarono nottetempo sulle lance e diedero l’assalto al legno spagnolo, nonostante quest’ultimo avesse dato fondo al riparo dei 200 cannoni delle batterie del porto e l’avvicinamento delle lance fosse stato scoperto da due cannoniere di picchetto. Al termine di una furibonda mischia, che miracolosamente costò agli inglesi solo undici feriti e nessun morto, il cavo di ormeggio della Cecilia venne infine tagliato e la fregata catturata; gli Spagnoli, per contro, lamentarono perdite particolarmente pesanti pari a 119 morti e ben 231 prigionieri. Con questo successo eclatante la Royal Navy chiudeva i conti con l’HMS Hermione e con l’ammutinamento più sanguinoso della sua storia. Il Capitano Edward Hamilton fu poi nominato cavaliere per il recupero della nave.
Marco Mostarda
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