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livello medio–
ARGOMENTO: SUBACQUEA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: modelli decompressivi
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Oggi Luca Cicali ci accompagna nei complessi modelli decompressivi, alla base del funzionamento dei nostri computer subacquei. Un soggetto non semplice da trattare che Cicali affronta con la consueta chiarezza e professionalità. Buona lettura.
Modelli decompressivi
Cuore pulsante di ogni computer subacqueo è l’algoritmo decompressivo utilizzato, (per la precisione implementato). Da esso dipende in sostanza il funzionamento del computer, o meglio, i criteri e le funzioni matematiche che esso applica per determinare istante per istante il profilo di risalita migliore durante una immersione. Algoritmi e modelli ce ne sono in grandi quantità e varianti, descritti generalmente tramite sigle un po’ criptiche, abbreviazioni o caratteristiche tecniche semisconosciute alla maggior parte degli utenti, ovvero noi sub.
Ma quale è la sostanziale differenza tra essi? E perché tante varianti se lo scopo del computer subacqueo è sempre lo stesso? E sappiamo a quale modello fa riferimento l’algoritmo utilizzano nel nostro computer? Sicuramente ci siamo già posti qualcuna delle domande appena elencate, e in questo breve articolo proviamo dare qualche risposta. La lettura non sarà certo in grado di farci diventare degli esperti nella modellizzazione di complessi fenomeni di fisiologia iperbarica, ma potrà consentirci probabilmente di trovare una linea guida, una mappa orientativa tra le tante sigle, abbreviazioni e caratteristiche in base alle quali sono classificati i veri modelli decompressivi sviluppati.
Per prima cosa delineiamo le caratteristiche di base di un modello decompressivo, per poi ragionare insieme sulle varianti a questo modello base che sono state sviluppate nel tempo, per coglierne le differenze sostanziali.
Per capirci … Un modello decompressivo non è altro che una schematizzazione estremamente sem-plificata che riproduce il funzionamento dell’organismo umano per ciò che riguarda l’assorbimento dell’inerte al variare della pressione ambiente. E’ quindi una macchina equivalente, generalmente un sistema virtuale meccanico-idraulico, il cui funzionamen-to approssima nel modo migliore possibile la dinamica di soluzione e rilascio del gas inerte nei tessuti del nostro organismo durante una immersione, al variare della profon-dità e del tempo di immersione.
Non è una invenzione recente, né legata all’avvento dell’informatica; fin dall’inizio del 900 il grande fisiologo scozzese Haldane, il padre della moderna teoria decompressiva, ricorse ad un primo modello matematico semplificato per generare le prime tabelle decompressive. Analogamente a quanto sviluppato dai primi scienziati, i moderni modelli decompressivi si sono evoluti grazie a molteplici varianti, migliorie, aggiustamenti e versioni di un modello di base comune, del quale conservano in molti casi la struttura fondamentale. Vediamo quindi che tipo di schematizzazione di fondo si è adottata, e come le nuove esigenze abbiano generato le varianti e modifiche che hanno dato luogo ai tanti modelli oggi esistenti.
Ogni modello decompressivo è naturalmente basato su una profonda semplificazione del fenomeno che cerca di rappresentare. Malgrado ciò, l’obiettivo della ricerca è quello di ottenere un sistema virtuale sufficientemente attendibile da garantire un alto tasso di sicurezza.
Ecco le basi del sistema
Per prima cosa occorre trovare un fenomeno fisico ben conosciuto che approssimi le modalità di soluzione dell’inerte contenuto nel gas respirato nei tessuti del corpo umano. Perciò si è assunto che i tessuti del corpo umano si comportino, per ciò che riguarda le dinamiche di assorbimento e il rilascio dei gas disciolti nel sangue con cui vengono a contatto, come dei liquidi che si trovano a contatto con un gas ad una certa pressione in un recipiente chiuso. E questa è una ipotesi sufficientemente verosimile.
Con questa semplificazione, le variazioni di pressione dell’aria respirata da un subacqueo sono assimilabili alle variazioni della pressione del gas a contatto con il liquido del modello. Quindi un tessuto del nostro organismo può essere schematizzato con un recipiente chiuso contenente un liquido, al di sopra del quale c’è un gas, portato alla pressione desiderata tramite un pistone mobile.
I tessuti dell’organismo non sono tutti uguali, poiché presentano proprietà diverse per quanto riguarda la velocità di assorbimento del gas inerte. Quindi essi sono raggruppati in categorie, chiamate compartimenti, rappresentati dai diversi recipienti chiusi con pistone del modello. Praticamente tutti i modelli sviluppati fanno ricorso a questa semplificazione, e sono quindi detti (modelli compartimentali).
Ogni compartimento è caratterizzato del proprio semiperiodo, una costante caratteristica che rappresenta il tempo che impiega la tensione di inerte a raddoppiare, (o dimezzare) il suo valore, a partire dall’inizio della fase di saturazione (o desaturazione, obbedendo alla legge esponenziale. I compartimenti con semiperiodo piccolo sono detti veloci, quelli con semiperiodo grande sono detti lenti.
I tessuti-compartimenti possono essere immaginati come sottoposti tutti contemporaneamente alla pressione del gas respirato, (Modelli a compartimenti in parallelo), oppure disposti in serie, ovvero uno dopo l’altro, con la conseguenza che solo il primo di essi è sottoposto direttamente alla pressione del gas, mentre gli altri ricevono il gas inerte dai compartimenti adiacenti (Modelli a compartimenti in serie). Oppure alcuni compartimenti sono posti in parallelo ed altri in serie.
Avendo modellizzato i tessuti-compartimenti come dei liquidi, è possibile calcolare le variazioni di inerte disciolto a seguito di variazioni istantanee di pressione tramite la famosa “legge esponenziale”. I modelli che obbediscono a tale legge sono pertanto Modelli esponenziali.
La caratteristica fondamentale della legge esponenziale è che il che il processo di crescita (o decrescita) dell’inerte rallenta via via che procede, e l’aumento (o diminuzione) dell’inerte disciolto in un particolare intervallo di tempo detto semiperiodo è sempre la metà di quello del semiperiodo precedente.
In alcuni modelli la legge esponenziale è considerata valida sia in fase di saturazione che di desaturazione, (Modello Esponenziale – Esponenziale, E-E), in altri invece soltanto in fase di saturazione, mentre durante la desaturazione la legge valida è considerata quella lineare, ovvero una retta, (Modello Esponenziale – Lineare, E-L). Ciò serve a tenere in considerazione, per maggiore conservatività, che la fase di desaturazione avviene più lentamente della saturazione, a causa di vari fenomeni complessi.
Come sappiamo, la tensione di inerte, che viene raggiunta in un certo istante in un tessuto dell’organismo, nella realtà fisiologica non è la stessa in ogni punto. I modelli che tengono conto di questo effetto sono detti Modelli a diffusione, ovvero nei quali l’inerte si diffonde anche per gradiente di concentrazione.
I modelli che trascurano questo effetto, ma cercano di tenerne conto comunque con modalità più approssimate, si chiamano Modelli a perfusione, e “ragionano” come se l’inerte raggiungesse istantaneamente in ogni istante lo stesso livello in ogni punto del tessuto.
Altri modelli ipotizzano che l’inerte sia presente nei tessuti in forma liquida, ovvero sia interamente disciolto (Modelli liquidi o a singola fase). Altri invece ammettono, più realisticamente, che l’inerte sia presente in minore percentuale anche in forma gassosa, (Modelli a bolle o a doppia fase).
In ogni modello esiste un particolare criterio per mettere in relazione la tensione stimata in un tessuto e la pressione ambiente, al fine di identificare le situazioni di rischio di malattia da decompressione.
In pratica si tratta di confrontare la pressione ambiente con la stima della tensione raggiunta facendone il rapporto, oppure la differenza, oppure confrontandole con valori prefissati, etc …
Tutti questi criteri sono di tipo on-off, ovvero forniscono teoricamente una situazione di sicurezza o insicurezza certa. Si tratta quindi di modelli deterministici, praticamente la quasi totalità dei modelli in circolazione.
Alcuni modelli includono una cosiddetta funzione di rischio, e sono quindi capaci di fornire dei criteri di sicurezza non più di tipo on-off ma caratterizzati dal livello teorico di rischio che l’adozione di un certo profilo di risalita comporta. Questi modelli sono detti Modelli probabilistici.
Per oggi ci fermiamo qui ma restate con noi, la prossima volta li analizzeremo nei dettagli e ne scopriremo delle belle.
fine parte I
Luca Cicali
in anteprima … photo credit andrea mucedola
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