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livello elementare
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ARGOMENTO: ARCHEOLOGIA
PERIODO: V – II MILLENNIO a.C.
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: popoli del mare
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Da dove venivano?
Secondo molti autori, i popoli del mare provenivano da una casta di mercenari che, all’occasione, si prestavano al servizio di potenti sovrani. Questo avvenne a Micene, ma anche nei Balcani ed in Egitto. Una delle teorie vuole che i Popoli del Mare non fossero dei marinai ma si fossero formati sui campi di battaglia.
L’epoca è l’età del bronzo e gli eserciti erano composti anche da stranieri, che oltre a combattere assicuravano la logistica, la protezione degli accampamenti, e il rastrellamento di cibo e foraggio. Intorno al XII secolo a.C., i mercenari realizzarono che avrebbero potuto facilmente avere la meglio dei loro talvolta rammolliti datori di lavoro. e si misero, per così dire, in proprio avendo la meglio dei pochi soldati rimasti a difendere il potere costituito. Le vecchie tattiche, basate sui carri, si dimostrarono presto insufficienti contro le masse di fanteria addestrate a uccidere i cavalli ed i pochi cavalieri. La loro forza risiedeva nel fatto che, non avendo un centro politico che potesse essere assediato e distrutto, erano liberi di muoversi sul territorio e sul mare attaccando i villaggi e depredandoli. Molti di loro erano stati marinai, avvezzi al mare, e avevano presto compreso che il saccheggio sulle rotte commerciali era più redditizio del commercio: un fatto che è sempre stato vero, dall’età del bronzo fino ai giorni nostri.
Questi fenomeni criminali erano favoriti dalle migrazioni legate ai cambiamenti climatici che avvenivano anche a quell’epoca. Periodi di siccità favorivano lo spostamento dei popoli verso aree più prospere, e il passaggio non era mai senza conseguenze.
Egitto
Nel XIV secolo a.C. il re di Alasiya chiese aiuto al faraone Echnaton nella lotta con i popoli del mare che avevano saccheggiato alcuni porti di Cipro. Anche Ribbadi, re di Biblo si è lamentò di quei misteriosi e feroci “invasori del nord”. Nel 1224 a.C, pirati “dal mezzo del mare” invasero l’Egitto durante il regno di Ramses II ma vennero sconfitti nella battaglia di Buto lungo il delta del Nilo.
Una vittoria che non fermò i popoli del mare che continuarono ad ostacolare il commercio marittimo mediterraneo. Verso il 1210 a.C. i popoli del mare interruppero le forniture alimentari dall’Egitto all’impero ittita in Anatolia, causando il blocco delle rotte di rifornimento e l’esaurimento delle riserve. Questo comportò il collasso dell’impero ittita, una delle grandi potenze militari dell’età del bronzo, in pochi decenni.
Alcune delle tribù che invasero il grande Impero ittita, si spinsero verso la Siria e la Cananea, scontrandosi con gli Egizi. Alcune iscrizioni egizie riportano che nel 1208 a.C. l’esercito del faraone Merenptah, nella battaglia di Sais sul delta del Nilo occidentale, sconfisse una coalizione di libici e popoli del mare. Il fatto ebbe un certo risalto al punto che nelle iscrizioni egizie vennero riportati alcuni degli alleati dei libici, chiamati Sherden, Shekelesh, Ekwesh, Lukka e Teresh.
Quei popoli del mare e le tribù libiche avevano attaccato il delta del Nilo da ovest con l’intento di catturare le città del Faiyum ma la superiorità militare egizia fu tale da fermare la loro avanzata. Avvenne però un fatto curioso: dopo essere stati sconfitti, alcuni dei guerrieri sopravvissuti al massacro furono arruolati con la forza nell’esercito egizio ed assegnati come coloni nel Delta occidentale. Essi divennero presto una società parallela, con una struttura militare, sempre basata sulla loro tradizione tribale, estranea alla cultura egiziana. Tale tradizione sosteneva che “i parenti sostengono i loro parenti“. In linea con questo principio, in breve tempo altri membri delle tribù li raggiunsero e si riversarono nel Delta.
Tre anni dopo, nell’ottavo anno del regno di Ramses III, ovvero intorno al 1176 a.C., secondo le iscrizioni dei rilievi del suo Tempio funerario a Medinet Habu, sulla riva sinistra del Nilo, i popoli del mare, rinforzati da questa migrazione, si ribellarono attaccando nuovamente la terra dei faraoni. Gli invasori arrivarono via terra e via mare, questa volta supportati dalle loro famiglie con l’intento di conquistare la terra egizia per rimanerci per sempre.
Sebbene le navi dei popoli del mare, da esperti marinai, avessero sfondato le linee della flotta del faraone, raggiungendo la costa egiziana, la battaglia decisiva fu però combattuta ancora una volta nel Delta. Gli invasori non trovando resistenza pensarono che l’esercito egizio fosse fuggito, e si avventurarono nel groviglio dei canali stretti e poco profondi del Nilo, cadendo così nella trappola del faraone.
Le migliori truppe egizie si erano di fatto schierate nei punti strategici del Delta mentre la flotta aveva bloccato gli estuari del Nilo. La fanteria e gli arcieri del faraone si nascosero in agguato tra le canne lungo le rive. All’improvviso, dai canneti spuntarono le navi egizie, leggere e perfette per navigare in quei canali che spinsero le barche dei popoli del mare verso le rive dove gli arcieri li stavano aspettando. Una pioggia di frecce cadde sulle navi degli invasori e i popoli del mare, ormai sopraffatti, furono spinti sulle rive dove vennero trucidati. Fu un vero massacro e si contarono oltre 12.000 morti.
Dopo quella battaglia la pace tornò nel regno di Ramses III ma solo per tre anni. Nell’undicesimo anno del suo regno una nuova coalizione di Libici e Popoli del Mare tentò nuovamente di attaccare l’Egitto ed ancora una volta furono sconfitti. I saccheggi nel Mediterraneo però non si arrestarono e, intorno al 1200 a.C., altri popoli del mare razziarono le città portuali fenicie di Byblos e Ugarit, la città dove era nato il primo alfabeto che assegnava un carattere ad un suono.
Achei e Micenei: eroi o pirati?
Prima che gli Achei distruggessero Troia non avevano una bella fama. Nel XIII secolo a.C. le tribù degli Achei erano famose per le loro razzie che culminavano in saccheggi e stupri nei villaggi costieri. Si trovano testimonianze nell’Iliade, dove Achille si vanta di aver razziato con le sue navi dodici città, mentre Odisseo solo nove.
Anche gli Achei, un miscuglio polietnico di guerrieri, erano popoli del mare che trovarono però nell’epica di Omero un proprio elogio. La distruzione di Troia, nel 1184 a.C., secondo i calcoli di Eratostene fatti nel II secolo a.C., avvenne proprio in un’epoca in cui i popoli del mare razziavano le coste del Mediterraneo. Agamennone guidò quell’alleanza su Ilion, chiamata dagli Ittiti Wilusa, non certo per la bella Elena. La città controllava i commerci della regione ed era una spina nel fianco per gli Achei. Anche prima della caduta di Troia, le cronache ittite parlavano di scontri con questi popoli chiamati Ahiya che razziavano i villaggi.
Prendere Troia non fu facile. Gli archeologi hanno stimato che la città di Priamo fosse abitata in quel tempo da un numero compreso tra 5 e 10 mila abitanti. Quella di Troia fu forse la guerra più documentata dell’età dell bronzo e, come spesso accade, la storia venne scritta dai vincitori stabilendo i buoni ed i cattivi.
Un fenomeno mai finito: una riflessione
Come vedete, il Mar Mediterraneo fu sempre ponte di civiltà ma anche di conflitti sanguinosi. I cambiamenti climatici che si alternarono dopo la glaciazione favorirono la migrazione di popolazioni che non sempre furono in grado di integrarsi. I popoli del mare, sotto un certo aspetto, non si sono mai estinti. Oggi, come 5 millenni fa, per mare o per terra si assiste ad uno scontro di civiltà tra popoli che necessitano di sopravvivere ed altri che, raggiunta una falsa stabilità, decadono perdendo il proprio tessuto sociale originale basato su una cultura comune. Conoscere la propria identità attraverso la comprensione delle proprie origini culturali, confessionali e linguistiche è necessario per rafforzare il senso di appartenenza ad un’entità sociale complessa che chiamiamo Nazione. Chi non crede in quei valori non può sentire il bisogno di difendere le proprie origini ed il proprio territorio. Questo accadde tante volte nella storia, quando civiltà prospere si avviarono velocemente alla loro fine, distrutte dall’interno dall’indebolimento dei loro valori. Questo non significa rifiutare altre culture, la cui conoscenza porta sempre ad un arricchimento, ma preservare la nostra identità storica, i nostri valori etici e morali, sviluppati in secoli di traversie interne imparando dai nostri errori. Non esistono civiltà migliori ma civiltà che si sono riconosciute in determinati valori, primo fra tutti quello della difesa del proprio territorio e ambiente. È quello che accadde a tanti popoli mediterranei, compresa la più grande civiltà che governò il Mondo conosciuto, Roma. La storia ci insegna che le civiltà che si indebolirono cedettero ad altre ed il ciclo rincominciò … ma questa è un’altra storia.
Andrea Mucedola
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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