.
livello elementare.
ARGOMENTO: ECOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Coralli, barriere, ecologia
.
Perché le barriere coralline sono importanti?
Le barriere coralline sono tra gli ecosistemi terrestri con maggiore biodiversità, ospitando più specie per unità di superficie rispetto a qualsiasi altro ambiente marino. Sebbene ognuna abbia le sue caratteristiche, è stato valutato che vi convivono oltre 4.000 specie diverse di pesci ed 800 di coralli duri, senza parlare delle altre forme di vita. Gli scienziati stimano che vi possano essere migliaia di specie ancora sconosciute che condividono questo habitat particolare.
Qualcuno penserà possa essere solo una curiosità di interesse per i biologi marini ma, in realtà questa biodiversità ha permesso di scoprire nuove specie animali e vegetali poi impiegate nella fabbricazione di nuovi farmaci per le cure contro il cancro, contro le infezioni causate da batteri e virus e per contrastare le malattie degenerative. La loro presenza favorisce attività economiche come la pesca e genera posti di lavoro e sviluppo imprenditoriale nel settore del turismo e della ricreazione. Negli Stati Uniti circa la metà delle attività di pesca dipendono dalle barriere coralline e dai relativi habitat per una parte del loro ciclo di vita. L’US National Marine Fisheries Service ha stimato che il valore commerciale della pesca statunitense proveniente dalle barriere coralline sia di oltre 100 milioni di dollari annui. In realtà la vera ricchezza arriva soprattutto dal mondo del turismo. Le economie locali guadagnano miliardi di euro grazie alle attività ricreative svolte dai turisti che praticano immersioni subacquee, la pesca e altri sport acquatici. Inoltre, hotel e ristoranti godono di riflesso questo grande interesse per questi straordinari ecosistemi marini. Le barriere coralline hanno un’importante funzione di protezione delle linee di costa che, in caso di assenza di questi ripari naturali, sarebbero distrutte dalla violenza delle onde. Si stima che il 97 percento dell’energia prodotta da onde, tempeste e inondazioni viene dissipata dalle barriere, mitigando i danni provocati dall’erosione causata dal moto ondoso. Non a caso, a seguito degli Uragani, le aree con maggiori danni sono quelle non protette da barriere coralline.
Purtroppo le barriere coralline sono gravemente minacciate dall’inquinamento ambientale e dalla distruzione degli habitat e non si ravvisano sufficienti azioni da parte dell’Uomo per la loro protezione.
Questo comporta che la lenta morte delle barriere ovvero dei coralli che le compongono comporta un danno biologico ed economico sensibile. Prima di vedere come cercare di proteggere le barriere, sia con sistemi fisici sia rigenerandole con tecniche di planting, vediamo come i polipi dei coralli, elementi basi delle barriere, si riproducono.
Incominciamo con le sorprese
I coralli possono riprodursi sia asessualmente che sessualmente. Nella riproduzione asessuata, nuovi polipi clonali germogliano dai polipi genitori per espandersi localmente oppure per migrare e creare delle nuove colonie.
spawning by Acropora millepora – photo credit Mikaela Nordborg https://aims.jcu.edu.au/our-people/students/mikaela-nordborg.369/ mikaela.nordborg@my.jcu.edu.au Creative Commons Attribution 3.0 Australia
Quella sessuata prevede invece la fecondazione di uova e sperma emesso dai coralli. Circa tre quarti di tutti i coralli duri producono gameti maschili e femminili. La maggior parte di queste specie ne rilasciano un numero enorme nell’acqua per distribuire la loro prole su di un’ampia area geografica. Lo sperma feconda le uova e si formano delle larve planctoniche, chiamate planule, che fluttueranno nell’acqua trasportate dalle correnti fino alla loro arrivo su una nuova superficie.
Lungo molte barriere coralline, la deposizione delle uova avviene con un evento sincronizzato di massa, un momento in cui tutte le specie di corallo nella stessa area rilasciano le loro uova e sperma nello stesso istante. Potendo le colonie essere anche distanti, per poter assicurare la riproduzione, il rilascio deve verificarsi in maniera sincronizzata in risposta a molteplici segnali ambientali.
In pratica, una volta all’anno, in base al ciclo lunare e della temperatura dell’acqua, intere colonie di barriere coralline rilasciano simultaneamente nell’oceano le loro minuscole uova e spermatozoi, chiamati gameti. Questo fenomeno (coral spawning), può essere visualizzato come un’improvvisa caduta di neve con miliardi di fiocchi di diversi colori espulsi dai coralli che vengono poi dispersi dalle correnti marine. La sincronia è cruciale, perché i gameti della maggior parte delle specie di coralli sono idonei per la riproduzione solo per poche ore. L’emissione sincronizzata crea quindi una maggiore possibilità di fecondazione dei gameti che, una volta emessi, salgono lentamente verso la superficie del mare, dove inizia il processo di fecondazione.
Quando un uovo viene fecondato, si crea un embrione che si svilupperà in una larva, chiamata planula. Le planule galleggiano nell’oceano, per giorni se non per settimane, prima di cadere sul fondo dell’oceano attaccarsi al substrato del sedimento. A questo punto si trasformeranno in polipi, formando nuove colonie. Nella maggior parte delle specie di corallo duro, le larve si depositano entro due giorni, anche se alcune possono nuotare per settimane.
Un equilibrio di sopravvivenza delicato
Come abbiamo premesso, i coralli vivono fino a quando le condizioni glielo permettono. Essendo sensibili alle variazioni chimico fisiche possono morire, lasciando vaste superfici desolatamente bianche. Esistono però tecniche riplanting di nuovi coralli che consentono di ricreare le barriere. Secondo la dottoressa Patrizia Stiptich, da anni ricercatrice alle Maldive, attraverso il Coral Planting è possibile aiutare i coralli duri a poter sopravvivere e crescere. “A causa di snorkelisti o subacquei disattenti o di fenomeni naturali come i drammatici eventi atmosferici che sono comuni alle latitudini tropicali, molti coralli vengono rotti staccandosi dalla propria colonia. Se questi frammenti di corallo rimangono sul fondale la possibilità di sopravvivenza è davvero bassa a causa della sabbia che potrebbe entrare nei pori e soffocare così i polipi dei coralli causandone la morte”…
“Il coral planting consiste nel raccogliere i frammenti di coralli staccati dalla colonia e fissarli poi su una struttura che viene adagiata successivamente ad una profondità media di 3-4 metri. Una volta fissati i coralli sono in grado di riprendersi e di crescere. Le strutture hanno bisogno di manutenzione e, una volta ogni dieci giorni, con l’aiuto di un semplice spazzolino da denti, i ricercatori rimuovono tutte le alghe che crescono intorno” … “ma la fatica premia e dopo già uno o due mesi si possono vedere le differenze”. Queste tecniche sono palliative ma necessarie per far sopravvivere le colonie. Nel 2016, secondo il Washington Post, l’incremento delle temperature causò la morte “la metà di tutti i coralli di acque poco profonde sulla Grande barriera corallina settentrionale“.
Secondo l’autorità delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), più della metà delle barriere coralline del mondo sono minacciate da morie di massa per cui Il riscaldamento globale deve essere limitato a 1,2 ° C per proteggere almeno il 50% dei coralli del mondo.
Sotto l’effetto del Nino vaste parti degli oceani si riscaldano e si acidificano, le alghe non possono sopravvivere ponendo fine alla loro relazione simbiotica con i coralli. Con la morte dei coralli si innesca un effetto a palla di neve attraverso l’ecosistema marino, che influenza la flora e la fauna delle barriere coralline. Queste attività di nursery per il coral planting sono quindi necessarie per non far trasformare i mari tropicali in vasti e desolati deserti e dare un futuro agli oceani.
immagine in anteprima, biologa studia lo stato dei coralli @ Image: Australian Institute of Marine Science Better reef monitoring through simulation | by QUT Science & Engineering | The LABS | Medium
Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
PAGINA PRINCIPALE
- autore
- ultimi articoli
è composta da oltre 60 collaboratori che lavorano in smart working, selezionati tra esperti di settore di diverse discipline. Hanno il compito di selezionare argomenti di particolare interesse, redigendo articoli basati su studi recenti. I contenuti degli stessi restano di responsabilità degli autori che sono ovviamente sempre citati. Eventuali quesiti possono essere inviati alla Redazione (infoocean4future@gmail.com) che, quando possibile, provvederà ad inoltrarli agli Autori.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.