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livello elementare
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ARGOMENTO: OCEANOGRAFIA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: prateria di posidonia, geologia, morfologia
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Cartografia delle praterie di Posidonia
L’importanza delle praterie a Posidonia oceanica nel contesto del Mediterraneo è ormai talmente riconosciuta che non vi è più alcun bisogno di insistere sulla necessità di approfondire la sua conoscenza e di promuovere azioni tendenti alla sua salvaguardia. Un primo indispensabile passo non può che essere quello di definire dove siano situate le praterie, quale sia la loro estensione e quali le loro caratteristiche e tipologie. Oggetto di particolare attenzione deve essere la localizzazione dei limiti superiore ed inferiore delle praterie in quanto notoriamente sensibili ad ogni perturbazione dell’ambiente e quindi buoni indicatori degli eventuali stati di sofferenza in atto. Si impone quindi la necessità di una accurata cartografia che definisca l’estensione e le caratteristiche delle praterie in momenti precisi e che, se ripetuta, permetta di evidenziare e quantizzare l’evoluzione nel tempo delle praterie stesse.
Considerazioni generali
I problemi generali che pone la cartografia di un tratto di fondale marino sono essenzialmente legati a:
L’estensione dell’area da investigare ed i tempi necessari per l’esecuzione dei rilievi
L’importanza di questi due punti è ovvia, specialmente per la programmazione della raccolta dati. Ovvia è anche la loro interdipendenza, in quanto l’ampiezza dell’area di studio determina il tempo necessario per l’esecuzione: entrambi pongono quindi i primi importanti vincoli che debbono guidare la scelta dei metodi di indagine.
La scala della restituzione cartografica
La scala è il punto più importante di ogni indagine in quanto determina il dettaglio riportabile e quindi l’accuratezza della raccolta dei dati e l’utilità della carta. Assumendo infatti per esempio una precisione grafica media di 1 mm nella restituzione (in pratica non si scende mai al di sotto di 0,5 mm e quindi un valore attendibile può essere 0,8-1 mm), per la stessa definizione di scala, sappiamo che 1 mm sulla carta alla scala 1:50.000 corrisponde nella realtà a ben 50 metri. E’ chiaro quindi che a questa scala le carte non possono riportare dettagli topografici di dimensioni inferiori a 50 m e quindi non c’è neppure la necessità di rilevarli con un’accuratezza maggiore. Le carte avranno di conseguenza solo un valore molto indicativo (vedi ad esempio le prime carte francesi delle biocenosi redatte a questa scala da Molinier 1960, Picard 1965, Laubier 1966, ecc.). Alla scala 1:25.000 (1 mm = 25 m), che è quella forse più frequentemente usata in quanto a questa scala in Italia esiste una buona base cartografica che illustra con buon dettaglio tutto il territorio nazionale (Tavoletta dell’I.G.M.), le rappresentazioni hanno ancora un valore generico di individuazione della presenza e dell’estensione della Posidonia, ma non sono generalmente in grado di illustrare lo stato delle praterie, la loro tipologia e di costituire la base per l’individuazione di fasi di evoluzione temporale.
Per potere avere tutto questo occorre poter mappare con maggiore dettaglio e quindi utilizzare scale di rappresentazione più grandi, come ad esempio le Carte Tecniche Regionali (C.T.R.) alle scale 1:10.000 e 1:5.000 già disponibili presso la maggior parte delle regioni italiane e redatte proprio per scopi di gestione ambientale.
La localizzazione in mare
La scelta della scala di lavoro porta inevitabilmente al problema della localizzazione in mare, che non va mai sottovalutato. Attualmente la tecnologia offre un’ampia gamma di sistemi di posizionamento che vanno commisurati alla precisione richiesta, ricordando che la precisione è sempre molto costosa e che molte volte può anche essere inutile. Ritornando all’esempio della carta 1:25.000, pur assumendo una accuratezza grafica di 0,5 mm, non occorre richiedere infatti al sistema di posizionamento una precisione maggiore di 12,5 metri. Spesso interessa, più che la precisione assoluta (per esempio in termini di coordinate geografiche), la precisione relativa e cioè l’accurata definizione dei punti rispetto ad un sistema di riferimento e la popolazione reciproca dei singoli elementi. Fondamentalmente poi è la ripetibilità delle misure, la capacità cioè di un sistema o di uno strumento di riprodurre in diverse condizioni operative e in tempi diversi gli stessi risultati di posizionamento.
Metodi impiegati
I principali metodi attualmente impiegati per il posizionamento in mare possono essere raggruppati in metodi ottici e in sistemi di radio posizionamento. Un terzo gruppo completamente slegato da ogni riferimento a terra è quello che usa sistemi satellitari. Rientrano tra i sistemi ottici tutti quei sistemi di posizionamento che possono essere impiegati vicini a costa e che non sono altro che l’adattamento al lavoro in mare di tecniche di rilevamento topografico in terra.
I sistemi di radio posizionamento sfruttano invece la propagazione delle onde elettro magnetiche, offrendo i seguenti vantaggi:
portata, precisione e ripetibilità nel complesso superiori ai metodi ottici tradizionali |
operatività estesa alle 24 ore |
indipendenza teorica dalle condizioni meteorologiche |
possibilità di interfacciare registratori automatici di dati, elaboratori, plotter, ecc. |
Questi sistemi sono ormai entrati nell’uso comune, ma è bene precisare qualche principio generale. La portata e la precisione dei sistemi di posizionamento dipendono dalla frequenza e dalla potenza di emissione delle onde utilizzate, dalle condizioni di propagazione e dall’altezza delle antenne emittenti e riceventi.
I sistemi si basano sulla ricezione di onde emesse o ripetute da apposite antenne poste in punti di ubicazione nota. Le misure vengono effettuate mediante il computo dei tempi di percorso delle onde o il confronto di fase. Da queste misure si ottengono linee di posizione la cui intersezione determina l’ubicazione di un punto rispetto alle stazioni a terra. A seconda della geometria del reticolo generato dalle linee di posizione si distinguono metodi circolari e metodi iperbolici.
Fra gli strumenti di localizzazione più utilizzati che operano con il metodo circolare rientra il Motorola Miniranger che usa frequenze di 5, 4-9, 5 Ghz ed ha una precisione di +/-3 m ed una portata di 37-120 km. In questo sistema l’onda emessa si propaga in linea retta e le stazioni debbono di conseguenza essere in vista. Una limitazione alla portata è quindi dovuta alla quota delle stazioni a terra. La frequenza impiegata classifica questo sistema tra i sistemi ad altissima frequenza e a corto raggio. Tra i sistemi ad alta frequenza si deve ricordare il Syledis che opera a 420-450 Mhz ed è in grado di superare la linea di vista. Ha una portata di 250 km ed una precisione nel raggio della visuale di +/- 1 m. Il sistema può essere operato in modo circolare o iperbolico ed è in grado di scegliere tra più stazioni a terra quelle capaci di dare la migliore geometria per la definizione del punto. I sistemi che operano nella banda delle basse frequenze (al di sotto di un Mhz) hanno lunga portata, ma la loro precisione è di gran lunga inferiore a quella dei sistemi ad alta e media frequenza. Hanno quindi generalmente importanza per la navigazione e possono essere impiegati solo per rilevamenti che non necessitano di un’elevata precisione.
L’introduzione della navigazione satellitare civile negli anni ’90 ha portato a un rapido abbandono nell’uso del Loran-C. Nel 2010 i sistemi statunitensi e canadesi furono chiusi, insieme alle stazioni condivise Loran-C / CHAYKA con la Russia. Alla fine del 2015, le catene di navigazione in gran parte dell’Europa furono disattivate – nella foto . Koden Loran C Navigator LR-770 – autore Morn the Gorn Loran C Navigator.jpg – Wikimedia Commons
Fra questi sistemi il più importante e noto è il Loran C che, secondo il metodo iperbolico, con quattro stazioni (Istanbul, Crotone, Lampedusa e Barcellona) copre tutto il Mediterraneo. La frequenza utilizzata è di 100 Khz ed ha una precisione massima di +/- 50 metri che diminuisce però rapidamente man mano ci si allontani dalle linee di base.
Per completare la sommaria panoramica dei sistemi di localizzazione occorre menzionare ancora il sistema satellitare. Il primo usato è il sistema Transit che utilizza i segnali inviati da sei satelliti in orbita polare attorno alla terra e sfrutta l’effetto Doppler per determinare la posizione dei punti sulla terra. La sua copertura è totale, ma offre la possibilità di un punto solo ad ogni passaggio di satellite (mediamente ogni 1,5 ore ma frequentemente gli intervalli sono maggiori) con una possibilità di errore di +/- 43 metri insita nel sistema, alla quale va aggiunta quella derivante dalla misura della velocità della nave. Sfruttando più passaggi di satelliti logicamente la precisione aumenta e rimanendo fissi in una stazione per ben 25-30 passaggi si può raggiungere una precisione al di sotto dei 5 m. La mancanza di continuità del posizionamento con il sistema Transit è ovviata dal sistema Navstar – Global Positioning System (G.P.S.) – che usa un numero tale di satelliti in orbita per cui da qualunque punto sulla terra siano sempre in vista almeno quattro satelliti contemporaneamente. Su questi è quindi sempre possibile determinare il punto con il metodo della resezione.
L’errore di posizionamento di un punto in movimento sarà comunque di 20-30 metri (ndr negli anni, con la sospensione della coarse acquisition, il sistema può fornire una precisione di circa 8 – 10 metri). Attualmente (ndr 1995) è possibile però migliorare di molto la precisione usando una stazione a terra posta in un punto di coordinate note che continuamente “corregga” i dati forniti dal G.P.S.. Con questa configurazione (G.P.S. Differenziale) si ottengono ottimi punti e il sistema tende a soppiantare ogni altro metodo di posizionamento.
Il costo delle operazioni
Per accennare al problema economico si deve ricordare che il costo delle operazioni in mare è sempre molto rilevante. Spesso si tende a rinunciare all’impiego di certe apparecchiature a causa dell’eccessivo costo di acquisto e/o di esercizio. Occorre tuttavia tener presente che ai fini dell’accuratezza del lavoro non si possono ignorare le possibilità offerte dalla moderna tecnologia, anche se sono costose. L’impiego dei mezzi più idonei inoltre fa risparmiare tempo nella raccolta e nell’elaborazione dei dati che si ripercuote nell’abbassamento dei costi totali delle operazioni. Non si può in sostanza pensare di svolgere un buon lavoro in mare in tempi ragionevoli e con la dovuta precisione, se non si dispone di adeguati finanziamenti. Occorre quindi poter sempre cercare un giusto equilibrio tra costi e bontà del lavoro.
Metodi di cartografia delle praterie a posidonia
I metodi utilizzabili per cartografare le praterie a Posidonia sono quelli stessi già usati per riconoscere le caratteristiche fisiche dei fondali nelle ricerche di geomorfologia marina e nell’industria off-shore. Non esiste cioè alcun metodo originale di rilevamento, per cui accingendosi alla mappatura, occorre soprattutto far buon uso di tecniche e metodologie già consolidate per altri scopi. Meinesz et al. (1981) forniscono una buona analisi dei metodi utilizzati lungo le coste francesi che appare tuttora valida. Riteniamo comunque che i metodi di indagine su cui basare la cartografia possano così essere raggruppati:
– telerilevamento;
– metodi ecografici;
– ispezioni subacquee.
Vediamoli nei dettagli:
Telerilevamento
Lo studio dei fondali, e quindi la valutazione dell’estensione delle praterie, può iniziare dal cielo. Le tecniche di telerilevamento sono infatti già ampiamente entrate nell’uso corrente per rilievi di oceanografia (specialmente oceanografia fisica) anche se è sempre necessario tarare le immagini con risultati di analisi eseguite in loco (verità mare). Nel caso dello studio dei fondali esiste tuttavia una grave limitazione dovuta alla trasparenza dell’acqua e risultati apprezzabili si possono attendere solo per profondità di pochi metri (2-15 m). I possibili metodi di telerilevamento sono quelli satellitari e quelli basati sullo studio di foto aeree. Per il problema specifico della cartografia della Posidonia le immagini da satellite sono molto interessanti ma la loro risoluzione attuale è talmente modesta (dell’ordine dei 100 metri) che il metodo può avere significato solo a scala regionale per definire la presenza-assenza di praterie, dopo aver logicamente sempre tarato le immagini. Quando si vuole descrivere un habitat subacqueo, la profondità dell’acqua ha degli effetti molto significativi sulle misure tele rilevate, tanto da indurre a confondere la risposta spettrale della sabbia pura con quella di un substrato ricoperto di alghe, o dei vari substrati in genere. Con un’opportuna procedura di correzione atmosferica è tuttavia possibile sottrarre la frazione di segnale derivante dall’interazione della luce con l’atmosfera nelle varie bande. In questo modo è quindi possibile conoscere le proprietà e le caratteristiche intrinseche dell’acqua di mare.
Successivamente si può procedere alla costruzione della mappa della vegetazione sommersa, mediante un’elaborazione del dato satellitare multi spettrale orto-rettificato basata sul metodo di Lyzenga per la rimozione della risposta spettrale della colonna d’acqua.
I satelliti ad altissima risoluzione disponibili oggigiorno (ndr 2015) rendono disponibili a livello commerciale immagini multispettrali che permettono di studiare la distribuzione delle praterie di Posidonia nei nostri mari. In particolare il satellite WorldView-2 della DigitalGlobe, monta un sensore che associa ai 50 centimetri di risoluzione spaziale ben 8 bande multi-spettrali, risultando così il primo satellite commerciale ad alta risoluzione in grado di acquisire, oltre alle classiche bande del blu, verde, rosso ed infrarosso Vicino, quattro bande finora mai viste su un satellite ad altissima risoluzione: la costiera, la gialla, la red edge e la vicino infrarosso 2. da http://www.massimozotti.it/
Molto più importante è l’utilizzo delle foto aeree che, con la limitazione imposta dalla penetrazione della luce, possono dare degli ottimi risultati specialmente per quanto riguarda il limite superiore delle praterie e le zone a bassa profondità, ove d’altra parte è difficile operare con un’imbarcazione. Se la restituzione della carta è a piccola o media scala (per esempio a 1:25.000) e quindi lo scopo è dare una prima indicazione dell’estensione generale delle praterie senza dover produrre misure troppo precise, bastano delle normali fotografie scattate da un aereo. Queste dovranno logicamente essere corrette per le diverse distorsioni dovute all’angolo di ripresa e all’ottica impiegata, ma non occorrerà alcun procedimento speciale per riportare le informazioni su una base cartografica idonea.
Fotogrammetria
Se si vuole invece una restituzione accurata a scala maggiore occorre procedere con il metodo della fotogrammetria. Innanzitutto occorre che le fotografie siano riprese con un apparato fotogrammetrico e ad un’opportuna scala (funzione dell’ottica e dell’altezza di volo). Importante è poi scegliere l’ora adatta per le fotografie in quanto l’altezza del sole sull’orizzonte deve essere ottimale per una migliore penetrazione della luce e non determinare riflessi sulla superficie dell’acqua. L’operazione seguente è quella di definire dei punti di riferimento a terra con metodi topografici che possano servire per il giusto orientamento e la restituzione in scala delle coppie stereoscopiche di fotografie. A questo proposti è anche buona norma fare in modo che le immagini coprano possibilmente 1/3 di mare e 2/3 di terra per facilitare gli allineamenti con buoni punti a terra. Il procedimento di cartografia delle Posidonie, ed in particolare del loro limite superiore e di tutte le particolarità dei bassi fondali, viene quindi sviluppato secondo le normali procedure delle levate topografiche terrestri. La principale limitazione di questo metodo, come è già stato detto, è data dalla trasparenza dell’acqua, ma fin dove penetra la luce (10-20 metri al massimo), si possono avere delle ottime precisioni. L’uso di pellicole speciali quali la Water Penetration della Kodak (ormai introvabile) e l’impiego di opportuni filtri possono aumentare le possibilità di questo metodo).
Metodi ecografici
Un buon ecografo (nel migliore dei casi interfacciato con il sistema di posizionamento) non dovrebbe mai mancare su una barca da ricerca. Oltre a costituire un elemento di sicurezza per la navigazione, esso fornisce una prima indicazione della morfologia dei fondali e del loro andamento generale, oltre logicamente alla misura della profondità.
La carta batometrica costituisce d’altra parte il primo documento per la conoscenza dei fondali sul quale eventualmente portare altre informazioni. Usato alla scala appropriata, un ecografo ad alta frequenza può fornire anche indicazioni sulla presenza della Posidonia in quanto le praterie determinano echi irregolari spesso distinguibili da quelli dei fondali circostanti. La presenza di canali intra-mattes contribuisce inoltre a dare alle registrazioni un carattere irregolarmente tormentato.
Topas sub profiler
L’interpretazione degli ecogrammi non è tuttavia mai univoca e, utilizzando solo questo strumento, non si possono avanzare ipotesi sulla natura dei fondali. Può orientare nell’interpretazione l’utilizzo di un ecografo a bassa frequenza che dia indicazioni sull’assetto dell’immediato sotto fondo (3,5 Khz, Sub Profiler). La sua utilità è tuttavia limitata in quanto molto difficilmente l’energia acustica riesce a penetrare al di sotto delle mattes.
L’ecografo laterale comunemente noto come Side Scan Sonar, entrato da anni nell’uso comune per indagare le caratteristiche dei fondali e per la ricerca di oggetti sommersi, può considerarsi lo strumento principale anche per la mappatura delle praterie a Posidonia. Esso è stato usato a questo proposito da diversi Autori tra i quali Newton e Stefanon 1975, Cuvelier 1976, Cristiani 1980, Colantoni et al. 1979 e 1982, ecc..
Il sistema permette di ottenere un’immagine acustica di una fascia più o meno ampia di fondale dalla quale, data la caratteristica risposta acustica delle Posidonie, è possibile evidenziare l’estensione e le particolarità delle praterie e specialmente dei loro limiti e dei canali e depressioni intra-mattes, che possono così essere accuratamente mappati. Esistono diverse pubblicazioni e manuali sull’uso dell’ecografo laterale (Belderson et al. 1972, Flemming 1976, Ingham 1975, ecc.) ma, data l’importanza dello strumento, pensiamo sia opportuno soffermarci sulle sue caratteristiche generali e di impiego (Mazel 1985). Nell’ecografo laterale, un dispositivo, detto comunemente “pesce”, sul quale sono montati lateralmente due trasduttori viene trainato dietro l’imbarcazione per mezzo di un cavo elettromeccanico. Man mano che il “pesce” avanza i trasduttori emettono un segnale acustico e ne ricevono gli echi di ritorno. Gli impulsi sonori sono emessi fasci molto stretti nel piano orizzontale e molti ampi in quello verticale. L’emissione raggiunge così solo una stretta striscia di fondale perpendicolare alla direzione del traino. I segnali di ritorno vengono quindi convertiti in energia elettrica ed inviati, tramite il cavo di traino, al registratore grafico in superficie. Qui nella maggioranza dei sistemi la corrente elettrica, passando attraverso una carta elettro sensibile, la annerisce con intensità proporzionale all’intensità dell’eco ricevuto. Per mezzo di successive emissioni e ricezioni (scansione) si forma l’immagine sonora del fondo (o sonogramma ) che viene registrata su due canali: di destra e di sinistra. Il centro della registrazione corrisponde al percorso del “pesce” mentre nel canale di destra vengono registrati gli echi provenienti dal trasduttore di destra e su quello di sinistra quelli del trasduttore di sinistra. Si ottiene così una rappresentazione che assomiglia molto ad una fotografia aerea inclinata o all’immagine che si avrebbe dagli oblò laterali di un sommergibile che navigasse sopra il fondale.
Per riconoscere bene le strutture del fondo che interessano, occorre una buona combinazione tra velocità di traino del pesce, scala della registrazione (range) e velocità di trascinamento della carta di registrazione (numero di linee per cm). Da questi parametri dipende infatti la grandezza apparente degli oggetti sui sonogrammi che non mostrano mai le loro proporzioni vere. Esiste quindi una distorsione legata alla velocità del traino del pesce ed un’altra legata all’inclinazione della scala (slant range) che occorre correggere per riportare la rappresentazione nelle giuste proporzioni per essere cartografata. Attualmente vanno sempre più diffondendosi dei sistemi che per mezzo di microprocessori incorporati sono in grado di correggere automaticamente le distorsioni e di rimuovere la colonna d’acqua nelle registrazioni. In questo modo il primo arrivo degli echi dal fondo inizia da un punto, direttamente sotto il pesce, che costituisce lo zero della scala riportata all’orizzontale. Si ottengono così delle strisciate di immagini a scala omogenea nelle diverse direzioni che, se accoppiate ad un buon sistema di navigazione, possono essere montate a formare un mosaico del fondo marino secondo la stessa metodologia della fotografia aerea. Come ultima annotazione si deve ricordare che anche nell’ecografo laterale, come in tutti i sistemi acustici, il potere di risoluzione dell’apparecchio, cioè la distanza minima di due riflessioni che si possono individuare in una registrazione e quindi il dettaglio dell’immagine prodotta, è in funzione della lunghezza e della frequenza di emissione. I sistemi più diffusi in commercio operano di solito con la frequenza di 100 Khz, ma vi sono anche apparecchi che, utilizzando 500 Khz, hanno una portata minore, ma un potere di risoluzione estremamente maggiore.
Ispezioni subacquee
La possibilità di vedere sott’acqua l’oggetto del proprio studio resta una delle prime conquiste alla quale aspira ogni ricercatore. L’ispezione subacquea con uomini o mezzi teleguidati che permettano di avere una visione dei fondali è quindi uno dei metodi più idonei nella ricerca e nella mappatura. Ogni ispezione o immersione può avvenire per punti o per transetti o strisciate. Le immersioni per punti sono particolarmente utili per verificare e tarare quanto evidenziato con i metodi elettroacustici o di telerilevamento. Hanno il grande vantaggio di permettere di distinguere le diverse tipologie e di effettuare osservazioni e misurazioni che aumentano il valore della mappatura. Il metodo dei transetti è invece un vero sistema di rilevamento che permette una serie di osservazioni lungo un tracciato stabilito.
Le ispezioni di fondali possono essere eseguite da:
– uomini immersi;
– veicoli abitati;
– veicoli non abitati (R.O.V.);
– mezzi trainati.
ricercatrice subacquea su prateria di posidonia – photo credit andrea mucedola
Nel caso dell’immersione di ricercatori subacquei, il metodo più semplice e più usato è quello di fare immersione in diverse stazioni possibilmente secondo un reticolo stabilito (regolare o casuale) e materializzare i punti con una boetta la cui ubicazione viene determinata in superficie dalla barca appoggio. Sono queste le tipiche immersioni di controllo e di valutazione di parametri descrittivi. Il metodo dei transetti o dei percorsi stabiliti è stato invece ampiamente usato per eseguire delle vere mappature di dettaglio di aree ad estensione piuttosto limitata. Il percorso può essere determinato da un’imbarcazione che traina il subacqueo per mezzo di un’ala subacquea (Harmelin e True, 1964), oppure seguito con una bussola in immersione (Astier 1972 e 1975), o materializzato da una sagola tesa tra corpi morti (Falconetti et al. 1974) o da una sagola piombata (Meinesz e Falconetti 1975, Meinesz et al., 1988).
In quest’ultimo caso la sagola serve anche per misurare le distanze, mentre negli altri casi i punti di interesse vengono segnalati con boette inviate in superficie dove si procede alla loro ubicazione. Il metodo dei transetti è un metodo molto buono, di facile esecuzione e permette un estremo dettaglio nelle osservazioni. Trova però delle forti limitazioni nel lungo tempo necessario per l’esecuzione e quindi nell’autonomia dei sommozzatori. Un metodo relativamente veloce è stato usato nella mappatura delle praterie attorno all’isola di Ischia (Colantoni et al., 1982).
studio geologico canali intermatte su prateria di posidonia – photo credit andrea mucedola
Per eseguire i transetti è stato infatti impiegato uno scooter subacqueo munito di bussola e contametri che ha permesso una navigazione subacquea autonoma e rapida. Una boa in superficie segnalava comunque sempre la posizione del mezzo e consentiva il controllo della posizione della barca appoggio, specialmente all’inizio e alla fine di percorsi (Colantoni e Zucchini, 1979). L’immersione di veicoli abitati è stata utilizzata lungo le coste francesi da Meinesz e Laurent 1978, 1980, 1982 e da Augier e Boundouresque 1979 per seguire il limite inferiore delle praterie. Il metodo è molto interessante ma trova le sue limitazioni nel posizionamento del sommergibile, che per essere preciso necessita di un sistema acustico complesso e costoso, e nella necessità di avere una nave appoggio di idonee caratteristiche. Il tutto si traduce in un costo esageratamente elevato rispetto agli altri sistemi e non giustificato dalla precisione del lavoro.
L’impiego di veicoli non abitati filoguidati (R.O.V. Remotely Operated Vehicle o R.C.V. per Remotely Controlled Vehicle) tende a soppiantare l’intervento dei sommozzatori sugli alti fondali per la grande autonomia e il relativo basso costo delle operazioni. Si tratta in via generale dei veicoli teleguidati, azionati da motori elettrici o idraulici capaci di muoversi autonomamente sul fondo portando una o più telecamere ed eventualmente una macchina fotografica. Un cavo ombelicale mantiene il contatto con la superficie, invia energia e trasmette i segnali alla barca appoggio ove è possibile registrare le immagini e controllare, attraverso un monitor, il veicolo. Questi mezzi sono utili per ispezioni in aree ristrette, magari attorno ad un punto fisso, ma sono difficilmente in grado di compiere lunghi percorsi secondo transetti.
Il ROV della US Navy SCORPIO (Submersible Craft for Ocean Repair, Position, Inspection and Observation) è un marchio di veicoli filoguidatisottomarini (ROV) prodotti dalla Perry Tritech utilizzati sia in ambito civile (off shore, immersioni scientifiche) che militare per il salvataggio di sommergibili sinistrati. Sebbene il design originale abbia più di qualche decennio, costituisce la base per l’attuale generazione di ROV SCORPIO – photo credit US Navy by Photographer’s Mate 1st Class Daniel N. Woods. [Public domain] license, via Wikimedia Commons.
La lunghezza dell’ombelicale che devono trainare costituisce infatti un enorme freno al loro avanzamento e, salvo il caso dei veicoli più potenti (tipo Scorpio), la distanza percorribile ne è grandemente limitata. Ne consegue la necessità di seguire con un’imbarcazione il veicolo nel suo percorso, ma, data la limitata velocità di avanzamento (sempre inferiore a 2 nodi), la manovra è tutt’altro che facile, a meno che non si disponga di natanti muniti di due eliche, thruster, o addirittura di posizionamento dinamico, che permettano continui aggiustamenti di velocità e rotta. Il problema della localizzazione del veicolo è infine l’altro punto importante nell’impiego dei R.O.V.. L’unico sistema attuale che dia garanzia di precisione è infatti la navigazione acustica che prevede sensori sul mezzo subacqueo e sul mezzo di superficie. Sono inoltre necessari sofisticati sistemi di elaborazione dati e l’interfaccia con precisi metodi di localizzazione di superficie: tutti elementi che comportano ovviamente un alto costo.
Pluto Palla con il suo inventore l’ingegner Guido Gay – ultimo modello realizzato dalla nota ditta Gay Marine – credit GayMarine Attrezzature – Pluto Palla ROV – Azionemare
Ardizzone e Belluscio 1986, forniscono un esempio di impiego di un R.O.V. italiano (Pluto della Gay Marine) per ottenere in situ informazioni bionomiche (Liguria). Sono stati impiegati per diversi scopi anche mezzi trainati da un’imbarcazione. Da slitte striscianti sul fondo, come la Troika di J.Y. Cousteau usata per ottenere strisciate fotografiche, a dispositivi mantenuti in quota per ottenere registrazioni televisive.
Nel caso di telecamere trainate a mezz’acqua la prima difficoltà che sorge è il mantenimento della quota che deve essere il più possibile costante. La velocità di traino deve pure essere costante, ma anche piuttosto modesta, per non causare un grave decadimento dell’intelligibilità delle immagini: tutto questo va a scapito della manovrabilità del mezzi di superficie. Rispetto al caso del veicolo autonomo, l’ubicazione del mezzo trainato è certamente più facilitata. Se la lunghezza del traino non è eccessiva, si possono infatti avere delle buone approssimazioni misurando la lunghezza del cavo (che fa tuttavia sempre catenaria) e la rotta percorsa per calcolare un offset rispetto al sistema di posizionamento in superficie che deve essere il più possibile accurato.
Sistema Laser Line Scan (LLS) monocromatico Northrup-Grumman SM-2000 integrato con tecnologia subacquea McCartney, di proprietà e gestito da Science Applications International Corporation (SAIC). Immagine da Laser Line Scan Mapping, credit NOAA-OER.
NOAA Ocean Explorer: Laser Line Scan Mapping
Un nuovissimo sistema di prospezione che permette di ottenere immagini del fondo estremamente dettagliate è il Laser Line Scan (LLS) sviluppato dalla società americana SAIC.
Il sistema che sfrutta la stessa operatività del Side Scan Sonar, usa una sorgente laser per “scansionare” il fondo, una trasmissione mediante fibre ottiche ed un ricevitore di immagine a tubo fotomoltiplicatore. In questo modo si ottiene un’altissima risoluzione, superiore di almeno un ordine di grandezza a quella dei migliori sonar e dei diversi dispositivi televisivi.
Esempi di cartografia
Mappature di praterie di Posidonia sono state eseguite a diversa scala e con diversi mezzi. Ricordiamo l’uso di foto aeree (Blanc e Jeudy de Grissac, 1978 e numerosi altri A.A.) specialmente per la definizione del limite superiore delle praterie, l’utilizzo di un sommergibile abitato per seguire il limite inferiore (Meinesz, op. cit.), l’impiego dell’ecografo laterale (Cuvelier 1976, Gloux 1984, ecc.), l’effettuazione di immersioni subacquee (Meinesz e Simonian 1983, Gili e Ros 1985, Bedulli et al. 1986, Boudouresque et al., 1985, ecc.) e l’utilizzo di un veicolo autonomo o trainato (Ardizzone e Belluscio 1986).
La maggioranza degli Autori non ha tuttavia utilizzato un sono metodo di indagine, ma ha integrato diverse metodologie. Colantoni ed al. 1982 per la mappatura della Posidonia attorno all’Isola d’Ischia hanno utilizzato, per esempio, metodi ecografici (ecografo ad alta e bassa frequenza ed ecografo laterale) e immersioni subacquee eseguite per punti e per transetti per completare e controllare il rilievo elettroacustico. Meinesz et al. 1988 hanno invece utilizzato la fotografia aerea combinata con l’immersione subacquea. E la serie di esempi potrebbe continuare.
Conclusioni
Riassumendo quanto esposto, possiamo concludere che esistono diversi metodi di mappatura, ognuno dei quali presenta pregi e difetti. Non esiste cioè un metodo unico buono per ogni situazione, ma ogni operatore dovrà scegliere la migliore combinazione di più sistemi che possa offrire il miglior risultato in funzione della precisione richiesta (scala della restituzione cartografica), del tempo necessario all’esecuzione e del costo dell’operazione. Il seguente schema può aiutare nelle scelte: i metodi vi sono stati elencati facendo una distinzione per zone di indagine e in ordine di importanza.
Metodi impiegati nella mappatura delle praterie a Posidonia
Zona di indagine | Metodo | Pregi | Difetti |
Limite superiore | Fotografia aerea | Precisione, ottimo dettaglio, rapidità | Costo elevato |
Immersione subacquei | Buon dettaglio, basso costo | Lunghezza delle operazioni | |
Immagine da satellite | Copertura regionale | Scarsa risoluzione, alto costo | |
Zona centrale | Ecografo laterale | Precisione, buon dettaglio, rapidità | Necessità di interpretazione |
Immersione sub. | Buon dettaglio | Scarsa autonomia e raggio di azione | |
R.O.V. | Registrazione di immagini | Difficoltà di manovra e di localizzazione | |
Mezzi trainati | Registrazione di immagini | Difficoltà operative | |
Immagini laser | Registrazione di immagini ad altissima risoluzione | Costo elevato | |
Limite inferiore | Ecografo laterale | Precisione, buon dettaglio, rapidità | Necessità di interpretazione |
R.O.V. | Registrazione di immagine, elevata autonomia | Difficoltà di localizzazione | |
Immersione sub. | Buon dettaglio | Scarsa autonomia | |
Mezzi trainati | Velocità di esecuzione | Grande difficoltà operativa su alti fondali | |
Immagini laser | Registrazione di immagini ad altissima risoluzione | Costo elevato | |
Veicoli abilitati | Notevole quantità di dati raccolti | Costo eccessivo, lentezza di operazioni |
Da quanto sopra esposto sembra di poter concludere che i sistemi più accurati di cartografia delle Posidonie possano essere ricondotti all’uso della fotografia aerea (con restituzione fotogrammetrica) per il limite superiore e all’impiego dell’ecografo laterale (possibilmente con correzione di immagine) per lo studio della zona centrale e del limite inferiore. Il tutto controllato e tarato da immersioni subacquee di ricercatori o di R.O.V., curando il miglior posizionamento possibile (radio posizionamento Motorola o Syledis). La tabella seguente fornisce infine una valutazione generale dei metodi impegnati.
Valutazione di metodi di cartografia delle Posidonie
Limite | Zona d’indagine | Precisione | Dettaglio | Autonomia | Costo | ||
superiore | centrale | ||||||
Telerilevamento | |||||||
– Satellite | x | s | s | e | e | ||
– Foto aeree | x | e | e | e | e | ||
Metodi ecografici | |||||||
– ecogrammi verticali | x | x | b | s | e | s | |
– ecogrammi laterali | x | x | b | b | e | b | |
– immagini laser | x | x | e | e | e | e | |
Ispezioni subacquee | |||||||
– subacquei | x | x | x | b | e | s | s |
– veicoli abitati | x | s | b | e | e | ||
– R.O.V. | x | x | s | b | e | b |
e = elevato b = buona s = scarsa
L’articolo è stato estratto dalla pubblicazione “La Posidonia oceanica“, 1995, edito dalla Rivista Marittima e descrive il cammino della strumentazione e dei metodi oceanografici per cartografare le praterie di Posidonia oceanica. Dal 1995 la tecnologia si è evoluta fornendo sistemi di posizionamento asserviti a GIS, geographical information system, che offrono prestazioni all’epoca inimmaginabili. Il trattamento 3D delle immagini fotografiche e video delle strutture morfologiche trova applicazione sia nella caratterizzazione che nel monitoraggio dei fondali con presenza di posidonia.
Paolo Colantoni, già professore ordinario di Geologia Stratigrafica e Sedimentologia dell’Università di Urbino, dopo essere stato per due volte Preside della Facoltà di Scienze MM. FF.e NN., dal 2006 fu Professore Onorario per nomina del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica. Tra i primi in Italia utilizzò l’immersione subacquea nella ricerca scientifica, in particolare, nell’ambito delle Scienze Geologiche ottenendo diversi riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale. La sua intensa attività di ricerca è documentata da numerosissime pubblicazioni scientifiche riguardanti diversi aspetti dell’Oceanologia che lo hanno portato a significative collaborazioni internazionali. In particolare, il Professor Colantoni fu Direttore di Ricerca in Geologia Marina del CNR, Presidente del Comité de Penetration de l’Homme sous la Mer della Commissione per lo studio scientifico del Mediterraneo con sede a Monaco, ospite di J.Y. Cousteau a bordo della N/O Calypso, ed osservatore scientifico nei sommergibili IFREMER per ricerche fino a 3000 metri di profondità. Non ultimo tridente d’oro e Presidente dell’Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche subacquee. Tutti noi ricordiamo Paolo Colantoni, recentemente scomparso (2015), con immutata stima ed affetto.
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