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livello medio
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ARGOMENTO: REPORTAGE
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: LITORALE LAZIALE
parole chiave: reportage, spiagge
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Lo spostamento legato al viaggio è forse il modo migliore per cogliere la forma di un territorio attraverso l’insieme dei frammenti percepiti lungo il proprio cammino. Una sorta di rinnovato nomadismo che recupera il senso costruttivo e percettivo delle antiche (mare) e delle nuove (strada) percorrenze. Il Mare è il luogo principale di questo mio viaggio e la navigazione a vela ricompone i singoli frammenti in un’immagine complessiva che contiene architettura e geografia, caratteri della costruzione e disegno del territorio.
Per viaggiare ho dovuto dispormi attraversando ciò che mi circonda e lasciarmi attraversare, penetrare dalle immagini e dalle sensazioni, senza preconcetti e assumere un linguaggio architettonico di “grado zero”, stabilendo così un rapporto diretto, un contatto con le cose reali, naturali ed artificiali. Lo spostamento lento e sensoriale, il farsi trascinare da una fresca e favorevole brezza costiera mi consente di registrare ogni elemento che incontro lungo il percorso, di intuire l’esistenza delle relazioni tra gli elementi, le leggi che regolano la disposizione delle “cose” sul suolo. L’osservare le cose, preferire il vedere al pensare, costituisce un punto di partenza obbligato per questa esperienza: vedere significa sempre immergersi nel mondo, pensare, invece, prenderne le distanze.
Foto all’alba alla Fiumara Grande, foci del fiume Tevere, Ostia, Roma, Lazio – Autore Scattare61 Fiumara Grande all’alba.jpg – Wikimedia Commons
Questo viaggio comincia all’alba, mollando gli ormeggi da un precario pontile in legno nel canale di Fiumara Grande. Lascio un paesaggio fluviale ricco di straordinaria vivacità, esempio di un “fai da te” costruttivo, dove l’assenza di una gestione unitaria degli interventi dichiara precarietà e temporaneità, il non-compiuto, l’abbandono! Capannoni, baracche, lamiere ondulate, antiche bilance, vecchie reti, relitti e migliaia di imbarcazioni a vela; tutti elementi puntuali di un discorso ricucito lungo l’argine del Tevere, passivo spettatore di un suggestivo “non-luogo” antropologico. Mi posiziono a circa tre miglia di distanza dal lido di Ostia e, spinto da un leggero vento di maestrale, avanzo lentamente verso sud ad una velocità di sei nodi e percepisco sottovento, alla mia sinistra, un’immagine completa e chiara di ciò che osservo.
Scorcio del Lido di Ostia in inverno – Public domain – Autore Haneburger Lido di Ostia …jpg – Wikimedia Commons
Una striscia di terra, densa di segni, come concrezioni lineari sinuose (dune sabbiose) ed incisioni rettilinee (costruito), una linea di costa chiara e sabbiosa, un edificato eterogeneo ma in un monotono disegno d’insieme, come un basso filo di “edilizia minore”, spontanea, abusiva o … ufficiale di ricucitura che si poggia in-discretamente sulla battigia. Un notevole dizionario della logica costruttiva dell’Uomo; isolate architetture del bel razionalismo accademico e concorsuale ed altre interessanti “neo-liberty-ne“ in forme astratte e fantasie eclettiche, insieme ad interi comparti post bellici d’espansione e speculativi.
Dai primi anni del 900 architetti di prestigio intervennero per progettare e migliorare l’assetto urbanistico della cittadina: Moretti, Lapadula, Libera, Piacentini, Milani, etc. Molti di questi pezzi di storia ancora possiamo osservarli, alcuni sono stati bombardati come lo stabilimento Roma (1943), altri demoliti e ricostruiti oppure sostituiti da edifici completamente diversi che stravolgono l’armonia e il progetto originario.
Ostia, stabilimento balneare Roma visto dall’alto – Fonte www.archiviocapitolinorisorsedigitali.it – Autore non noto Ostia Roma.jpg – Wikimedia Commons
Dal suburbano al non-pianificato, dall’Architettura degli architetti a quella dei geometri e costruttori, da un’edilizia su commissione ad una spontanea molto spesso più onesta, chiara, logica ed esplicita nel dichiarare il valore estetico della propria funzionalità. Incontro così un’edilizia abitativa sparsa a profusione ed una turistico-ricettiva di moderno ed efficace linguaggio comunicativo, insieme ad altri più pallidi esempi contemporanei di tentata concezione mediatica, almeno nella loro definizione più spettacolare del termine.
Ostia si prepara, così, a vestirsi di moda! a difesa del territorio litorale.
La Facciata, come unico protagonista ufficiale della costruzione, è tipicamente nordica, una moda d’oltralpe dei paesi “sotto illuminati“. In Italia, specie nelle nostre latitudini, la tradizione si trasforma nel semiaperto, nel portico, nel pergolato, nel chiostro come spazio confine verso cui guardano gli ambienti interni, in un discorso climaticamente consapevole. Oggi, rispetto al passato, viviamo un ribaltamento; la regola d’arte diventa diversa, in qualche modo assolvimento delle funzioni che determina in qualche modo l’estetica. L’origine dell’idea in architettura e in edilizia ha dei padri completamente diversi da quelli del passato, con l’unica limitazione, a mio giudizio, data dal “contesto” che in qualche modo si fa attore importante del concepimento architettonico contemporaneo.
La stessa definizione terminologica contesto mi induce a pensare in termini trasgressivi: un’operazione, un gesto contestuale ad un contesto equivarrebbe ad una sovrapposizione di due colori uguali, due note identiche, in una monocorde univocità di segnali che non crea messaggio o informazione; strana assonanza “contestare il contesto“! Un contesto, per essere definito, quindi, deve necessariamente contenere dei parametri digressivi, dissonanti per poter essere da noi letto.
L’Architettura, come l’arte, la cinematografia e qualunque altra manifestazione estetica, ha prodotto costantemente opere in digressione con i contesti, con interventi leggibile come operazione di trasgressione. Non sarebbe esistito il Guggenhaim di Wright se il contesto New York non si fosse posto, provocatoriamente, con i propri assi stereometrici, e non sarebbero esistite le opere di Aalto, Loos, Le Corbusier, tutte leggibili in questa logica comune di trasgressione.
L’Arte poi se ne fa un obbligo
La città e i luoghi dell’abitare per essere vivificati, per seguitare ad esistere, per seguitare a corromperci necessitano di trasgressioni ; troppo facile adeguarsi al postulato, alla tradizione, alle norme, ai codici e ai conformismi e formalismi “urbatettonici“. Ad Ostia, il costruito viene concepito dunque in “contesto”, senza compromessi astratti. Percorro altre cinque miglia e d’improvviso s’interrompe quel compatto nastro di cemento per dare spazio improvviso al grande vuoto “istituzionale” della tenuta del Presidente.
Un respiro incontaminato, per poi riprendere d’affanno con discreti e mimetici disturbi dei noti sette cancelli romani, moderni “vomitoria” d’accesso alla lunga e profonda battigia di sabbia finissima di Castel Porziano, luogo culto d’incontro delle tintarelle romane.
Spiaggia di Capocotta nella Riserva Naturale del Litorale Romano, Ostia, Roma – foto di Patafisik Spiaggia di Capocotta Roma.jpg – Wikimedia Commons
Incontro l’oasi naturale di Capocotta, le spiagge dei nudisti, gay friendly, dei chioschi, dell’Effimero e della cultura underground, per poi disperdermi nuovamente nella città lineare costiera dei capimastri e artigiani … da Torvaianica ad Ardea e Lavinio. Un territorio urbanizzato, con un assetto insediativo regolare, compatto ma che trasgredisce i codici vigenti di corretta espansione, acquistando significato quanto più incarna la deroga.
Nell’architettura ufficiale domina il disegno con le sue proporzioni, simmetrie, sequenze ripetitive, schemi tipologici, etc. mentre nell’edilizia minore, popolare, spontanea o abusiva di sanatoria, il disegno conta poco non è mai a priori; perciò la materia, la grana, il colore, dominano; la pastosità, la capacità di assorbire e riflettere o respingere la luce; le screpolature, le scolature, gli effetti della pioggia e del vento, i segni dell’invecchiamento, il fascino di un estetica anarchica .
Il tono depresso, la situazione edilizia dismessa e abbandonata , il carattere da non-luogo, di borgata spontanea, ufficiale o abusiva, rendono, a mi9o parere, questo tratto di costa, singolarmente attrattivo. L’insediamento informe e disorganico, il rifiuto dei tradizionali connotati di corretta espansione, testimoniano paradossalmente una forte libertà da pregiudizi formali e da molti strumenti urbanistici. Riesco così, per assurdo, a cogliere anche positivi risvolti sociali come testimonianze di una “urbanistica democratica e popolare”.
Gli abitanti agiscono in un regime di totale disponibilità di aree senza sottostare a nessun tipo di vincolo urbanistico-edilizio, questo consente loro di provvedere autonomamente, senza condizionamenti da leggi di mercato, al reperimento dei materiali da costruzione. Essi approfittano quindi di una grande libertà di progettazione ed esecuzione delle opere, dando vita ad un impianto urbanistico perfettamente adeguato, purtroppo, alle loro esigenze abitative, sociali, di cultura e di tradizioni privo di ogni attenzione formale di tipo accademico, ma casualmente nato per mere esigenze private e personali di un’Architettura senza Architetti.
Sacha Giannini
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architetto, yacht designer, perito navale ed ex ispettore di sicurezza del diporto per il rilascio delle certificazioni di sicurezza, è un appassionato e profondo conoscitore delle imbarcazioni a vela che effettua valutazioni tecniche e stime commerciali. Dal 2000 esercita la professione di architetto, tra terra e mare, impegnato nell’architettura come nel refitting di barche.
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