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livello elementare.
ARGOMENTO: NAUTICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: campana di bordo, battere l’ora
Alla voce “Campana”, il Vocabolario Marinaresco edito dalla Lega Navale Italiana nel 1932 citava categoricamente: “Sulle navi non si usano orologi con suoneria automatica. Le ore si suonano mediante le campane, nel modo convenzionale indicato alla voce “battere”. Questi segnali orari hanno molta importanza per il cambio delle guardie dii coperta e di macchina, e per i turni dei vari servizi (timone, vedette). Le medesime campane si usano per i segnali nebbia quando la nave è all’ancora, e per dare l’allarme in caso d’incendio a bordo. Chiunque si accorga di un principio d’incendio ha l’obbligo di correre alla campana e di suonarla a stormo”.
Campana , un nome italiano
Il nome italiano, Campana, deriva da Campania, che è storicamente la regione italiana nella quale venivano fuse le campane in origine. Usate in antichità per compiti religiosi, nel tempo furono adottate dalle navi diventando parte delle tradizioni delle marine e delle flotte mercantili del mondo sia per usi funzionali che cerimoniali. Una delle prime menzioni registrate della campana di una nave fu sulla nave britannica Grace Dieu intorno al 1485. La più antica campana recuperata in mare appartiene ad una nave portoghese della flotta di Vasco de Gama, naufragata al largo dell’Oman, datata 1498. Circa dieci anni dopo, un inventario della nave inglese Regent elencò due “wache bells” ovvero campane per il servizio di guardia.
Un accessorio non solo navale con una lunga storia
La campana viene realizzata in ottone o bronzo (le migliori erano fuse con una lega all’80% di rame e per il 20% di stagno). La parte superiore è detta Testata e appena al di sotto troviamo il Ventre, all’interno troviamo l’Ansola, alla quale viene appeso il Batacchio che, battendo contro la struttura interna, la fa risuonare. Per facilitare il procedimento dal battacchio pende l’unica corda presente su una unità navale, a significare che per i marinai il resto sono cavi, gomene, stroppi, cime, sagole, messaggere, drizze, etc.
Il nome della nave è sempre inciso sulla testata della campana con l’anno del varo e, qualche volta, il nome del cantiere dove era stata costruita, fattori che consentono spesso di poter risalire al nome del relitto – autore Hammersfan – File:HMS Cavalier ship’s bell.jpg – Wikimedia Commons
Se il nome di una nave veniva cambiato, la tradizione marittima imponeva che la campana originale rimanesse a bordo. Quando la nave era messa in disarmo la campana veniva (e viene) smontata e conservata in una sede di rispetto.
specifiche tecniche delle campane della USN – dal Naval Artificers Manual, 1918 The Ship’s Bell (navy.mil)
Utilizzate per segnalare, tenere il tempo e suonare gli allarmi di bordo, le campane sono da sempre una parte importante per cadenzare gli eventi di bordo. Prima dell’avvento del cronometro, il tempo in mare veniva misurato dal rivolo di sabbia attraverso una clessidra di mezz’ora. Uno dei mozzi della nave aveva il compito di sorvegliare la clessidra e di girarla quando la sabbia era finita. Dopo aver girato la clessidra, il marinaio addetto suonava la campana come conferma di aver effettuato tale operazione.
clessidra di bordo per misurare i periodi di servizio – autore © Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons – CC-BY 2.5
Marine sandglass MMM.jpg – Wikimedia Commons
L’uso di suonare la campana per regolare la vita di bordo si è evoluto nel tempo; gli equipaggi, avendo turni da quattro ore, tenevano il tempo grazie al suono della campana fatta risuonare con un tocco ogni mezzora. Questo uso ancora esiste a bordo delle navi scuola come il Vespucci, dove marinai ed allievi si adeguano al suono per i cambi della guardia, nonostante nel tempo sulle unità maggiori le campane sono state sostituite dagli avvisi per interfono. A differenza delle campane dei campanili, il cui suonare era legato all’ora calcolata dagli orologi, questo per lungo tempo non fu possibile in mare. Semplicemente le navi non avevano orologi e nella loro navigazione attraversavano fusi orari diversi, cosa che scombinava non poco la vita di bordo. Il tempo veniva calcolato con la rotazione di clessidre di mezz’ora, affidate a giovani ufficiali o marinai, che dovevano ad ogni rotazione battere un tocco di campana.
Sempre sul Vocabolario Marinaresco della Lega Navale Italiana, alla voce battere, in merito a suonare le ore con la campana di bordo si legge: “ Batti otto. E’ l’ordine di suonare il mezzogiorno , quando se ne è determinato l’istante a mezzo di un’osservazione del sole. Si dice in quel modo perché a bordo le ore, il cui numero è multiplo di quattro, si indicano tutte con un sol gruppo di quattro tocchi doppi di campana; le ore comprese tra le suddette si suonano rispettivamente con uno , due e tre tocchi doppi, e le mezze ore aggiungendo un tocco semplice.”
Nella marina britannica, nel 1797 avvennero due seri ammutinamenti nelle acque inglesi, Spithead e Nore, che coinvolsero simultaneamente molte navi. Dopo quello avvenuto a Nore (nei pressi del Tamigi che ebbe un esito molto più cruento) avvenuto alle 18:30 in contemporanea con il segnale di cambio guardia (per cui erano previsti 5 tocchi di campana), le navi britanniche cambiarono allo stesso orario il numero di tocchi da 5 a 1 (prima era 2 2 1 ovvero 2 doppi tocchi ravvicinati e un singolo tocco). |
Come rifasavano il tempo sulle navi?
Un tempo sulle navi il mezzogiorno era calcolato dall’ufficiale di rotta con l’osservazione del passaggio del sole allo zenith (mezzogiorno vero); in navigazione, per suddividere equamente lo sforzo, l’equipaggio di bordo era organizzato in squadre di ugual numero di elementi che si alternavano ogni quattro ore seguendo il tempo misurato sulla base della rotazione delle clessidre.
Osservazione con il sestante – un allievo dell’Accademia della Guardia costiera degli Stati Uniti si esercita all’uso del sestante durante una sessione di addestramento serale a bordo della nave della Guardia Costiera degli Stati Uniti Eagle il 13 settembre 2012 – Foto della Guardia Costiera degli Stati Uniti – allievo ufficiale di 1a classe Lauren Jorgensen
Officer Candidates Aboard Barque Eagle (8147716536).jpg – Wikimedia Commons
Sebbene i turni fossero di quattro ore, a volte, nelle ore pomeridiane e serali, i turni potevano essere ridotti per consentire all’equipaggio di spezzare il ritmo di turnazione. Ancora oggi, sulle navi, specialmente quelle militari, si applicano due turni brevi di guardia in navigazione, della durata di due ore (dalle 16 alle 18 il primo e dalle 18 alle 20 il secondo) detti gaettone, dal termine veneziano gaetón, da guaita ovvero «guardia» (in ambito anglosassone dog watch).
Tra le tante curiosità, alla mezzanotte del capodanno in alcune marine si usava suonare le campane con 16 tocchi, otto per il vecchio e otto per il nuovo anno. Il numero otto è curioso e veniva usato anche per la morte di un marinaio per indicare che era terminato il suo … turno. Ancora oggi nel gergo nautico anglosassone il termine “eight bells” viene talvolta usato nei necrologi come eufemismo per il decesso.
Una curiosità Tradizionalmente, in alcune marine, la campana era mantenuta dal cuoco della nave. Sembrerebbe che questa tradizione nacque per permettere al cuoco di dormire un pò di più. In pratica il nostromo o chi di turno accendeva il fuoco nelle cucine in modo che fosse già pronto al risveglio del cuoco per preparare la colazione. In cambio, il cuoco si occupava della pulizia della campana della nave, dovere normalmente di competenza del nostromo. Oggigiorno, la manutenzione è affidata ai marinai incaricati del posto di lavaggio della parte della nave in cui si trova la campana. |
Oltre a richiamare il cambio delle ore, il suono della campana di una nave era usato come segnale di avvertimento per altre navi in condizioni di scarsa visibilità e nebbia. Nel 1858, i regolamenti navali britannici resero obbligatoria questa funzione importante di avviso, assolutamente necessaria in epoche in cui, in caso di nebbia le navi navigavano alla cieca nella nebbia. Con le prime reti interfoniche l’utilizzo della campana viene ancora impiegato per le segnalazioni in caso di nebbia. Oggi la presenza delle campane a bordo non è solo un fatto di tradizione; il Regolamento Internazionale per prevenire gli abbordi in mare, firmato a Londra il 20 Ottobre 1972, prevede (Regola 33) che “una nave di lunghezza uguale o superiore a 12 metri deve essere provvista di un fischio o di una campana” e circa i segnali sonori in condizioni di visibilità ridotta (Regola 35) stabilisce che “una nave all’ancora deve ad intervalli non superiori ad un minuto suonare la campana rapidamente per circa 5 secondi. Su una nave di lunghezza uguale o superiore a 100 metri la campana deve essere suonata a prora ed immediatamente dopo il suono della campana deve essere suonato rapidamente nella parte poppiera della nave.” Questo vale anche se sono disponibili sistemi radar asserviti a sistemi di navigazione moderni.
Nelle marine veliche, la campana poteva essere usata anche per annunciare l’arrivo a bordo di persone di riguardo
Oggi questa usanza è ancora presente sulle navi militari dove, l’arrivo o la partenza degli Ufficiali è salutata con il fischio o meglio con un numero di fischi e trilli legato al grado del personaggio. L’ordine è composto dal numero dei “fischi” e dal termine banda che indica il lato della nave, dritta e sinistra, un ordine che indicava nella marina velica anche il numero di persone chiamate per dare gli onori.
Ancora oggi gli onori sono dati secondo la regola che maggiore è il grado/livello, maggiore è il numero di “fischi”:
DUE ALLA BANDA, per gli Ufficiali fino al grado di Tenente di vascello e rispondenti gradi/livelli sia militari sia civili;
QUATTRO ALLA BANDA, per gli Uff/li fino al grado di Capitano di vascello e rispondenti gradi/livelli sia militari sia civili;
SEI ALLA BANDA, per gli Uff/li da Contrammiraglio fino al grado di Ammiraglio di Squadra e rispondenti gradi/livelli sia militari sia civili;
OTTO ALLA BANDA, per la Bandiera Nazionale/Navale, per i Capo di Stato, per il SS Sacramento e per i Caduti.
Ma questa è un’altra storia, torniamo alle campane di bordo.
Come fonte battesimale
Alla nascita di un bambino, sulle navi passeggere che attraversavano gli oceani, era consuetudine battezzarlo sotto la campana della nave; spesso veniva temporaneamente rimossa dalla sua sede ed utilizzata come ciotola per l’acqua santa. Una volta completato il battesimo, il nome del bambino veniva poi registrato sul diario di bordo (giornale di chiesuola). Sembra che questa usanza anglosassone ebbe origine nella marina britannica e ancora oggi in questo importante giornale sono trascritti tutti gli eventi della nave: dalle rotazioni delle guardie, alle condizioni del mare e del vento, ai cambiamenti di rotta e di velocità nonché le attività particolari che avvengono sulla nave. Il giornale di chiesuola, dopo il disarmo di una nave militare, viene conservato negli archivi della Marina, essendo considerato a tutti gli effetti un documento ufficiale.
la quasi centenaria campana di Nave Vespucci – fonte https://web.archive.org/web/20161018024132/http://www.panoramio.com/photo/42631728 – autore il Direttore – Campana dell’Amerigo Vespucci – panoramio.jpg – Wikimedia Commons
Sebbene molte di queste tradizioni non siano più seguite, la campana navale non ha perso il suo fascino e i suoi tocchi ci richiamano ancora quei tempi, non poi così lontani, in cui l’Uomo iniziava a solcare gli oceani alla ricerca di prosperità e di avventura.
Andrea Mucedola
in anteprima, la campana della Regia Nave Puglia. Dopo un’intensa attività operativa, il Puglia, nel 1923, dopo essere stato posto in disarmo e radiato, venne donato dalla Regia Marina italiana a Gabriele d’Annunzio: la prua e gran parte delle sovrastrutture vennero quindi trasferite nel parco del Vittoriale degli italiani, a Gardone Riviera sulla sponda bresciana del lago di Garda, simbolicamente rivolti verso l’Adriatico. – autore della foto Ysogo – Vittoriale degli italiani – Regia nave Puglia – Campana di bordo.jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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