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ARGOMENTO: STORIA NAVALE ROMANA
PERIODO: I SECOLO d.C.
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Flotta romana
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Il grandioso dispositivo navale della marina dell’alto Impero era dunque costituito da tutte le predette flotte, che erano schierate su scala “globale” (per le conoscenze dell’epoca) e che appartenevano a due distinte categorie: le due flotte centrali, in cui compito primario era la difesa dell’Italia, e quelle periferiche, operanti nelle acque delle province dell’impero. Mentre le prime includevano navi di tutti i tipi, dalle grosse poliremi (quadriremi, quinqueremi e una esareme), alle triremi e alle unità minori, le flotte provinciali furono normalmente costituite da liburne (unità sottili, a due ordini di remi come le biremi, ma celebri per la loro maggiore velocità), talvolta precedute da eventuali triremi, come navi ammiraglie. Queste ultime flotte furono basate in porti già esistenti, risistemati dai Romani. Per le due flotte maggiori, invece, si rese necessario allestire, fin dagli anni della loro costituzione, due nuove basi navali specificamente concepite per esse, a Ravenna e a Miseno. Tali basi, che risalgono entrambe al principato di Augusto, furono progettate secondo criteri di ampio respiro, razionali e lungimiranti, che risentirono visibilmente della competenza navale organizzativa, operativa e strategica di Marco Agrippa.
Base navale di Ravenna
Delle due, la meno conosciuta è certamente quella di Ravenna, poiché l’interramento dell’antica laguna e le successive modifiche della conformazione del litorale hanno completamente trasformato il paesaggio, rendendolo pressoché irriconoscibile. In epoca antica, infatti, la fascia costiera altoadriatica dell’Italia era internamente bagnata da una lunga serie di lagune costiere. In quella più meridionale, al di qua del Po, Ravenna occupava una posizione che presentava molte analogie con quella che ci è familiare per Venezia, essendo anch’essa intersecata da canali e circondata dall’acqua. Quella laguna venne prescelta da Augusto poiché poteva offrire un eccellente riparo alle navi anche nei periodi invernali, consentendo nel contempo di mantenere un buon controllo della fascia costiera dalmatica e un rapido accesso all’area balcanica danubiana. La base navale venne creata non lontano da Ravenna, laddove sorse il sobborgo che prese il nome dalla flotta (classis), venendo chiamato Classe. A beneficio della base furono eseguiti degli impegnativi lavori marittimi, come lo scavo della fossa Augusta, canale navigabile di collegamento fra il Po e la laguna, e la costruzione di un grandioso faro.
resti dell’antico porto di Classis Classe harbour archaeological site, street and walls.JPG – Wikimedia Commons
Il porto militare, di cui l’archeologia ha per ora rilevato solo pochi indizi, doveva essere particolarmente ampio, visto che, secondo Cassio Dione, aveva una capienza di 250 navi. Fra i reperti rinvenuti nell’area di Classe, vi sono molte sepolture di classiari e un gran numero di epigrafi, che forniscono svariate informazioni sul personale e le relative navi, attestando altresì l’esistenza di castra (alloggiamenti per i classiari, disposti sul modello dei tipici accampamenti romani), anche se questi non sono stati ancora localizzati.
Nella base navale dovevano inoltre essere presenti delle terme, le sedi delle associazioni dei classiari, i luoghi di culto, oltre a tutte le infrastrutture indispensabili, quali le opere marittime portuali, i cantieri, le officine, le cisterne d’acqua e i vari magazzini e depositi per armi, attrezzature nautiche, vestiario e viveri. L’intero complesso era probabilmente protetto da mura, mentre l’imboccatura del porto doveva essere presidiata da due torri quadrangolari, per controllare l’accesso o chiuderlo con le catene (quando non erano previsti movimenti) e forse anche in funzione di fanali d’ingresso. A nord di Ravenna, presso la foce dell’antico ramo del delta del Po, chiamato allora Padusa, collegato alla laguna ravennate dalla fossa Augusta, sono stati rinvenuti i resti di possenti moli che dovrebbero coincidere con il vicino Porto Vatreno, un altro approdo imperiale talvolta sfruttato dalla flotta Ravennate. Esso era stato utilizzato dall’imperatore Claudio che, al rientro dalla sua fulminea spedizione in Britannia, aveva effettuato una breve navigazione fluviale a bordo di una nave gigantesca – grande “come un palazzo” – e si era ormeggiato in quel porto prima di effettuare una specie di cerimonia trionfale in mare al cospetto delle navi e dei classiari ravennati.
Rappresentazione della grande area abitata (conurbazione) che comprendeva Ravenna, Cesarea e Classe – da Classe Regina di Stefano Mammini – Fonte Classe regina | Stefano Mammini – Academia.edu
È probabile che quella nave fosse una delle due colossali deceres liburnicae che suo nipote Gaio Caligola aveva fatto costruire come navi di rappresentanza in funzione del suo programmato viaggio ad Alessandria (viaggio annullato per la morte del giovane imperatore pochi giorni prima della partenza).
Fine parte 3 – continua
Domenico Carro
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estratto dal saggio Classiari di Domenico Carro – Supplemento alla Rivista marittima aprile-maggio 2024 – per gentile concessione della Rivista Marittima, dedicato alla memoria del figlio Marzio, corso Indomiti, informatico visionario e socio del Mensa, prematuramente scomparso
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PARTE IV
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ammiraglio di divisione della Riserva della Marina Militare Italiana, dal momento del suo ritiro dal servizio attivo, assecondando la propria natura di appassionato cultore della Civiltà Romana, ha potuto dedicarsi interamente all’approfondimento dei suoi studi storiografici, nell’ambito dei quali ha pubblicato numerosi libri e saggi, creato l’interessantissimo sito ROMA AETERNA ed il foro di discussione FORVM ROMAETERNA (2001-2013), poi sostituito dall’istituzione di pagine estratte da “Roma Aeterna” nelle maggiori reti sociali, quali Linkedin, Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, etc. Non ultimo, l’ammiraglio Carro è relatore in importanti convegni, nazionali ed internazionali sui temi della storiografia romana e della salvaguardia della cultura marittima.
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