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La nuova strategia navale russa: le debolezze in un ambito globale – parte II

tempo di lettura: 8 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: RUSSIA
parole chiave: Marina russa, Voenno-Morskoi Flot (VMF)

Le debolezze della nuova strategia marittima globale russa

Nonostante le importanti aspettative, la nuova strategia marittima russa presenta delle debolezze giuridiche, concettuali e strutturali. Prima di tutto le velleitarie rivendicazioni russe sull’Artico non trovano supporto a causa dall’imperfetta delimitazione di quelle aree marittime internazionali, che lasciano molto spazio a interpretazioni. Ciò non permette alla Russia di sostenere con i necessari strumenti giuridici le sue pretese e consente agli altri paesi artici (il Consiglio Artico è composto da Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Stati Uniti e Svezia) 1 di opporre solide resistenze. Mosca giudica poi come mosse aggressive i tentativi di aggiornamento della Convenzione di Montreaux sul regime degli Stretti e teme che questa possa essere rivista in senso restrittivo, cosa che causerebbe ulteriori problemi alla propria capacità di trasferimento delle navi militari dal Mar Nero al Mediterraneo. Già oggi Ankara, ancorché abbastanza “tenera” nei confronti di Mosca, in seguito alle vicende ucraine ha bloccato il passaggio di qualunque nave militare russa attraverso Dardanelli e Bosforo. C’è poi la questione della consistenza numerica e dell’efficienza delle unità navali. Gli affondamenti del Moskva e successivamente di altre significative unità russei 1, che hanno suscitato molto clamore mediatico, hanno evidenziato una serie di problematiche in merito all’efficienza e alla capacità operativa della VMF. A causa della drastica riduzione quantitativa derivante dai tagli di bilancio, all’indomani della disgregazione dell’Unione Sovietica, la VMF è stata probabilmente la Forza Armata che ha subito le maggiori penalizzazioni sotto il profilo della capacità operativa. Con la perdita di personale, la perdita di infrastrutture di produzione e di manutenzione e la perdita di basi, la flotta d’altura russa è rimasta per lungo tempo inutilizzata, tant’è che sembrava ormai solo l’ombra di quella che fu la Marina Sovietica. Solo i sottomarini strategici hanno beneficiato, nel tempo, di importanti investimenti per il rinnovo della componente. Come risultato, le unità di superficie oggi presentano realtà contrastanti, con le corvette come unità più nuove e moderne. Le maggiori unità d’altura, infatti, si trovano in una situazione abbastanza delicata perché, nonostante sia rimasto inalterato il loro complessivo potenziale bellico, sono composte prevalentemente da unità obsolete, rimaste sostanzialmente all’epoca sovietica. In tale ambito, l’Аdmiral Kuznecov, l’unica unità portaerei formalmente ancora in servizio, è affetta da pesanti problemi tecnici e si limita a qualche breve uscita in mare a scopo propagandistico. Al momento, per esempio, si trova in cantiere a Mourmansk dal maggio 2022. Solo alcune unità maggiori hanno beneficiato di ammodernamento, mentre le rimanenti hanno un equipaggiamento elettronico per buona parte superato o sono state decimate per le ricorrenti avarie. In sostanza, le fregate ASW classe “Udaloy” rappresentano il nocciolo duro della flotta d’altura.

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sottomarino russo emerge tra i ghiacci dell’Artico – marzo 2021. (Russian Ministry of Defense/Released) 

Ciò chiama in causa gli arsenali e i cantieri navali nazionali. La costruzione navale russa oggi più che mai sta attraversando grossi problemi nella realizzazione in tempi ragionevoli di unità di superficie di un certo tonnellaggio, in parte per motivi esogeni (le turbine a gas venivano costruite in Ucraina dalla Zorya Mashproekt di Mykolaiv, nel sud del paese, risultata imprendibile dalle truppe russe) ma anche per motivi endogeni, vista l’elevata corruzione endemica e la gestione fallimentare di alcuni cantieri navali importanti. In merito, il documento russo riconosce che la disponibilità di moderne infrastrutture, indipendenti da interessi esterni, è una delle principali condizioni per garantire la sicurezza nazionale e lo sviluppo sostenibile della popolazione della Federazione Russa. Dato che in epoca sovietica, il più grande cantiere navale era situato in Ucraina, a Mikolaiv, oggi si pone il problema di dove costruire una idonea struttura che possa garantire la realizzazione di navi adeguate al livello di ambizione russo. Tanto per chiarire i termini del problema, Mikolaiv è il luogo dove è stato costruito il Moskva, ammiraglia della flotta del Mar Nero fino al momento dell’affondamento. Oltre a identificare la località dove costruire l’infrastruttura, prima di cominciare a costruire le navi si dovranno costruire adeguati bacini di carenaggio, ecc… Tutte operazioni che richiedono tempo e molti investimenti. A ciò si aggiungono le intuibili difficoltà derivanti dalle sanzioni internazionali, che rendono ancora più acuti i problemi nella costruzione/manutenzione delle navi.

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cartolina ucraina sull’affondamento della Moskva – autore Vi Ko
Russian military warship, … gif – Wikimedia Commons

Vi è anche una ulteriore carenza strutturale che ostacola il raggiungimento degli obiettivi elencati nel documento e che la Russia sta cercando di colmare. Si tratta della scarsa disponibilità di basi navali in grado di supportare le operazioni della VMF in acque distanti dai propri confini (per esempio l’area del Pacifico). In tale ambito, l’obiettivo perseguito negli ultimi anni da Mosca di creare un potente triumvirato mondiale con Pechino e Nuova Delhi appare abbastanza velleitario, stante la forte e permanente ostilità esistente tra i due paesi asiatici. Tutto ciò mina l’intenzione di Putin di costruire dei nuovi equilibri marittimi comuni con i due paesi più popolosi del mondo, in un’area che vede costantemente crescere la sua importanza commerciale. Con l’eccezione del Mediterraneo, quindi, la Marina russa al momento non conta su una significativa rete fuori area di supporto logistico alle proprie unità. Nonostante il lungo confine marittimo, inoltre, al momento la Russia non ha la possibilità di accesso diretto e continuativo agli oceani aperti, facoltà indispensabile per mantenere viva la sua economia. Mosca ha, infatti, pochissimi porti impiegabili in maniera permanente, dato che i porti nordici e del nord-est sono ancora utilizzabili solo per una parte dell’anno. È questo il motivo per il quale è tanto attiva nelle “acque calde” del Mar Nero e del Mediterraneo, come dimostrato dalla seppur breve dislocazione in Mediterraneo del gruppo navale al seguito del Varyag, lo scorso anno. Ciò rende il nostro uno dei principali bacini di confronto.

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Foto di membri del raggruppamento permanente della flotta della Marina russa nel Mar Mediterraneo di base in Siria, ufficialmente per assicurare la difesa aerea nella regione – Fonte http://syria.mil.ru/photo/gallery.htm?id=27388@cmsPhotoGallery – Autore Russian Ministry of Defence File:Постоянная группировка ВМФ России в Средиземном море обеспечивает противовоздушную оборону над территории Сирии (6).jpg – Wikimedia Commons

Considerazioni sul Mediterraneo
La Russia attuale è un paese europeo che ha storici interessi nell’area euromediterranea, tanto più dopo l’occupazione della Crimea, da Mosca considerata trampolino per l’espansione verso i bacini del Mediterraneo, del Mar Rosso e del Golfo Persico. Come detto, il Mediterraneo è il teatro dove la Marina russa ha il maggiore supporto logistico per le proprie attività. Alla disponibilità della base navale di Tartus (Siria) la Russia può, infatti, contare anche sulla limitata disponibilità di un certo numero di altri porti ospitali lungo le coste meridionali del bacino, come Alessandria d’Egitto e Algeri. A questi si aggiungono poi i porti mediterranei sui quali si stanno concentrando gli investimenti cinesi che, se verranno mantenuti i dichiarati vincoli di amicizia, potrebbero eventualmente essere messi a disposizione delle navi militari russe. Per non parlare dei porti della Cirenaica, punta di diamante della penetrazione russa nel Mediterraneo centrale, a poche miglia dalle nostre coste e dalle basi aeronavali di Sigonella, Augusta e Catania. In tale quadro va letto l’attuale sforzo diplomatico russo per il raggiungimento di un accordo con il generale Haftar per la definizione delle modalità di utilizzazione del porto libico di Tobruk da parte delle navi militari russe. Al momento, la consistenza complessiva russa nelle acque mediterranee non richiede altri grandi porti sul tipo di Tartus, ma la crescente influenza che i russi vanno assumendo nell’area libica e l’importanza che Mosca assegna al mantenimento di quella posizione (anche in un’ottica di penetrazione nel continente africano) fa comprendere come la finalizzazione di un accordo per la base navale di Tobruk rappresenti un obiettivo strategico, soprattutto se letto in chiave di eventuali futuri ampliamenti delle infrastrutture portuali e aeroportuali militari proprio di Tobruk, ma anche di Derna, Sirte e al-Ğufra, che potrebbero assumere in futuro la stessa importanza di Tartus. Ciò permetterebbe a Mosca di utilizzare un secondo grande porto in Mediterraneo, che rappresenterebbe un avamposto della flotta russa alle porte meridionali dell’Europa e, in particolare, dell’Italia. Non è un caso, quindi, che nel nuovo documento russo venga posta particolare enfasi alla collaborazione con la Siria, che permette la continua espansione della presenza della VMF nel bacino, dove vuole più che mai ribadire la sua presenza e la volontà di recitarvi una parte da protagonista a tutto tondo, giacché gli appetiti di Mosca si spalmano lungo tutta la costa meridionale del “Mare Nostrum”. Un approccio che non è una novità assoluta ma che, con la nuova strategia marittima russa, ha ricevuto una importante accelerazione.

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credit NASA

Negli ultimi anni, infatti, era già andata aumentando la presenza della VMF nel Mediterraneo, come implicazione diretta della progressiva diminuzione della presenza navale statunitense. Iniziato sotto l’Amministrazione Obama, infatti, il ripiegamento americano si è fatto più intenso con il presidente Trump, giustificando tale riassetto delle flotte con l’esigenza di assicurare una maggiore presenza americana sul teatro Indo-Pacifico, per fronteggiare la crescente minaccia rappresentata da un’arrembante Cina e da un’insidiosa Corea del Nord. Questo riposizionamento strategico ha, però, causato un progressivo aumento dell’instabilità nel Mediterraneo, in quanto si sono aperti ampi spazi di manovra per le Marine più intraprendenti e ciniche, che hanno iniziato ad assumere una postura estremamente assertiva. La Russia, quindi, non ha fatto altro che cogliere l’occasione per rientrare su questo scacchiere fondamentale, anticipando la formalizzazione della nuova postura marittima di Mosca, dove le crisi siriana e libica hanno fornito ulteriori motivi di espansione e l’opportunità di tornare a recitare una parte importante in Mediterraneo, proponendosi nuovamente come soggetto geopolitico influente e determinante nell’area mediterranea, e non solo.

In tal senso va letta la rinnovata presenza navale russa in Siria. Con il suo intervento molto determinato, infatti, la Russia ha voluto inviare un chiaro segnale al mondo di voler nuovamente calcare il palcoscenico internazionale come attore essenziale per la soluzione delle principali questioni planetarie. In sostanza, la progressiva crescita della presenza navale russa in Siria rappresenta il mezzo con il quale sta mettendo in atto la sua strategia marittima nel fu “Mare Nostrum”. Parallelamente, Mosca sta consolidando la sua presenza in Mar Rosso, sulle coste del Sudan, con una nuova base navale con capienza di quattro unità di superficie e complessivamente personale per circa trecento unità. Si tratta in tutta evidenza di un ulteriore punto strategico dal quale Mosca potrebbe giocare un ruolo operativo nel Mediterraneo orientale, oltre che rappresentare un ponte con il Mar Rosso e il Golfo Persico.

Fine II parte – continua

Renato Scarfi

articolo pubblicato originariamente su DIFESAONLINE https://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/la-nuova-strategia-marittima-russa

Note

1 Dal 2013 l’Italia è presente nel Consiglio Artico in qualità di osservatore.

2 Con un attacco di missili SCALP/Storm Shadow, per esempio, il 13 settembre 2023 le Forze ucraine hanno duramente colpito la nave d’assalto anfibia Minsk (classe “Ropucha”) e il sottomarino convenzionale Rostov-on-Don (classe “Kilo”) mentre erano in porto a Sebastopoli. Sia per effetto delle esplosioni che dei successivi incendi a bordo, si ritiene che le due unità siano da considerare non più operative.

 

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