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28 marzo 1943: l’Esplosione della Caterina Costa

tempo di lettura: 4 minuti

 

livello elementare

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ARGOMENTO: STORIA CONTEMPORANEA
PERIODO: XX SECOLO
AREA: NAPOLI
parole chiave: M/N Caterina Costa

 

L’esplosione della motonave Caterina Costa, ormeggiata al porto di Napoli, provocò la morte di 1.600 persone e la distruzione di interi isolati. Nella primavera del 1943 era già chiaro che lo sforzo bellico italiano non sarebbe stato sufficiente ad evitare la sconfitta in Nord Africa e a condurre il Paese alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale. In quei giorni, la motonave Caterina Costa, carica di munizioni, carburante e materiale bellico per l’Africa, era ormeggiata al porto di Napoli. A bordo ci sono 790 tonnellate di carburante; 900 tonnellate di esplosivi; 1.700 tonnellate di munizioni; carri armati ed autocingolati; 43 cannoni a lunga gittata; fucili; circa 600 militari italiani e tedeschi. La prima parte della mattinata era scorsa tranquilla, con le operazioni di carico che andavano avanti senza alcun problema, ma successivamente i marinai segnalarono la presenza di piccoli incendi a bordo che, alle 17, si erano ormai propagati ad ampie sezioni della poppa.

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immagine da documentario RAI TGR Campania di Claudio Ciccarone – il varo della nave avvenuto il 14 aprile1942 nei cantieri di Riva Trigoso Caterina Costa, il ricordo di una tragedia di Claudio Ciccarone – TGR Campania il Settimanale 5/4/13 (youtube.com)

Scrisse la Prof.ssa Gabriella Gribaudi nel suo Guerra totale. Tra bombe alleate e violenze naziste. Napoli e il fronte meridionale 1940-1944 (2005):
Nella stiva di poppa, già dalle prime ore della mattina, iniziò a sprigionarsi un incendio. All’inizio si trattò di piccole esplosioni. Dai documenti rinvenuti e dalla corrispondenza tra le Autorità, come Prefettura, Marina Militare, Autorità del porto, si evince chiaramente che su tutti prevalse l’indecisione, l’incapacità di assumere delle decisioni e che, per una studiosa di storia, è un’ulteriore dimostrazione della mentalità delle “élite dirigenti” del fascismo: avventurismo, incapacità di decidere e di operare in sintonia con i vari centri del potere, scarsa sensibilità verso la gente comune furono i caratteri distintivi del regime. Devo aggiungere che le sirene non suonarono, come avveniva in caso di “bombardamenti”, per cui i cittadini ignari non corsero nei rifugi.

Alle 17, l’incendio infuriò su buona parte della poppa. Tra ordini e contrordini, iniziarono le operazioni di spegnimento, che suscitarono la curiosità dei napoletani. In molti si recarono al porto per dare un’occhiata e capire cosa stava accadendo. Le autorità non fecero suonare le sirene per gli attacchi aerei, né segnalarono in altro modo alla popolazione che c’era il grave rischio di una grande esplosione ed il porto era letteralmente pieno di persone.

Sono le 17.39. La deflagrazione è apocalittica; si sente e si vede a decine di chilometri di distanza. Disintegra il molo, affonda le navi più vicine, rade al suolo interi isolati e polverizza all’istante centinaia di persone.

Secondo una fonte dell’epoca: “Il molo sprofonda letteralmente trascinando un gruppo di caseggiati vicini, due palazzi vengono letteralmente schiacciati dalla prua della nave, un carro armato fu rinvenuto sulla terrazza di un palazzo. Furono sollevati molti dubbi, si pensò anche ad un attentato, ma nulla emerse dalle serrate indagini che seguirà il drammatico evento.”

L’esplosione della Caterina Costa non solo devastò il porto di Napoli, ma investì l’intera città con la sua onda d’urto e i detriti della nave. Pezzi di metallo e rovine piovvero su quartieri come Piazza Garibaldi, Borgo Loreto, Sanità, causando numerosi feriti. La Stazione Centrale venne colpite e andarono a fuoco i vagoni in sosta. I Magazzini Generali presero fuoco e i detriti arrivarono fino al Vomero, Soccavo e Pianura. Una torretta di carro armato si conficcò nel Teatro San Carlo, un pezzo di nave abbatté due edifici al Ponte della Maddalena e un altro si conficcò nel tetto di un palazzo in via Atri. Il Maschio Angioino subì diversi danni.

L’esplosione causò circa 3.000 feriti e 600 morti, tra cui molte donne e bambini che, curiosi, assistevano alle operazioni di spegnimento. L’onda d’urto fu così potente che i sismografi del Vesuvio la registrarono come fosse un terremoto di media intensità. Una lamiera centrò nel centro storico l’orologio della Chiesa di Sant’Eligio, che si fermò al momento dell’esplosione e ricominciò a funzionare solo nel 1991 dopo un restauro.

Le cause dell’incendio non sono mai state completamente accertate. Le ipotesi più accreditate includono un sabotaggio, un incidente accidentale o un corto circuito. In realtà, secondo le ultime ricostruzioni, la pista del sabotaggio sembra riscuotere sempre minori consensi. La memoria di questa tragedia viene commemorata ogni anno con una cerimonia al molo Beverello, luogo in cui è stata eretta una lapide in ricordo delle vittime.

Gabriele Campagnano

in anteprima disegno da 28 marzo 1943: l’Esplosione della Caterina Costa – Zhistorica (zweilawyer.com)

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Tra le tante vittime del disastro vi fu l’ammiraglio di Divisione Lorenzo Gasparri, ex comandante della Corazzata Conte di Cavour e al momento Comandante del  Gruppo Cacciatorpediniere di Squadra, incarico in cui si  era distinto nella scorta ai convogli diretti in Tunisia e in Libia. Gasparri, nonostante l’alto grado rivestito, era salito personalmente, insieme ai suoi uomini, su delle bettoline cariche di munizioni per allontanarle dalla Caterina Costa in fiamme, in modo da evitare che tali imbarcazioni, investite dalle esplosioni, amplificassero l’effetto del disastro; l’evento temuto si verificò, però, prima che fosse possibile completare tale opera, e Gasparri rimase ucciso nella terribile esplosione. Alla sua memoria venne conferita la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria.

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articolo pubblicato originariamente su 28 marzo 1943: l’Esplosione della Caterina Costa – Zhistorica (zweilawyer.com)

 

 

 


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