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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEANO ATLANTICO
parole chiave: Titanic
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Ecco cosa accadde al Compartimento caldaia N°2: l’ultimo rimasto attivo. Come una belva ferita il TITANIC era prossimo alla fine, ma le sue ultime energie erano protese a combattere fino allo spasimo per consentire la salvezza di più persone possibile, nella vana speranza che il CARPATHIA arrivasse in tempo… Caldaie alla massima pressione: vapore, vapore, occorre più vapore, vapore per i generatori di corrente, vapore per le pompe “Carruthers” che devono aspirare acqua dal collettore zavorra. Pompare acqua, la massima quantità di acqua possibile, pompare fuori bordo tutta l’acqua che entra attraverso quella ferita inferta da un mostro marino glaciale e gigantesco. Le dispersioni a massa fanno del quadro elettrico una fornace. Valvole che sono già state sostituite quattro, cinque volte e continuano a saltare. Sezionare tutto quello che si può escludere, ma non si può lasciare quei poveri cristi al buio, chissà quanti non si salveranno!
– Maggiore pressione alle caldaie!
– Spareranno le valvole di sicurezza!
– Bloccate le valvole di sicurezza!
– Le caldaie esploderanno!
– Esploderanno lo stesso quando affonderemo!
Gli uomini immersi nell’inferno dantesco, i visi madidi di sudore, le tute incollate alla pelle, il terrore negli occhi, la consapevolezza della fine. Ancora carbone nelle voraci fornaci, ancora pressione per dare al gigante morente l’energia per compiere l’ultimo sforzo, l’ultimo anelito. Non c’è tempo neanche per pregare. Mio Dio, ci stiamo alzando, stiamo andando giù di prora, le pompe di circolazione stanno lasciando, scattano i “trips” dei generatori, black out, siamo al buio, riarmare i generatori. Non si può più stare in piedi… Un urlo bestiale, terrificante, il sibilo assordante dell’acqua che scende a cascate lungo le condotte di ventilazione, e poi una pressa immane che comprime tutti quei corpi martoriati, un boato spaventoso. L’olocausto si è compiuto … Holocaust is over!
Non appena si riempirono i cofani caldaie N°3 e 4, la nave perse quella riserva di spinta che l’aveva tenuta pressoché orizzontale e, trascinata dal peso delle tonnellate d’acqua imbarcate a prora, iniziava la rotazione. La poppa si alzò maestosa mettendo a nudo le tre grosse eliche ed il timone. Quello fu l’istante di maggior stress per lo scafo che impegnò i giunti di dilatazione. La tendenza all’inarcamento causata dal peso della poppa priva della spinta dell’acqua che fino allora l’aveva sorretta, aprì i giunti di dilatazione che si trovavano nella parte superiore delle sovrastrutture e provocò il crollo del primo fumaiolo.
Il Secondo Ufficiale Lightoller sostiene che i tiranti posteriori del fumaiolo, entrati in tensione perché a poppavia del primo giunto, ne causarono la rottura. Il fumaiolo, del peso di parecchie tonnellate, cadde in mare in una zona pullulante di naufraghi con le conseguenze che si lasciano immaginare. Ad ogni modo, quello fu l’istante di maggiore stress per lo scafo, stress che, secondo le leggi della fisica, diminuì man mano che la poppa andava assumendo una posizione sempre più verticale. La nave sprofondò nell’oceano apparentemente intera, dopo aver emesso un boato sinistro simile ad una decina di bombe di profondità che esplodessero sott’acqua in una successione continua. She’s gone, è andata, esclamarono i superstiti sulle lance di salvataggio. Più tardi qualche testimone affermerà di aver visto il secondo fumaiolo spezzarsi con una miriade di scintille che sembravano fuochi artificiali, segno che nelle caldaie dei compartimenti N°3 e 4, benché fossero state spente da un pezzo, c’era ancora del fuoco che covava sotto la cenere. Questo spiega quell’air blast, soffio di aria, probabilmente misto a vapore, che sentì il Secondo Ufficiale Lightoller.
Quando si spezzò il terzo fumaiolo, ormai la nave aveva assunto una posizione pressoché verticale. Vi fu però un istante in cui si fermò, sembra per alcuni minuti, almeno così afferma l’insegnante di fisica Lawrence Beesley che assistette alla scena da bordo della scialuppa N°13. Fu l’istante del boato e, presumibilmente, della rottura dello scafo. Fu l’istante del boato, ma le “massive boilers”, le pesanti caldaie, non caddero: esplosero.
Renato Cerutti
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Genovese, classe 1930, e successivamente anche veneto “per adozione”, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Nautico di Genova, sezione Costruttori Navali, svolge il servizio di leva come Ufficiale di Complemento del Genio Navale, con imbarco sulla Corvetta Baionetta. Successivamente, dopo un breve periodo passato all’Ansaldo a Genova, inizia una lunga carriera come ufficiale di macchina che lo porterà ad effettuare imbarchi su varie tipologie di navi mercantili e compagnie di navigazione quali, ad esempio, Home Lines, Costa e Texaco, ricomprendo incarichi di livello sempre più elevato, fino a quello di Direttore di Macchina di varie Unità. Continuerà con tale attività, intervallata da un paio di brevi esperienze a terra, fino alla pensione. Appassionato di materie tecnologiche, soprattutto (ma non solo) quelle attinenti alla propulsione navale, ha coltivato, oltre alla passione per la marineria, anche un entusiastico interesse per l’aeronautica, quale “mancato pilota” (per motivi contingenti transitori). Da pensionato ha collaborato con l’UNUCI e la Marina Militare Italiana tramite i sui scritti nautici, come quello qui proposto, pubblicato dalla Rivista Marittima nel 1998. Renato Cerutti ci ha purtroppo lasciato nel 2020, insieme a tanti altri, con la prima “ondata” del COVID.
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