.
livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: OCEAN ATLANTICO
parole chiave: Titanic
Anche il Dott. Robert Ballard, della Woods Hole Oceanographic Institution, era convinto che il relitto del TITANIC giacesse integro in fondo al mare. Da tantissimi anni, nell’immaginario collettivo, esisteva un TITANIC a 4.000 metri di profondità, tutto intero come scafo, fatta eccezione per una o due ciminiere che testimoni oculari avevano visto staccarsi e precipitare in mare.
Vista della prua del RMS Titanic fotografata nel giugno 2004 dal ROV Hercules durante una spedizione di ritorno al relitto del Titanic. Per gentile concessione del NOAA/Institute for Exploration/University of Rhode Island (NOAA/IFE/URI) Titanic wreck bow.jpg – Wikimedia Commons
Nel 1976 Clive Cussler scrisse un libro, “Ricuperate il TITANIC”, in cui si descrive un TITANIC tutto intero che riemerge dopo tanti anni, arrugginito e pieno di incrostazioni ma senza la minima frattura nello scafo. Dal libro fu prodotto un film dagli effetti molto spettacolari. Negli anno ‘80 il petroliere texano Jack Grimm condusse e finanziò una spedizione per il ritrovamento del TITANIC e per poco non vi riuscì: mancò il bersaglio di soli due chilometri. Ritrovare il TITANIC non era impresa facile: le coordinate della nave rilevate dal Quarto Ufficiale Boxhall subito dopo la collisione erano suscettibili di molti errori, cioè si trattava di un punto stimato in base all’ultima posizione rilevata col sestante, la rotta seguita e la velocità sviluppata il giorno precedente. C’è poi da tener conto dell’abbrivo della nave e della deriva dovuta alle correnti. Anche se fallì nell’impresa, va a Jack Grimm il merito di aver partecipato alla corsa per il ritrovamento del TITANIC ed aver spronato altri a perseguire l’obiettivo.
Una vista della vasca da bagno del bagno del capitano Smith. Si osservano delle rustiche che crescono sulla maggior parte dei tubi e degli impianti nella stanza – Autore Lori Johnston, RMS Titanic Expedition 2003, NOAA-OE File:Captain Smith’s bathroom.jpg – Wikimedia Commons
Nel 1985, a bordo della nave statunitense KNORR e per conto della Woods Hole Institution, il Dott. Ballard esegue una ricerca accurata del relitto, non più basata su passaggi sonar, come nelle ricerche precedenti, ma con rilievi ottici effettuati da una telecamera subacquea. L’attenzione di Ballard non era tanto rivolta al relitto dello scafo, quanto al ritrovamento di qualcuno di quei frammenti che inevitabilmente vengono sparsi sul fondo del mare dopo un naufragio. Il campo della ricerca, in questo caso, sarebbe stato molto più vasto, ma con maggiore probabilità di colpire il “bersaglio”.
La sua esperienza e la sua capacità furono ben presto premiate: il 1° settembre 1985, dopo settimane di lavoro estenuante, finalmente il primo risultato di tante fatiche: sullo schermo televisivo a bordo del KNORR comparve una caldaia del TITANIC, una di quelle caldaie ausiliarie tenute spente e quindi rimaste intatte. Consultando il “Shipbuilder” del 1911, relativo alla costruzione delle due navi gemelle OLIMPIC e TITANIC, non vi furono più dubbi: lo scafo del TITANIC non doveva essere molto distante. Il campo dei detriti si presentava più vasto del previsto, circa un chilometro quadrato, pezzi di lamiera, tubazioni, ammassi di carbone, tronconi di ciminiera e i più svariati oggetti come sedie di ferro, pale da fuochista, tazze, piatti, e le cinque caldaie scozzesi rimaste intatte ma anch’esse sparse per una campo assai più vasto.
La prima parte dello scafo individuata fu il troncone di prora e poi, a seicento metri di distanza, la poppa della nave, o meglio quell’ammasso di rottami che somigliava alla poppa di una nave. Si trovava inverosimilmente a seicento metri dalla prora, ma voltata in senso opposto. Furono scattate molte fotografie ed in base ad esse furono eseguite delle ricostruzioni fotografiche. Quei pochi, ma purtroppo autorevoli testimoni che avevano affermato che il TITANIC era affondato intero, ormai erano, dopo settantatré anni, inequivocabilmente smentiti.
Dott. Robert Ballard – Fotografia di Declan Roughan / Irish News Ltd. Titanic Drawing Office – Belfast 31 ottobre 2011. Il dott. Robert Ballard, l’oceanografo che scoprì il Titanic nel 1985, sul luogo di nascita della nave, sta fornendo materiale inedito del Titanic per il nuovo centro di attrazione turistica dedicato al Titanic a Belfast
La prima parte dello scafo che fu individuata fu il troncone di prora e poi, a seicento metri di distanza, la poppa della nave, o meglio quell’ammasso di rottami che somigliava alla poppa di una nave. Si trovava inverosimilmente a seicento metri dalla prora, ma voltata in senso opposto. Furono scattate molte fotografie ed in base ad esse furono eseguite delle ricostruzioni fotografiche. Quei pochi, ma purtroppo autorevoli testimoni che avevano affermato che il TITANIC era affondato intero, ormai erano, dopo settantatré anni, inequivocabilmente smentiti.
Rusticle staccati sotto l’ancora di dritta, che indicano che i rusticle attraversano un ciclo di crescita, maturazione e poi caduta. Questo particolare “raccolto” probabilmente rientrava in un ciclo di cinque o dieci anni. Immagine per gentile concessione di Lori Johnston, RMS Titanic Expedition 2003, NOAA-OE. Data 2003 – Autore Lori Johnston, RMS Titanic Expedition 2003, NOAA-OE – Fonte http://oceanexplorer.noaa.gov/explorations/03titanic/rusticles/media/conditioned_rusticles.html Detached rusticles hires.jpg – Wikimedia Commons
Non solo, ma lo stesso Ballard espresse il parere che il TITANIC si fosse spezzato in prossimità della superficie o poco al di sotto di essa. Nel libro di Robert D. Ballard “Il ritrovamento del TITANIC” (titolo originale dell’opera: “The Discovery of the TITANIC”) sono pubblicate fotografie e ricostruzioni fotografiche del relitto, o per meglio dire, dell’insieme dei relitti di quella che un tempo fu una delle più belle navi del mondo. A questo punto viene da chiedersi: quale è stata la causa della frattura, quale potenza ha divelto le lamiere, sradicato le caldaie proiettandole a centinaia di metri di distanza, staccato i cilindri delle macchine alternative, squarciato i depositi del carbone disseminandolo per un’area di un chilometro quadrato? Esaminando le ricostruzioni fotografiche si può osservare che manca tutta una zona dello scafo che va dalla paratia della sala macchine compresa, alla paratia fra i locali caldaia N°2 e N°3, oltre quindici metri di scafo. Può una frattura dovuta allo stress compiere un simile sfacelo?
Mentre le cinque caldaie ausiliarie sono state trovate nel campo dei detriti, delle cinque caldaie principali a doppia fronte non c’è alcuna traccia: ovvero esaminando le ricostruzioni fotografiche viene da pensare se certi pezzi di lamiera non siano proprio dei mantelli di caldaia. Il Dott. Ballard, in una successiva spedizione con il Jason Junior, un robot filoguidato capace di infiltrarsi nell’interno del relitto, tentò invano di esplorare la zona della frattura, ma trovò soltanto lamiere contorte e dovette desistere per il pericolo di perdere il prezioso strumento. Delle cinque caldaie principali, manca ancora tutta la zona destinata a contenerle.
Renato Cerutti
Ti è piaciuto questo articolo? Pensa se puoi fare una piccola donazione per sostenere il nostro progetto. Sostieni OCEAN4FUTURE, il portale del Mare e della Marittimità. La donazione può essere singola o puoi decidere di renderla automatica ogni mese. Per donare in sicurezza, Clicca sul link DONAZIONE oppure scrivici alla mail:
infoocean4future@gmail.com
,
.
PAGINA PRINCIPALE - HOME PAGE
.
Alcune delle foto presenti in questo blog possono essere state prese dal web, citandone ove possibile gli autori e/o le fonti. Se qualcuno desiderasse specificarne l’autore o rimuoverle, può scrivere a infoocean4future@gmail.com e provvederemo immediatamente alla correzione dell’articolo
.
- autore
- ultimi articoli
Genovese, classe 1930, e successivamente anche veneto “per adozione”, dopo essersi diplomato all’Istituto Tecnico Nautico di Genova, sezione Costruttori Navali, svolge il servizio di leva come Ufficiale di Complemento del Genio Navale, con imbarco sulla Corvetta Baionetta. Successivamente, dopo un breve periodo passato all’Ansaldo a Genova, inizia una lunga carriera come ufficiale di macchina che lo porterà ad effettuare imbarchi su varie tipologie di navi mercantili e compagnie di navigazione quali, ad esempio, Home Lines, Costa e Texaco, ricomprendo incarichi di livello sempre più elevato, fino a quello di Direttore di Macchina di varie Unità. Continuerà con tale attività, intervallata da un paio di brevi esperienze a terra, fino alla pensione. Appassionato di materie tecnologiche, soprattutto (ma non solo) quelle attinenti alla propulsione navale, ha coltivato, oltre alla passione per la marineria, anche un entusiastico interesse per l’aeronautica, quale “mancato pilota” (per motivi contingenti transitori). Da pensionato ha collaborato con l’UNUCI e la Marina Militare Italiana tramite i sui scritti nautici, come quello qui proposto, pubblicato dalla Rivista Marittima nel 1998. Renato Cerutti ci ha purtroppo lasciato nel 2020, insieme a tanti altri, con la prima “ondata” del COVID.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.