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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MEZZI MINORI MARINA MILITARE ITALIANA
parole chiave: Dragamine veloci o di vigilanza, Regia Marina italiana
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Le navi del tempo di crisi
Con il progredire del secondo conflitto mondiale la Regia Marina Italiana dovette orientare i suoi programmi dando soprattutto la priorità alla costruzione di unità di scorta con spiccate capacità antisommergibili e antiaeree ed ai sommergibili. Non si dice nulla di nuovo sottolineando le difficoltà con cui procedettero queste costruzioni, tanto importanti quanto urgenti, a causa della carenza di materie prime e dei bombardamenti ai cantieri. Assieme alle unità maggiori fu intensificata anche la costruzione di più piccole imbarcazioni destinate ad operare a poca distanza dalle coste: MAS, motosiluranti, VAS (Vedette antisommergibili) e RDV (Dragamine veloci o di vigilanza). Di queste categorie, economiche e facilmente riproducibili, furono commissionati decine e decine di esemplari, raggiungendo numeri che sarebbero stati impossibili per le navi maggiori. La semplicità di costruzione e lo scafo in legno permisero l’assegnazione di commesse anche ai cantieri minori che promettevano grande rapidità nell’approntamento, anche se non aggiravano altri problemi come la fornitura di motori e armi e i danni causati dagli eventi bellici.
Fra le categorie sopra ricordate ci furono i dragamine veloci che, fra tutte le unità minori, erano i meno spinti e sofisticati. L’impiego per il dragaggio non comportava particolari problemi poiché le apparecchiature non erano complesse e quelle di piccole dimensioni erano già state installate con successo durante tutta la guerra anche su motovelieri, rimorchiatori e pescherecci di piccolissime dimensioni; il doppio nome di queste unità (dragamine veloci) parla chiaro: rispetto agli altri dragamine in servizio, tutti di vecchia costruzione o da mercantili adattati, potevano operare con una velocità molto maggiore ed essere impiegati utilmente anche come motovedette anche se, avendo come armamento un paio di mitragliere da 20/70 e qualche bomba di profondità, la loro potenzialità bellica restasse minima.
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Erano sostanzialmente unità analoghe alle VAS cui assomigliavano esteticamente anche se erano più grandi, raggiungendo le 100 tonnellate; rispetto a quelle, le forme dello scafo erano state modificate ma in modo discutibile poiché il risultato non fu quello sperato dato che le “innovazioni” gli conferivano qualità marine mediocri. Sicuramente il loro approntamento risentì delle difficoltà del momento quanto ad approvvigionamenti e qualità delle materie prime; come già ricordato furono problemi comuni a tutto il naviglio militare costruito in quell’epoca, ma mentre molte altre unità, pur realizzate in fretta e con un orizzonte operativo di breve periodo, durarono una vita, i pochi DV sopravvissuti al conflitto, nonostante gli interventi postbellici, come le VAS, mostrarono carenze generali che ne causarono la precoce radiazione.
Immagine del varo dell’RDV 101 nei cantieri Baglietto di Varazze il 3 settembre del 1944, con insegne della marina nazista occupante dopo l’8 settembre del 1943 – Per gentile concessione del sitowww.varagine.it
Quanti e quali
Per ricostruire la storia delle singole unità si incontrano notevoli difficoltà perché le fonti sono scarse e contraddittorie. Le unità ordinate, progettate nel 1942 e classificate RDV 101-149, dovrebbero quindi essere state 149, ma c’è chi ha scritto 147 o 150, a prescindere dal fatto che sarebbe stato logico raggiungere il numero tondo 150. Non è neppure certo quante vennero impostate, quante varate ma non completate, quante furono effettivamente in servizio e la loro fine. D’altra parte non è inverosimile che nel dopoguerra non ci si sia preoccupati di “contabilizzare” e recuperare le tracce di materiale rimasto informe e giacente su qualche scalo o ridotto a rottami lignei abbandonati. Quello che è certo è che nessuna nave era pronta l’8 settembre 1943 e tutte caddero in mano tedesca senza che nessuna fosse consegnata alla Marina Repubblicana con l’unica eccezione – forse – dell’ex RDV 147 che, comunque, fu impiegato come motovedetta. Trovandosi il Liguria, isolato com’era, non poteva fare il periplo della penisola e raggiungere il resto della Flottiglia Dragaggio di Venezia, l’unica equipaggiata dalla RSI o, meglio, concessa dai tedeschi. Fra le unità consegnate all’alleato germanico alcune furono dotate di un impianto da 37 mm ed usate come motocannoniere. Comparando le varie fonti italiane e straniere, fra cui le vaghe notizie riportate nell’elenco delle navi perdute dell’Ufficio Storico della Marina Militare, possiamo tentare di ricostruire un quadro il più accurato possibile, e talvolta, di fronte alle palesi discordanze o illogicità delle fonti, è stato inevitabile procedere a lume di logica.
Nota: sono evidenziate con il fondo colorato le unità che poterono essere recuperate e messe in servizio, di cui si parlerà nella seconda parte dell’articolo.
Fine parte I – continua
Guglielmo Evangelista
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nasce a Broni (PV) nel 1951. Laureato in giurisprudenza è stato ufficiale delle Capitanerie di Porto e successivamente funzionario di un Ente Pubblico. Ha al suo attivo nove libri fra cui “Storia delle Capitanerie di porto” , “Duemila anni di navigazione padana” e “Le ancore e la tiara – La Marina Pontificia fra Restaurazione e Risorgimento” ed oltre 400 articoli che riguardano storia, economia e trasporti. Collabora con numerosi periodici specializzati fra cui la Rivista Marittima”.
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