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livello elementare
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ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: Vermocane, Hermodice carunculata
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Deve essere l’avvicinarsi della stagione estiva ma sui giornali rimbalzano notizie colorite e catastrofiche, talvolta derivanti da cattive interpretazioni di interviste con professionisti del settore. Il soggetto è un anellide colorato, da sempre presente nei nostri mari, che sta proliferando grazie al generale aumento delle temperature. La notizia sembrerebbe essere nata da un’indagine effettuata in maniera specifica sui danni all’ecosistema causati dal vermocane – Hermodice carunculata – questo coloratissimo verme marino, chiamato anche «verme di fuoco» a causa delle sue setole urticanti che possono infliggere dolorose irritazioni.
Conosciamolo meglio
Si tratta di un verme che, se infastidito o anche urtato inavvertitamente, può infliggere dolorose irritazioni anche lanciando aghi a uncino verso la minaccia. Sebbene il vermocane sia una creatura bentonica molto lenta che non può essere considerata una minaccia per gli esseri umani, sono avvenuti incidenti legati alla loro accidentale manipolazione. Ad esempio i pescatori, liberando le reti, trovano attaccati ai pesci nella rete o nelle nasse questi lunghi vermi variopinti, le cui setole penetrano accidentalmente nella pelle umana, iniettandogli una potente neurotossina e producendo un’intensa irritazione ed una dolorosa sensazione di bruciore. In alcuni casi, la puntura ha portato anche a nausea e vertigini fino ad alcune ore, ma la sensazione di formicolio doloroso intorno all’area di contatto può durare anche più a lungo. I medici suggeriscono, in caso di contatto accidentale di applicare per la rimozione nastro adesivo sulla zona di contatto e l’applicazione sulla zona di isopropanolo/alcol denaturato/alcol isopropilico, che può aiutare ad alleviare il dolore.
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Da un punto di vista biologico gli esemplari adulti misurano solitamente intorno ai 15 cm di lunghezza media, ma possono raggiungere fino a 30 cm. A prima vista, questo verme del fuoco sembra un millepiedi con il suo aspetto allungato e appiattito, segmenti multipli, sete bianche, parapodi e branchie situati sui lati del corpo con una colorazione varia che va dal verdastro al giallastro, dal rossastro, al grigiastro fino al bianco con un bagliore perlaceo.
Il corpo è composto da 60 a 150 segmenti identici separati tra loro da una sottile linea bianca e protetti da cuticole. Ogni segmento ha un paio di parapodi, una struttura per la locomozione, grappoli di setole bianche urticanti e branchie rosse o arancioni, tutte in posizione bilaterale. La parte anteriore del verme si riconosce da piccole escrescenze, dette caruncole, che hanno lo stesso colore delle lamelle dei primi quattro segmenti. La bocca è ventrale e si trova sul secondo segmento, mentre sul primo segmento si vede la testa che comprende gli occhi ed altri organi di senso.
Il vermocane si trova in molti ambienti marini come coralli, rocce, fango, sabbia, posidonia ma anche su materiale galleggiante alla deriva, nonché nelle infrastrutture portuali in acque poco profonde dalla superficie fino a 40 m di profondità. In immersione si può notare la usa attività principale, ovvero nutrirsi di carogne di sostanze in decomposizione e pesci morti, ma anche di echinodermi come stelle e ricci di mare che attacca infilandosi sotto la parte che aderisce agli scogli, spesso in gruppo, creando grovigli di diversi esemplari.
Un animale nativo e non alieno
Un abitante dei nostri mari nativo della zona tropicale dell’Oceano Atlantico e del Mar Mediterraneo che non può essere definito, come si legge in poco attenti articoli e blog, una specie aliena. Le specie aliene, e ne abbiamo tante, sono ben altre, arrivate nel mar mediterraneo a seguito di rilascio più o meno volontario da parte dell’Uomo o trasportate dagli scafi di mercantili da altri ecosistemi fino al mare nostrum. Il vermocane appartiene invece alle specie native che da sempre hanno vissuto e vivono nel nostro mare. Le ipotesi della sua proliferazione sono molte ma la più probabile è quella legata al riscaldamento delle acque, essendo il vermocane stesso una specie termofila, ovvero che trae vantaggio delle acque più calde.
Secondo il biologo Francesco Tiralongo, i rischi dell’aumento di questa specie hanno chiaramente indicato la presenza di «danni economici diretti e indiretti di rilievo alle attività di pesca praticate lungo la costa sud-orientale della Sicilia (Mar Ionio)“, in particolare in corrispondenza del periodo in cui le temperature del mare sono più calde. L’obiettivo deriva da uno studio multidisciplinare, pubblicato su Mediterranean Marine Science, per portare l’attenzione della comunità scientifica su questa specie, altamente invasiva e potenzialmente pericolosa, non solo per l’economia della piccola pesca, che rischia seri danni economici, ma anche per l’ecosistema e la salute umana. Il monitoraggio di questa specie ha portato all’attuazione del progetto Worms Out dall’ente capofila OGS, in collaborazione con gli atenei di Catania, di Messina, di Modena e Reggio Emilia, l’Ispra e l’Area marina protetta Capo Milazzo, che vuole «continuare ad approfondire la distribuzione e l’abbondanza del vermocane soprattutto lungo le coste siciliane tirreniche e ioniche, utilizzando trappole idonee a catturare la specie e avvalendosi dell’esperienza e della conoscenza dei pescatori».
Come già avvenuto per altre specie, un aiuto sostanziale può provenire dalla citizen science che «copre una posizione chiave nelle nostre ricerche sul vermocane, che continuano incessantemente e mirano ad analizzare nuovi aspetti ecologici, biogeografici ed espansivi di questa specie minacciosa che va assolutamente monitorata e tenuta sotto controllo».
In sintesi, si tratta di un animale nativo, da sempre presente nei nostri mari, che ha una proliferazione maggiore a causa dell’aumento delle temperature marine. Il suo rischio per l’Uomo è facilmente evitabile applicando la giusta attenzione, altra cosa è per alcune specie bentoniche di interesse economico come i ricci di mare, che stanno subendo un maggior impatto che colpirà il settore economico già in crisi per la pesca eccessiva da parte dell’Uomo. Che fare? Sicuramente continuare a monitorarne l’espansione in attesa di scoprire qualche rimedio.
Andrea Mucedola
photo credit @andrea mucedola – di vietato utilizzo in qualsiasi forma senza l’autorizzazione dell’autore
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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