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livello elementare.
ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: REGIA MARINA ITALIANA
parole chiave: apparecchiature per il tiro
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Dalla documentazione consultata l’attività addestrativa veniva svolta da marzo a ottobre (otto mesi) con le seguenti scansioni temporali:
– marzo approntamento unità navali;
– aprile-giugno allenamento delle unità isolate e delle divisioni;
– luglio-agosto riunione delle forze navali e esecuzione delle esercitazioni di squadra a partiti contrapposti;
– agosto-settembre esercitazioni a premio e dislocazioni per i turni di lavori
In pratica l’addestramento e la preparazione bellica erano concentrati tra aprile e metà agosto per un totale di 135 giorni teorici di cui non più del 40/50% in mare. Questo differiva da quello della marina reale britannica in cui l’attività addestrativa coincideva con l’anno solare e il tempo in mare era del 60/70% e l’attività cessava solo quando le navi andavano ai lavori.
cannoni da 320mm della corazzata Andrea Doria – Fonte http://www.modelli-navali.it/MM-Italiana/arch_immag/duilio1938/a_duilio_1938.html#01 Doria 320mm gun.jpg – Wikipedia
Nell’anno 1927 le quattro unità da battaglia della Regia Marina italiana attive effettuarono diciassette esercitazioni di tiro con i grossi calibri (da un minimo di tre a un massimo di cinque per unità) e ventitré di tiro contraereo. Nel decennio successivo le cose non cambiarono in modo sostanziale e non si può certo dire che la preparazione al combattimento fosse proporzionata alle esigenze; in pratica con queste basi addestrative la Regia Marina era una forza navale preparata dal punto di vista nautico, della navigazione e della manovra ma deficiente nella preparazione al combattimento e al tiro. Dal 1935 al 1939, quando divenne evidente che la Gran Bretagna era entrata nel novero dei probabili avversari, la Regia marina cercò di migliorare la situazione studiando modifiche al materiale e se il numero di giornate in mare rimase inalterato le esercitazioni di tiro furono intensificate con un sensibile incremento delle esercitazioni d’attacco silurante del naviglio sottile.
L’anno addestrativo negli ultimi anni prima della guerra prevedeva sei esercitazioni di tiro per le artiglierie antinave e otto (o nove) per le artiglierie antinave e antiaeree; di queste un quarto erano notturne le quali erano effettuate dalle artiglierie fino al calibro di 203mm compreso. Nel corso dell’anno addestrativo era prevista, oltre alle normali esercitazioni di tiro, un’esercitazione “speciale” riservata a una sola unità per classe, effettuata sotto il controllo diretto del Ministero, utilizzando come bersaglio la nave bersaglio telecomandata “San Marco”. Anche in questo caso il tiro notturno era eseguito coi soli calibri piccoli e medi.
Il San Marco fu un incrociatore corazzato della Regia Marina che partecipò prima alla guerra italo turca e successivamente, alla prima guerra mondiale. Il San Marco fu la prima unità della Regia Marina a montare turbine a vapore, costruite su licenza dai Cantieri Ansaldo di Genova. Nel 1931 alla Spezia venne convertito in bersaglio mobile radiocomandato controllato dal cacciatorpediniere Audace – Autore non noto – Fonte http://www.marinai.it/main.html su R.N. San Marco.jpg – Wikipedia
Solo dalla metà del 1938 la Regia Marina decise di incrementare la frequenza ed il realismo dell’addestramento al combattimento notturno con disposizioni che non sembrano abbiano trovato reale applicazione; non risulta che esercitazioni siano stati fatte in forma continua ed estesa e, d’altra parte, al di là della cinematica con quale munizionamento si sarebbero potuti fare tiri notturni? I servizi informativi avevano accertato che la Royal Navy da qualche anno conduceva regolarmente esercitazioni notturne; nel luglio 1938 venne inviato in Germania il Comandante Gironi, che riportò la pratica germanica di utilizzare tutti i calibri in notturna contro bersagli a 8/10 km di distanza con esercitazioni contro bersaglio radiocomandato e una unità maggiore (una vecchia corazzata, di cui la conversione del San Marco era copia). inoltre, dal rapporto di missione risaltò una disparità di vedute sulla opportunità dell’impiego dei proiettori.
Nell’estate del 1939 la commissione unica per le esercitazioni dell’ammiraglio Silvio Salza 1 ispezionò tutte le navi della flotta mentre erano impegnate in una serie di esercitazioni. Furono registrati I progressi nella preparazione del personale e le buone prestazioni delle apparecchiature per la direzione del tiro ma fu evidenziata la dispersione delle salve di artiglieria principalmente per il munizionamento ma non solo per questo. Fu bocciato completamente il tiro notturno per il quale sarebbe stato necessario intensificare l’addestramento da condurre con modalità realistiche e maggior frequenza, partendo dall’insufficiente preparazione del personale.
Questo tardivo risveglio generò una serie di requisiti:
– fu iniziato lo studio di un nuovo obice illuminante da 120/17 con una velocità iniziale di 650 m/ e portata oltre 10.000 metri.
– Si dotarono gli incrociatori classe Zara di due obici illuminanti 120/15 e le nuove navi da battaglia di vecchi cannoni da 120/40 adattati per sparare proiettili illuminanti. Questi erano previsti anche per i Doria ma, dato che non si riuscì a trovare una collocazione adeguata a essi e che i 120/40 non avevano dato buoni risultati, si decise poi di adibire al tiro illuminante anche le armi da 135 e 90 mm.
– Fu posto allo studio un nuovo proiettile illuminante da 152 con 14000 metri di gittata che però non superò la fase sperimentale e non entrò mai in produzione
– Furono distribuiti nuovi binocoli portatili San Giorgio Lugenico da 7×50, e altri modelli similari come i Galileo Glauco o gli R.M.I e R.M.I. Smg dalla Ditta F.lli Koristka di Milano sempre 7×50 (uno standard per la Marina). A guerra molto inoltrata la Regia Marina fece richiesta di tali binocoli alla Germania e ne furono consegnati solo poche decine (fonti non confermate parlano di soli di 32 esemplari).
A riguardo dei binocoli
Questi erano gli strumenti fondamentali per l’avvistamento ottico: i nuovi modelli di binocoli italiani come del resto le ottiche delle apparecchiature per la direzione del tiro erano strumenti di buona qualità (anche se alcuni critici si soffermano sulla mancanza di trattamento antiriflesso sulle lenti che ne limitava l’efficienza nelle ore notturne) ma il vero problema generale della produzione italiana era la mancanza di vetro ottico, non prodotto in Italia nella qualità necessaria e la cui importazione, solo dalla Germania, non veniva concessa. Forniture e trattamenti furono introdotti nel 1935 negli Stati Uniti e in Germania e subito coperti da segreto militare (per la Zeiss il trattamento era destinato solo agli strumenti in uso alle forze armate del Terzo Reich); in un rapporto al Grand ammiraglio Dönitz, il comandante Herbert Schultze segnalava: “I nostri binocoli notturni appaiono essere molto superiori a quelli usati dal nemico. È capitato spesso di poter vedere molto chiaramente navi in superficie, mentre le loro ottiche erano così inferiori da rendergli impossibile il nostro avvistamento”.
Non è chiaro se e quando si riuscirono ad adeguare gli strumenti ottici italiani nelle fasi critiche del conflitto, ma risulterebbe che ditte italiane nel 1943/44 abbiano prodotto su licenza binocoli 10 x 80 per le forze armate tedesche. L’esigenza di uno strumento di maggiore potenza portò all’introduzione del binocolo da coperta tri-oculare ad alta luminosità San Giorgio Modello Astramar con oculari 12-20-40×80 e il similare tri-oculare delle Officine Galileo, Triog; il peso ragguardevole, superiore a 7 kg, rese però indispensabile una sistemazione fissa, con la possibilità di ruotare lo strumento in modo da ottenere ampi settori di esplorazione. Successivamente l’impiego di Astramar San Giorgio e Triog Officine Galileo, ma anche di Asembi Zeiss, si estese progressivamente dalle navi da battaglia, agli incrociatori e ai cacciatorpediniere. Viene citata, ed andrebbe verificata ed approfondita, la notizia dal montaggio del binocolo anche sui cacciatorpediniere, “su un apparecchio stabilizzato d’esplorazione tipo «San Giorgio» munito di trasmettitore dei dati di sito e brandeggio“.
Il Doppelfernrohr o Bino-Tri-oculare Modello Astramar fu prodotto, a partire dal 1936 circa dalla San Giorgio di Genova, su progetto Zeiss. Si trattava di un binocolo ad alta luminosità con doppietti acromatici 80 mm e oculari 12-20-40x installati su torrette ruotanti. Nella foto un modello su sostegno originale San Giorgio completamente restaurato da Luca Mazzoleni – Fonte San Giorgio Astramar 12-20-40 X 80 – Binocoli militari (forumfree.it)
L’Ammiraglio Inigo Campioni, Comandante della Squadra Navale nella battaglia di Punta Stilo avvenuta nel luglio del 1940, rilevò che “È stata rilevata la necessità di avere sulla plancia Ammiraglia ottimi strumenti per poter perfezionare le notizie che pervengono dall’esplorazione aerea e da quella navale e percepire subito i movimenti del nemico durante la fase balistica. Occorre aumentare sulle unità sede di Comandi complessi la dotazione di binocolo “Astramar“ in modo da averne almeno due collocati in posizione adatta per poter esplorare tutto l’orizzonte”.
marinaio di vedetta all’ASTRAMAR – Fonte Ufficio Storico Marina Militare
Appare irrealistica la proposta, qualora sia stata veramente avanzata, di un uso sistematico degli strumenti ottici esistenti, quali i telemetri e l’A.P.G. del calibro principale per seguire i movimenti dei gruppi avversari fino a poco prima del contatto balistico, irrealistica considerati i noti problemi di tali apparati, compresi quelli di brandeggio. Come già osservato, il combattimento notturno non è però solo un problema di avvistamento ma anche di comunicazioni rapide sicure e capillari; il problema riguardava anche il combattimento diurno, e fu richiesto al RIEC – Marinelettro (Regio Istituto Elettrotecnico e delle Comunicazioni della Marina) di approntare l’apparato radiotelefonico TPA a prova di intercettazioni, che avrebbe consentito rapide e sicure comunicazioni tattiche a corto raggio, aumentando le capacità di coordinare l’azione di più unità. Tuttavia, dato il piccolo staff dell’istituto (meno di 30 persone) e il suo il limitato budget, lo sviluppo di questa apparecchiatura non solo non ebbe effetto ma addirittura interferì con lo sviluppo del Radar che pure era affidato a questo ente; aspetti diversi dell’impreparazione tecnologica italiana alla guerra.
Gianluca Bertozzi
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Nota
1. L’ammiraglio Silvio Salza fu personalità di rilievo, oltre che nell’ambito militare marittimo, anche in quello culturale; collaboratore della Rivista Marittima, con articoli su politica navale e di storia militare, è stato autore dei volumi V. VI. VII e VIII dell’opera “La Marina Italiana nella Grande Guerra“, edita tra il 1935 e il 1942 per conto dell’Ufficio Storico della Marina dall’Editore Vallecchi di Firenze, e per aver tradotto i volumi II e IV dell’opera di Franz Sokol, “La guerra marittima dell’Austria-Ungheria I914-I918“, 1ª edizione (1931-1934) dell’Ufficio Storico della Marina e 2ª edizione del 2007 della Libreria Goriziana.
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