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Fuoco su UNIFIL: un grave incidente che potrebbe avere risvolti politici da non trascurare

tempo di lettura: 6 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MEDIORIENTE
parole chiave: Libano, Israele, Hezbollah
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Dall’11 ottobre ultimo scorso mezzi israeliani hanno iniziato un’operazione militare, definita di peacekeeping, nella Blue line, nel sud ovest del Libano, un’area che ha come confine esterno la linea di costa di quella che fu un tempo una delle riviere più belle del Mediterraneo. Niente di nuovo se non ci fossero stati almeno quattro attacchi contro le postazioni UNIFIL, un “presunto” e poco credibile fuoco amico che ha già comportato alcuni feriti tra i baschi blu. Con il passare delle ore questi atti appaiono sempre più ostili verso una forza militare in missione di peacekeeping, di fatto una palese e grave violazione del diritto internazionale che protegge il personale e i mezzi dell’ONU. A questo punto ci possiamo domandare se la gravità di questi eventi vada oltre il fatto specifico, mettendo in discussione la necessità di mantenere le forze UNIFIL in un’area ormai senza controllo, la cui imparzialità non appare essere più riconosciuta dall’IDF e la cui operatività è limitata dalle attuali regole di ingaggio. Non mi addentro sulle ragioni delle parti in quanto la situazione è viziata dalla sua genesi storica e, ahimè, senza una speranza di soluzione effettiva. Mi limiterò quindi a commentare questi gravi eventi che, ripeto, creano un precedente pericoloso. Gli attacchi contro le caserme ONU, giustificate dall’IDF per presunte vicinanze con infrastrutture degli Hezbollah, non sono quindi giustificabili. Inoltre, l’ipotesi iniziale di un errore da parte dei reparti dell’IDF non è considerabile, come d’altronde confermato dalle richieste successive di spostare le forze UNIFIL in un’altra zona, per non fornire una protezione agli Hezbollah.

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Una violazione del diritto internazionale che, al di là di essere un pericoloso incidente, si inquadrerebbe, secondo l’articolo 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, in un crimine di guerra in quanto, come citato nel primo e secondo paragrafo del citato articolo 1, si tratterebbe di attacchi deliberatamente effettuati contro personale, installazioni materiale, unità o veicoli utilizzati nell’ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità di un mandato delle Nazioni Unite. Appare quindi evidente che ci possano essere gli estremi per condannare internazionalmente questa palese violazione del diritto internazionale a similitudine di quanto fatto in esito ad episodi precedenti in diversi Paesi del mondo.

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Un crimine perseguibile?
Sebbene tale procedura penale sia stata già avviata sia contro i leader di Hamas, per l’attacco del 7 ottobre, sia contro i vertici politici e militari israeliani per la successiva risposta militare nella Striscia di Gaza, nel caso del Libano l’assenza effettiva di un governo e di un esercito regolare libanese in grado di intervenire nell’attuale crisi tra Israele e Hezbollah pone un possibile vizio giuridico: il Libano è di fatto non governato. Non si tratterebbe quindi di un problema militare ma politico, che tra l’altro affligge questo tormentato Paese dal 1948, che dimostra l’impossibilità libanese ad affermare i suoi diritti di sovranità sia verso il partito di Hezbollah che, di fatto, esercita una politica autonoma spesso non in linea con quella del Governo legittimo, sia contro le violazioni israeliane in risposta degli attacchi dei primi. Un vulnus istituzionale sottolineato dalla concreta assenza decisionale da parte del governo eletto libanese dopo le ultime elezioni legislative del 2022 e dalla proroga del mandato di comandante delle Forze armate libanesi al generale Joseph Aoun. In pratica, il Governo attuale, guidato dal settembre 2021 dal premier Najib Mikati, di fatto si sta occupando solo di funzioni amministrative e non è neanche in grado di effettuare azioni concrete per contrastare la disastrosa situazione finanziaria, appesantita dai conflitti regionali.

Di particolare interesse, dal punto di vista marittimo, l’annosa questione sullo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi nelle Zone Esclusive libanesi e israeliane che si estendono su una distesa triangolare di circa 800 km², un’area ricca di gas e petrolio il cui sfruttamento è stato reclamato dalle parti per decenni.
Nonostante il diritto internazionale (UNCLOS) preveda che due Stati contigui, nel caso condividano una zona marittima, debbano dividere equamente il territorio di interesse economico questo non pare fattibile fra i due Stati. Senza troppa fantasia potremmo ipotizzare che il problema vada ben oltre i loro interessi. Secondo l’US Geological Survey, tra Egitto e Siria, “vi sarebbe una disponibilità di combustibile fossile pari a 122 trilioni di metri cubi di gas naturale e una quantità di petrolio equivalente a 1,7 miliardi di barili“. Un bottino che vede molti attori, tra cui Eni (Italia), Novatek (Russia) e Total (Francia) interessati all’area sotto la giurisdizione libanese. In realtà, l’accordo di esplorazione e produzione del governo libanese e il consorzio internazionale darebbe un respiro economico al Governo libanese ma questo non è accettato né da Israele né dalla Turchia. In estrema sintesi, un pasticciaccio mediorientale nel cui piatto ci sono oltre 600 miliardi di dollari.

Da un punto di vista legale, la disputa marittima tra i due Paesi riguarda i limiti geografici delle aree che includono le linee di base nazionali, riferimenti per definire le acque territoriali e la Zona Economica Esclusiva (ZEE). Sebbene Israele e le autorità libanesi (guidate dal presidente Aoun) concordarono sul fatto che il campo di Karish si trovasse nella ZEE israeliana, a conferma della fragilità politica interna libanese, il segretario generale del partito Hezbollah, Hassan Nasrallah, fece attaccare il sito, inviando droni disarmati a scopo provocatorio. Nasrallah avvertì Israele che Hezbollah, ignorando il patto governativo, avrebbe impedito l’estrazione di gas israeliano a meno di riconoscere al Libano i diritti marittimi su un’area di circa 1480 kmq. La strada verso un potenziale accordo sulla ZEE Libano-Israele proseguì con il coinvolgimento di Cipro, in quanto Stato confinante, comportando una limitazione dell’estensione della ZEE (tra la costa del Levante e Cipro) di circa 150 – 250 miglia nautiche e, soprattutto, ponendosi come punto di riferimento pratico per entrambi i paesi costieri. Facile a dirsi ma complesso da attuare. Le trattative andarono avanti fino a quando si presentò nuovamente la possibilità di un accordo di mutuo interesse che avrebbe bypassato la resistenza interna di Nasrallah, mirata a mantenere il controllo sulla politica libanese al fine di contrastare e combattere “la politica aggressiva israeliana” in sintonia con i dettami ricevuti da Teheran. Certo l’attuale situazione non aiuta e non fa che buttare benzina su quel fuoco che brucia anche le ultime speranze di trovare pace per quelle tormentate popolazioni lungo le coste mediorientali.

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I combattenti del gruppo militante libanese Hezbollah in addestramento nel villaggio di Aaramta nel distretto di Jezzine, nel Libano meridionale, domenica 21 maggio 2023 2023 Hezbollah drill in Aaramta 03.jpg – Wikimedia Commons

Tornando alla legittimità di un’azione legale da parte della Corte penale internazionale, la mancanza di un soggetto politico libanese suggerirebbe che l’apertura di un tale procedimento sia approvata dal Consiglio di sicurezza dell’ONU; speranza poco probabile visti gli interessi in gioco che potrebbe ricorrere nel veto di tre Paesi del Consiglio di Sicurezza (Stati Uniti, Russia e Cina), che tra l’altro non aderiscono alla Corte Penale Internazionale, impedendo quindi il proseguo. Una dimostrazione dell’effettiva incapacità dell’ONU a risolvere situazioni di crisi essendo di fatto soggetto ai voleri delle Nazioni. Ma questa è una vecchia storia.

Andrea Mucedola
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Note

1. Articolo 8 contro i crimini di guerra paragrafo 1: “ La Corte ha competenza a giudicare sui crimini di guerra, in particolare quando commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie di crimini analoghi commessi su larga scala”.

2. Articolo 8 Agli effetti dello Statuto, si intende per «crimini di guerra»:
a) gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno dei seguenti atti posti in essere contro persone o beni protetti dalle norme delle Convenzioni di Ginevra:
… omisiss …
b) Altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno dei seguenti atti:
i) dirigere deliberatamente attacchi contro popolazione civili in quanto tali o contro civili
che non prendano direttamente parte alle ostilità;
ii) dirigere deliberatamente attacchi contro proprietà civili e cioè proprietà che non siano
obiettivi militari;
iii) dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni materiale, unità o veicoli utilizzati nell’ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili previste dal diritto internazionale dei conflitti armati;
… omissis …
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