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livello elementare.
ARGOMENTO: BIOLOGIA MARINA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: parametri fisici
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L’aloclino
Come accade per la temperatura, anche in merito alla salinità si possono osservare dei mutamenti drastici di valori a certe profondità, che prendono il nome di aloclini. Anche il Mediterraneo presenta differenze di salinità in funzione delle varie zone. Ovviamente, in prossimità della costa la salinità è più bassa poiché le acque marine vengono diluite dagli scarichi d’acqua dolce provenienti dalla terraferma (centri urbani, campagne, industrie, fiumi ecc.). Come abbiamo detto, la salinità media del Mediterraneo è circa 38.2, con un’oscillazione da 37.7 a 38.5. Questi sono i valori in superficie, che cambiano procedendo verso il fondo. In particolare, diminuisce il range, che si contrae verso i 1.400 metri su un valore costante intorno a 39: in profondità, infatti, l’acqua di mare è più salata rispetto agli strati superficiali, quindi è anche più densa e non solo perché più salata, ma anche perché più fredda.
rappresentazione grafica dei dati di temperatura e salinità da un punto dell’Oceano Artico (gennaio 2010) come esempio del modello di salinità aloclina artica – Fonte U.S. National Oceanographic Data Center: Global Temperature–Salinity Profile Programme, U.S. Department of Commerce, National Oceanic and Atmospheric Administration, National Oceanographic Data Center, Silver Spring, Maryland Arctic sea temperature salinity plot.svg – Wikimedia Commons
Non dimentichiamo, infatti, che gli strati d’acqua più densi sono più pesanti di quelli meno densi e si trovano verso il fondo (i più leggeri “galleggiano” sopra quelli più pesanti). È un po’ come mettere in uno stesso contenitore olio e acqua: l’olio, più leggero, sta sopra e l’acqua sotto. Mentre gli organismi vegetali vengono definiti autotrofi perché producono il proprio nutrimento grazie alla fotosintesi, gli organismi animali sono invece eterotrofi poiché costruiscono la propria sostanza organica assumendone altra dall’esterno (il cibo).
ricercatori scientifici subacquei raccolgono dati presso una prateria di Posidonia oceanica (isola di Tavolara) – photo credit andrea mucedola
E ancora la luce
Dopo avere osservato a grandi linee com’è organizzata la colonna d’acqua del mare, ritorniamo alla luce del sole che arriva sul nostro pianeta. Diciamo subito che essa viene impiegata in queste proporzioni: il 42% riscalda la superficie terrestre, il 23% è impiegato dalla evaporazione dell’acqua, l’1% è preposto alla formazione dei venti e lo 0.023% viene sfruttato dal processo della fotosintesi clorofilliana. Viene spontaneo considerare che la fotosintesi, uno dei più grandi fenomeni naturali del nostro pianeta, che in un anno produce circa 750 miliardi di tonnellate di glucosio, impiega una percentuale di energia abbastanza esigua. Ciò significa due cose: la quantità di energia emanata dal sole è immensa e i sistemi foto sintetizzanti degli organismi preposti alla trasformazione dell’energia luminosa in energia chimica sono talmente funzionali e “ben fatti” da necessitare di poco carburante.
la vita nel mare – photo credit andrea mucedola
Dopo i primi 50 centimetri di profondità la radiazione incidente della luce solare si riduce più o meno del 50% e a 100-150 metri (dipende dal livello di trasparenza dell’acqua) ne giunge solo l’1%. In base alla penetrazione della luce, la colonna d’acqua si divide in tre zone: la zona eufotica, dove la luce arriva almeno con l’1% dell’irradianza, la zona disfotica, con un’irradianza di meno dell’1%, e la zona afotica, dove non giunge nemmeno la più piccola quantità di luce. La diminuzione della quantità di luce sott’acqua avviene a causa di due fenomeni: l’assorbimento e la diffusione. L’assorbimento è la trasformazione dell’energia luminosa in energia termica e in energia chimica da parte del fitoplancton, la diffusione è la deviazione dei fotoni per riflessione da parte delle particelle solide (organiche e inorganiche) presenti sott’acqua. Quanto più sono grandi queste particelle, tanto più forte è la diffusione. Una grande quantità di particelle, invece, influenza sia l’assorbimento sia la diffusione.
Ovviamente, la zona eufotica è il regno del fitoplancton, che necessita di luce per effettuare la fotosintesi. Più in profondità, nella zona disfotica, il fitoplancton è assente proprio perché, per quanto riguarda gli organismi autotrofi, “senza luce non si mangia!”. Infine, per gli addetti ai lavori aggiungiamo che la riduzione di luce in funzione della profondità è espressa dalla seguente equazione: Ez= E0e-Kz dove Ez è l’irradianza a z metri di profondità, E0 è la radiazione incidente in superficie, K è il coefficiente di estinzione verticale espresso in m-1, e è la base dei logaritmi naturali (2,71828 … il famoso numero di Nepero). Tutto questo e tanto, tanto altro ancora avviene nel pianeta acqua e tutto ciò è il meccanismo immenso che a ragion veduta possiamo definire la grande macchina del mare.
Prof. Adriano Madonna
biologo marino, EClab, Laboratorio di Endocrinologia Comparata dell’Università degli Studi di Napoli Federico II
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articolo originariamente pubblicato su La Marea – per gentile concessione dott. Francesco Fontana La macchina del mare – SIMSI
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nato a Catanzaro si laurea in Medicina e Chirurgia, Università degli studi di Bologna, specializzandosi in Fisiatria e in Medicina Sportiva con indirizzo Traumatologico Sportivo. E’ attualmente medico e Direttore Sanitario del Poliambulatorio Medico – Riabilitativo Kura di Cesena e Direttore Generale del Poliambulatorio Physiomedica di Faenza. E’ inoltre Consulente Fisiatra del Centro Iperbarico di Ravenna. Iscritto alle Società Scientifiche: SIMSI ( di cui cura la rubrica di divulgazione La Marea) e FMSI, è in possesso del Brevetto di Sommozzatore Istruttore II° grado NADD – CMAS – HSA Italia e di istruttore Nitrox NADD – CMAS. Non ultimo è Fondatore e attuale Direttore Tecnico della Associazione Subacquea per Disabili Cesena in Blu e Presidente della Associazione Subacquea Cesena Blu.
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