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livello elementare.
ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: PIANETA
parole chiave: acqua
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La disponibilità di acqua è così scontata per il mondo occidentale che non possiamo nemmeno immaginare che potremmo un giorno esaurirla. Purtroppo non è così: in molte parti del mondo è già presente una crisi idrica globale la cui ombra incombe sul nostro futuro. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che entro il 2025 metà della popolazione mondiale vivrà in aree con carenza idrica permanente.
dal diagramma si vede come il 96,5% dell’acqua proviene dagli oceani, mentre il 2,5 dalle acque dolci e lo 0,9 % da altre acque saline. Di quelle dolci solo l’1,2% è superficiale (fiumi, laghi, etc.) il 68,7 è preservata nei ghiacciai e nelle calotte polari e il 30,1% nelle profondità terrestri (mantello)
Cosa sta succedendo?
La scarsità d’acqua è causata da un complesso insieme di fattori umani ed ecologici interagenti legati al cambiamento climatico che, in alcune regioni del pianeta provoca crescenti periodi di calore persistente che causano l’inaridimento delle fonti d’acqua. Per quanto possa apparire una contraddizione, la disponibilità e qualità dell’acqua è minacciata anche dalle inondazioni causate dall’innalzamento dei livelli del mare. A questo si aggiunge lo spreco di acqua, le perdite delle reti idriche e l’inquinamento su larga scala che riduce ulteriormente la disponibilità di acqua potabile.
Confrontando tutti questi fattori con una popolazione mondiale in crescita, emerge che la scarsità d’acqua sarà un’emergenza superiore a tante altre. La necessità creerà nuovi conflitti legati alla costruzione di dighe che di fatto tagliano la disponibilità a valle delle acque per altri Paesi, in particolare in Africa orientale dove la tensione sta salendo. Negli ultimi decenni, Iran e Turchia hanno costruito centinaia di dighe per soddisfare il loro fabbisogno idrico, causando siccità, disordini sociali e conflitti in Siria e Iraq. Tuttavia, la buona notizia è che c’è ancora molto da fare nel campo della desalinizzazione dell’acqua di mare (già sfruttata in molti Paesi del Golfo), applicando misure di risparmio idrico favorite da sempre più efficaci soluzioni tecnologiche.
La mappa è costellata di numerosi “punti caldi”, ovvero luoghi in cui quantità di acqua in rapido aumento (punti blu più profondi) o in rapida diminuzione (punti rossi più profondi) rappresentano gravi minacce per il benessere umano e ambientale in vari modi. Alcuni dei punti caldi più caldi si trovano dove le calotte glaciali e i ghiacciai montani si stanno sciogliendo costantemente in risposta all’aumento delle temperature. Le calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide e i sistemi glaciali dell’Alaska, della Patagonia e di altri ghiacciai montani si stanno disintegrando a ritmi allarmanti, riversando miliardi di tonnellate di acqua dolce negli oceani ogni anno, spingendo i livelli del mare a nuove pericolose altezze. I modelli mutevoli di disponibilità idrica, insieme al calo dei livelli delle falde acquifere, limiteranno ulteriormente l’accesso all’acqua potabile e all’acqua per l’irrigazione, presentando nuove implicazioni socio-economiche e politiche. Secondo l’OMS, in futuro, dovranno essere in considerazione fonti idriche alternative, considerando anche il riutilizzo delle acque reflue. Ma tutto ciò sarà inutile se non ci sarà una comune volontà a condividere questo bene prezioso.
Una curiosità che viene dal profondo
Nel 1879 fu scoperto un minerale, la ringwoodite, in un meteorite caduto in una zona remota dell’Australia, vicino alla stazione di Tenham, South Gregory, nel Queensland occidentale. Questi meteoriti provenienti dallo spazio mostrano gli esiti di deformazioni ad alta pressione e sono quindi studiati per dedurre i cambiamenti chimici e minerali che potrebbero verificarsi all’interno del mantello terrestre.
cristallo blu di ringwoodite Blue Ringwoodite.jpg – Wikimedia Commons
Gli scienziati scoprirono che la struttura della ringwoodite era in grado di trattenere acqua al suo interno, non allo stato liquido ma sotto forma di ioni idrossido (atomi di ossigeno ed idrogeno legati insieme), in una percentuale compresa tra l’1 e il 2% in peso. Una scoperta importante perché implicherebbe che nella zona di transizione del mantello (fra i 400 e i 670 km di profondità) ci possa essere un’enorme quantità d’acqua (corrispondente ad un oceano) contenuta in minerali polimorfi come la ringwoodite, olivina e wadsleyite che sono predominanti tra i quali proprio la ringwoodite sia il minerale più abbondante. Una scoperta intrigante che, potrebbe farci sognare di poter cavare acqua da quelle profondità. Un sogno in quanto le tecnologie attuali ci consentono di trivellare solo fino a 12 km di profondità 1 a causa delle alte temperature e della plasticità del materiale che si incontra in profondità. Ciononostante la scoperta ha una certa valenza in quanto alcuni ritengono che, nell’ambito della circolazione delle acque profonde, l’acqua contenuta nelle placche tettoniche venga assorbita nel mantello terrestre dalla ringwoodite. Successivamente, l’acqua fuoriesce e torna in superficie all’interno del magma. Una prova di questa teoria si ebbe nell’aprile 2014 quando fu ritrovato un frammento di ringwoodite in Brasile, con certezza della sua origine terrestre. Il frammento sarebbe salito in superficie dopo una eruzione vulcanica, mostrando al suo interno tracce di un radicale ossidrile, una molecola che deriva dalla scissione subita dalle molecole d’acqua a causa dell’elevata pressione e dell’elevata temperatura che, nella zona di transizione, si aggirerebbe attorno ai 1.000°C . Da questa conferma e da altri esperimenti e calcoli complicatissimi legati anche alle zone sismiche della Terra i ricercatori hanno potuto, quindi, ipotizzare l’esistenza di un enorme “oceano” di cristalli d’acqua che apre nuove ipotesi sull’origine dell’acqua della Terra.
Sebbene alcuni geologi pensino che l’acqua sia arrivata sulla Terra trasportata da comete impattate sul pianeta, questa nuova scoperta supporterebbe l’ipotesi che essa sia gradualmente trasudata dall’interno del pianeta primordiale, portata in superficie dai fenomeni vulcanici. Inoltre, questa acqua interna potrebbe fungere da buffer per gli oceani in superficie, spiegando il motivo per cui essi contengono la stessa quantità di acqua da milioni di anni.
Un’ultima riflessione
La quantità di acqua non è infinita e tutti dobbiamo cercare di salvaguardare questa preziosa risorsa dell’Umanità. Ridurre il suo spreco consentirà alle future generazioni di sopravvivere. Comportamenti virtuosi, come quelli elencati in questo diagramma proposto dall’ISPRA, sono perseguibili da tutti con piccoli accorgimenti che TUTTI possiamo applicare ogni giorno.
Vincenzo Popio
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Note
1 Il sito di perforazione esclusivamente verticale più profondo mai scavato è quello di Kola dove, nel 1989, fu raggiunta la profondità di 12,26 km di profondità. Da quella quota i ricercatori speravano di raggiungere i 15 km entro il 1993, ma le temperature troppo alte (180 °C invece dei 100 °C che si aspettavano di trovare) e una minore densità delle rocce, uniti ad alcuni incidenti, resero impossibile continuare oltre. La perforazione fu interrotta nel 1992 e il sito abbandonato definitivamente nel 2005.
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Laureato in Scienze Marine presso l’Università di Pisa con un Ph. D. in Maritime Science e Master in “Environmental science and sea pollution research” presso la Pacific Western University di Los Angeles, California, il dottor Popio ha trascorso oltre 32 anni di servizio attivo nella Marina Militare. Ha ricoperto incarichi di Comando a bordo delle unità navali, come Direttore agli Studi presso Istituti di Formazione militare e come rappresentante della Marina presso l’Ufficio del Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa. Lasciato il servizio attivo, il dr. Popio, ha continuato, in campo civile, a fornire il proprio contributo per la salvaguardia dell’ambiente marino e di tutte le sue specie, collaborando in diversi progetti riguardanti l’ambiente, con le Università di Bari, Lecce, Napoli e con l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero-CNR di Taranto. Numerosi sono gli articoli pubblicati sulla stampa locale sull’inquinamento (aria, mare, suolo) a Taranto, dovuto alla presenza delle industrie pesanti. Uno studio particolare è stato effettuato sul Mar Piccolo e il Mar Grande di Taranto.
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