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Rischio sismico, questo sconosciuto

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: ITALIA

parole chiave: sismologia, terremoti, rischio geologico

 

Se investighiamo a ritroso nella lunga storia umana vedremo che l’Uomo non ha mai dato il giusto peso alla sicurezza geologica (nel senso più ampio del termine, gli addetti ai lavori mi comprenderanno). Gli esseri umani hanno da sempre privilegiato determinate aree per la scelta dei loro insediamenti, basandosi principalmente sulla fertilità del suolo da coltivare, sulla posizione strategico-difensiva e sull’ubicazione favorevole ai commerci con altri popoli.

Nella lunga storia umana, e non solo, gli eventi sismici sono avvenuti, e continuano ad avvenire, con ritmi generalmente lenti, in netta asincronia con i tempi umani. Ciò porta a una casistica insufficiente, non abbastanza sufficiente da rendere attendibile le valutazioni della probabilità dell’evento sismico, a meno di utilizzare metodologie di calcolo sofisticate, e/o di aumentare il numero delle osservazioni.

Il Rischio sismico
Fondamentalmente il problema è di natura statistica: nei soli USA vi sono più probabilità di morire per incidente d’auto (1 su 6000) che non di terremoto (1 su 10 000 000). Il parametro utilizzato per definire il grado di esposizione a un terremoto, per una comunità umana, è il Rischio Sismico. Il Rischio Sismico è la combinazione della Pericolosità, della Vulnerabilità e dell’Esposizione. Di cosa parlano queste parole altisonanti, che spesso abbiamo sentito in televisione, soprattutto dopo gli eventi sismici italiani di agosto e di ottobre?

La pericolosità tiene in considerazione sia la frequenza e sia la violenza dei terremoti più probabili, i quali possono interessare un’area in un certo periodo di tempo. La vulnerabilità è sostanzialmente una misura della propensione al danneggiamento di un oggetto (una struttura) esposta al fenomeno sismico. Infine, l’esposizione è indirizzata alla vita umana; s’intende la qualità e la quantità dei diversi elementi antropici che costituiscono il territorio e valuta vari fattori quali la popolazione, le struture degli edifici, le infrastrutture, i beni culturali, ecc., le cui funzioni e condizioni possono essere danneggiate, o distrutte, dall’evento sismico.

mappa

Cosa significa tutto ciò?
Una comunità che voglia affrontare in modo razionale il problema del rischio sismico deve valutare attentamente la pericolosità del proprio territorio. Bisogna analizzare da un punto di vista storico gli eventi precedenti (considerando che molti sismi di forte entità, in Italia, sono documentati dai tempi dei Romani). Bisogna inoltre fare una valutazione matematica per la determinazione dei periodi di ritorno tra terremoti d’intensità simile. È necessario censire attentamente tutte le strutture presenti sul territorio in analisi. Bisogna decidere tra rischio calcolato e accettabile, intervenendo in anticipo per la riduzione del rischio.

La definizione di rischio sismico accettabile è abbastanza complessa e spesso non resa chiaramente comprensibile a tutti, ma è di fondamentale importanza nella prevenzione e nell’identificazione delle priorità in campo territoriale. La normativa europea in merito al rischio accettabile è regolata con EUROCODES 88, in altre parole questa normativa utilizza terremoti che hanno un periodo di ritorno pari a 475 anni. Ovvero una struttura antisismica, in Europa, deve essere tale da resistere, anche subendo danni, a un terremoto che si ripete in media ogni 475 anni, senza collassare. Gli istituti nazionali fanno attente valutazioni secondo la legge empirica di Gutenberg-Richter, che mette in relazione la magnitudo nella scala Richter con il numero totale di terremoti di una certa magnitudo, in una specifica regione e in un determinato periodo di tempo.

In definitiva le probabilità che ogni 50 anni avvenga un terremoto di intensità maggiore di quello atteso è di circa il 50%. Le strutture devono quindi resistere, senza gravi danni, a un terremoto che si ripete ogni 50 anni.

L’Italia è purtroppo un territorio sismico; più della metà degli italiani vive in zone sismiche dove più del 60% degli edifici non sono sicuri in caso di terremoto perché progettati e costruiti senza vincoli dalla normativa antisismica. Purtroppo questo dipende dal fatto che solo dopo il terremoto del 1980 è stata finalmente adottata una classificazione sismica del territorio, scientificamente accettabile.

Attualmente la classificazione sismica dell’Italia è suddivisa in zone, considerando anche il Peak Ground Acceleration (PGA), ovvero il picco di accelerazione al suolo:

• Zona 1: caratterizzata da sismicità di elevato grado.

• Zona 2: sismicità medio-alta, (in Toscana alcuni comuni sono classificati in Zona 3S, sismicità media, che prevede obbligo di calcolo dell’azione sismica identica alla Zona 2).

• Zona 3: sismicità medio-bassa.

• Zona 4: sismicità bassa.

italia-rischio-sismico-tabella-2

questa cartina illustra le zone in funzione del grado di sismicità

Siamo giunti alla conclusione di questo articolo, come sempre rimando alla bibliografia specifica per maggiori dettagli. Per coloro che volessero dettagliare le loro ricerche non posso fare a meno di consigliare testi di Fisica Terrestre, come il Gasparini, ancora valido, nonché vari testi reperibili di geotecnica, di geofisica applicata, di geomorfologia applicata (fenomeni franosi co-sismici), di idrogeologia tecnica, specialmente per i fenomeni della liquefazione, come nei terremoti giapponesi di Kobe (1995) e Niigata (1964).

Aaronne Colagrossi

photo e disegni credit INGV 

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2 commenti

  1. fulvio schiavone fulvio schiavone
    14/12/2016    

    Interessante. …sono geologo….nella prima cartina il Salento e’ colorato di giallo…ma mi pare che sia una delle zone meno sismiche d’Italia. ..

    • 15/12/2016    

      Ciao, grazie per l’interesse, siamo colleghi allora. La mappa a cui ti riferisci è una mappa della Massima Intensità Risentita, viene considerata solo come indicativa delle zone maggiormente esposte a sismi di intensità notevole. La mappa considera anche sismi già accaduti, credo a partire dal 1400, quando le cronache erano più dettagliate e si limitavano alla descrizione dei danni subiti, non avendo strumenti. Probabilmente i redattori hanno inserito quel valore poiché la zona ha già subito dei sismi in passato, pur non presentando attività nel presente, dovrei analizzare un po’ la storia sismica del Salento per risponderti in maniera più precisa….. un abbraccio

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