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Le meraviglie della struttura interna della Terra

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: GEOLOGIA
PERIODO: 4,5 MILIARDI DI ANNI FA
AREA: DIDATTICA
parole chiave: storia geologica della Terra
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La Terra si è formata circa 4,560 miliardi di anni fa dalla nebulosa solare. All’inizio c’era un disco di polveri e gas in rotazione, ma dopo la formazione del Sole il materiale in eccesso cominciò a raggrupparsi in diverse zone, formando i pianeti oggi conosciuti. Inizialmente, la Terra era una massa rocciosa incandescente e priva di atmosfera.

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La formazione della Terra dalla nebulosa originale Earth formation.jpg – Wikimedia Commons

Con il passare del tempo, la superficie si raffreddò formando una crosta solida. Gli impatti di asteroidi e meteoriti sulla Terra contribuirono a modellare la sua superficie e a creare le prime caratteristiche geologiche. L’atmosfera primordiale era composta principalmente da gas vulcanici come vapore acqueo, anidride carbonica, metano e ammoniaca, con una scarsa presenza di ossigeno. Circa 2,5 miliardi di anni fa il mantello si raffreddò a una velocità variabile tra 6 e 11 gradi centigradi ogni 100 milioni di anni. Poi, circa 170 milioni di anni fa, successe qualcosa che accelerò il raffreddamento fino a circa 20 gradi centigradi ogni 100 milioni di anni. I periodi caldi e freddi si susseguirono a causa di un meccanismo che non è ancora chiaro ma il ciclo originario di “inversione termica” si ridusse fino ad arrivare a circa 50.000 anni. Al termine del Pliocene (tra 5 e 1,65 milioni di anni fa) la Terra assunse l’aspetto che ha oggi.

Ma sotto la superficie della Terra cosa troviamo?

Complessivamente nella composizione chimica della Terra prevalgono: ferro (34,6%), ossigeno (29,5%), silicio (15,2%), magnesio (12,7%); seguono nichel (2,4%), zolfo (1,9%) e tutti gli altri elementi per il 3,7%. La comprensione della struttura interna della Terra è basata sulle estrapolazioni di evidenza fisica emerse dai campioni estratti da pochi chilometri di profondità della superficie terrestre, dai campioni portati alla superficie dalle più remote profondità tramite l’attività vulcanica e dalle analisi delle onde sismiche. Per ricavare informazioni sulla composizione e sulla struttura interna della Terra non possiamo procedere con un’indagine diretta poiché i pochi chilometri esplorabili attraverso le miniere o le stratificazioni sedimentarie delle catene montuose, sono nulla se paragonati ai 6.371 km del raggio medio terrestre.
Per questo motivo ci si serve di analisi indirette, come quelle effettuabili dallo studio dei meteoriti, che presentano una analoga composizione a quella della Terra, supponendo che derivino dalla medesima nebulosa originaria con cui si formarono i pianeti del Sistema Solare.

Il campo gravitazionale ci dice che se la densità della Terra fosse uniforme, e simile a quella delle rocce presenti in superficie, la forza di gravità sarebbe soltanto la metà di quella esistente. Quindi si è sicuri che all’interno della Terra ci sono materiali molto più densi delle rocce che conosciamo in superficie. Molto importanti sono le informazioni che si ricavano dalla sismologia, che studia le modalità di propagazione delle onde sismiche all’interno della terra. Poiché le onde modificano la loro velocità in base alla densità del mezzo che attraversano, possono essere riflesse, rifratte o bloccate (nel caso delle onde trasversali), attraverso la loro analisi è possibile ricostruire la struttura dell’interno terrestre.

Quello che emerge è che l’interno della Terra non è omogeneo ma ha una struttura “simile” a quella di un uovo, costituita da tre strati concentrici: la crosta, il mantello e il nucleo, le cui reciproche proporzioni sono simili a quelle tra guscio, albume e tuorlo. Al di sotto della superficie abbiamo sotto di noi 60-100 km di crosta terrestre, al di sotto della quale c’è uno strato di rocce fuse chiamato mantello, poi un nucleo più esterno di ferro ed uno interno ancora di ferro. Queste informazioni sono state dedotte dai dati ricavati dai terremoti che hanno permesso di individuare una serie di strati concentrici all’interno della Terra, che costituiscono delle vere e proprie superfici di discontinuità, con repentini cambiamenti di velocità e direzione delle onde sismiche, mentre all’interno di ciascuno strato i cambiamenti sono abbastanza graduali.

Il nucleo esterno fuso è ciò che produce il campo magnetico perché il materiale al suo interno, Ferro e Nichel, è in convezione, ovvero si muove, ad oltre 3000 km di profondità; possiamo immaginarcelo come una grande dinamo planetaria che, originando corrente elettrica genera un campo magnetico. Lo stesso che influenza l’ago di una bussola in qualunque punto della Terra (cosa che non avviene su Marte e sulla Luna che non hanno campo magnetico). Il nucleo interno è invece viscoso, composto quasi esclusivamente di ferro, con un raggio di circa 1250 km, ha una temperatura attorno ai 5400 °C/6000 °C, una densità di 13 g/cm³ e una pressione di 330-360 GPa.

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Una curiosità: il pozzo di Kola (Russia), stretto e perfettamente verticale, è profondo ben 12.226 metri e con un diametro di soli 23 centimetri. A differenza di altri pozzi, scavati per individuare giacimenti di gas o petrolio, quello di Kola fu realizzato a scopo scientifico, per studiare la composizione interna della crosta terrestre. Iniziato nel 1970, nel 1990 si arrivò a una profondità di 12.262 metri ma si fermò per la rottura della trivella. Durante la trivellazione furono fatte diverse scoperte, tra cui microfossili di fitoplancton risalenti a circa 2 miliardi di anni fa, la presenza di acqua nelle rocce granitiche profonde, e temperature superiori alle previsioni, arrivando fino a 180 °C (356 °F). La minore densità delle rocce che incominciavano a comportarsi più come un materiale plastico che come un solido, unita ad alcuni incidenti, rese impossibile continuare oltre. Di fatto la perforazione fu interrotta nel 1992 e il sito abbandonato definitivamente nel 2005. – immagine del pozzo – Fonte Pagina dell’autore su Panoramio.com Autore Andre Belozeroff

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Descrizione degli “strati” interni della Terra earth-crust-cutaway-it.svg – Wikimedia Commons

L’interno della Terra è inaccessibile; al centro la pressione è circa tre milioni e mezzo di volte quella atmosferica e si stima che la temperatura sia di 6.000 °C (la superficie del Sole arriva a 6.500 °C). Uno studio ha riscontrato che, tra 400 e 670 chilometri di profondità, c’è acqua e potrebbe essere abbondante, come quella di tutti gli oceani messi insieme. Ma non si trova in forma liquida, bensì intrappolata dentro la ringwoodite, un materiale che si forma solo in condizioni di altissima pressione.

Per conoscere quello che c’è sotto di noi, però, non sempre occorre andare in profondità: le rocce della crosta possono contenere messaggeri come gli xenoliti, rocce che, dal mantello, sono arrivate in superficie trasportate dalla lava. Nei vulcani il magma, risalendo, trascina con sé rocce e minerali, come la peridotite (roccia tipica del mantello superiore) e la kimberlite (la roccia al cui interno sono intrappolati i diamanti). Siccome i vulcani del mondo sono tanti e le loro lave hanno composizioni diverse, capiamo che anche in profondità le rocce non sono omogenee e che, anche a distanze abbastanza brevi (come per esempio tra l’Etna e le Eolie) il mantello da cui provengono i magmi può avere composizioni diverse.

La tecnologia di perforazione

Perforare le profondità della Terra richiede una tecnica molto sofisticata. Ci si serve di un tubo d’acciaio spinto o trascinato verso l’interno della superficie da una punta e dalla pressione idraulica; quando si esaurisce la lunghezza del tubo se ne attacca un altro e si continua a spingere. Questa tecnica è usata nelle perforazioni petrolifere ed è utilizzata fino a 3 km di profondità. Il tubo è realizzato in acciaio, ma più si trivella in profondità nella crosta terrestre più la temperatura diventa alta superando, a 2.000m, i 100°C. Di fatto questo metallo, con l’aumento delle temperature diventa più morbido, più debole e si deforma facilmente al punto che quando si raggiungono 300 o 500 °C  il tubo non è più utilizzabile. Nonostante queste grandi difficoltà, gli scienziati non abbandonano il progetto di perforare il fondo marino grazie all’International Ocean Discovery Program (IODP), una collaborazione internazionale di ricerca marina dedicata alla comprensione scientifica della Terra attraverso perforazioni, carotaggi e monitoraggio del fondale sottomarino. Il Programma si avvale della nave di perforazione JOIDES Resolution (JRSO) per conto della National Science Foundation. In parole semplici, vengono effettuati dei carotaggi fino al mantello, per prelevare campioni di rocce per scoprire com’è fatto il nostro pianeta, come si evoluto nel tempo, e scoprire su eventuali forme di vita a quelle profondità. I campioni oceanici stanno anche fornendo informazioni sul clima e sulla storia tettonica della Terra. In particolare è emerso che il tasso di rilascio di carbonio attuale è 10 volte maggiore rispetto al massimo termico del Paleocene-Eocene o in qualsiasi momento degli ultimi 66 milioni di anni.

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Coccoliti. Immagine al microscopio elettronico a scansione (SEM) di Calcidiscous leptoporus, fase diploide, che mostra che i coccoliti comprendono due parti, una esterna ed una interna – Fonte e Autore Nance Pomerene Calcidiscus leptoporus, diploid, SEM, showing two parts of coccoliths.tif – Wikimedia Commons

Un’altra curiosità. Nelle carote di sedimenti recuperate da un foro di trivellazione praticato nella zona orientale dell’Oceano Indiano equatoriale durante lo svolgimento della spedizione 363 dell’International Ocean Discovery Program sono stati ritrovati coccoliti fossili. Essi derivano dai coccolitofori, alghe fluttuanti che vivono in acque prossime alla superficie. Grazie ai loro processi di fotosintesi e calcificazione, questi organismi svolgono un importante duplice ruolo nel ciclo globale del carbonio e sono un eccellente oggetto di studio per analizzare i cambiamenti avvenuti nei sistemi oceanici nel corso delle ere geologiche.

Vincenzo Popio
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