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L’incubo di Santorini

tempo di lettura: 5 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: VULCANOLOGIA

PERIODO: XXI SECOLO

AREA: MAR MEDITERRANEO

parole chiave: Santorini, Kolumbo, tsunami

Secondo l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano, a partire dal 1600 a.C. ad oggi, nel mar Mediterraneo, si sono verificati almeno 290 maremoti, alcuni dei quali distruttivi. Le coste greche, italiane e del nord Africa sono le più esposte al fenomeno e, nel corso della storia, hanno subito gli effetti devastanti di tsunami. La situazione anomala che si sta verificando in questi giorni a Santorini, nel Mar Egeo, desta una certa preoccupazione e la memoria non può non andare alla terrificante esplosione del suo vulcano avvenuta intorno al 1600 a. C quando il collasso della caldera causò uno tsunami devastante, con onde alte circa 50 metri, che si propagarono in gran parte del Mediterraneo orientale, investendo anche la Turchia, la Siria, l’Egitto e la Palestina che furono devastati dalle onde. Secondo alcune teorie fu proprio questo tsunami la causa dell’improvvisa fine della civiltà Minoica a Creta. L’intenso sciame sismico è al momento monitorato dalle reti di rilevamento dell’istituto di Geodinamica di Atene e la Grecia ha consigliato la prudenza nelle attività collettive. Va premesso che Santorini nel 1956 aveva subito un potente terremoto di magnitudo 7, che aveva provocato 50 vittime e gravi danni. Gli scienziati prevedono che le scosse dureranno per diverse settimane. Di fatto circa 9 mila persone, tra abitanti, lavoratori stagionali e turisti, secondo i media greci, hanno abbandonato l’isola.

Ma qual è la causa?

Nella complessità geologica del Mediterraneo troviamo la parte più attiva dell’arco vulcanico dell’Egeo meridionale, che comprende i vulcani attivi di Methana sulla terraferma della Grecia, Milos, Santorini e Nisyros. Questo arco vulcanico si è formato dalla collisione tra la placca tettonica africana con la micro placca egea e quella eurasiatica, con movimenti diretti verso nord-est ad una velocità intorno ai 5 cm all’anno. Questo processo di collisione continua provoca terremoti a profondità fino a 150-170 km perché la placca Africana scorre in profondità per un processo di subduzione. A questo complesso assetto geodinamico contribuisce la placca araba che, con il suo moto verso nord, ha innescato un processo di compressione con conseguenti deformazioni della crosta terrestre ed estrusione verso ovest della placca anatolica, che hanno portato alla configurazione attuale di questa parte del Mediterraneo.

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Mappa tettonica dell’arco ellenico presa da varie fonti, in particolare Chamot-Rooke et al. 2005, basata su uno screenshot del software NASA WorldWind – Autore Mike Norton File:Hellenic arc.png – Wikimedia Commons

L’evoluzione geologica, portò l’arco vulcanico a spostarsi verso sud e assumere la sua configurazione arcuata, quindi, in seguito all’assottigliamento locale della crosta terrestre, il Mar Egeo si aprì. Infine il magma ruppe la crosta ormai assottigliata facendo evolvere l’arco vulcanico definendo la micro placca egea. Per immaginarvi questo fenomeno, che durò milioni di anni, pensate a fogli di pasta che vengono spinti l’uno verso l’alto … se uno si incunea al di sotto dell’altro provoca delle deformazioni. Tornando alla crosta terrestre nell’Egeo, l’arco vulcanico si estende per 450 km da Methana, sulla costa orientale del Peloponneso a ovest, fino alla costa egea della Turchia nei pressi dell’isola di Nisyros. E’ proprio lungo questo arco che sono monitorate una serie di isole vulcaniche dormienti o attive tra cui Santorini, e anche vulcani sottomarini, di cui il più famoso è il Kolumbo (immagine sottostante – Fonte INGV da https://santory.gr).

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Questo rende il Mediterraneo orientale una zona ad elevato rischio tsunami che viene costantemente monitorata. Secondo l’INGV, tra gli eventi sismici più forti della Grecia del XX secolo va ricordato il terremoto del 9 luglio del 1956 nel mar Egeo che ebbe epicentro a circa 5km Est/Nord-Est dall’isola di Santorini ed una magnitudo di 7.8. La magnitudo e le caratteristiche del terremoto causarono uno tsunami che interessò le coste del mar Egeo, in particolare Amorgos, l’isola principale dell’arcipelago delle isole Cicladi. Nella località di Mouros si ebbero i run-up1 maggiori dove le onde di tsunami superarono i 20m.  Anche le coste Settentrionali dell’isola di Creta furono ingentemente danneggiate, e a Kalymno il ritiro del mare e il conseguente tsunami, invase l’intera città di Pothea (per circa 1.5 km dalla costa) provocando ingenti danni alle strutture abitative e portuali causati della forte pressione esercitata dal mare e numerosi morti e feriti.

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posizioni dei sismi superiori a 4 (aggiornato alle prime ore del 5 febbraio 2025) – Fonte INGV

In un’azione di monitoraggio continuo, i ricercatori dell’INGV sono impegnati in campagne oceanografiche nel mar Egeo per studiare il cratere del grande vulcano sottomarino Kolumbo, situato a circa 8 km a nord-est di Santorini, monitorarne la temperatura dei camini idrotermali e manutenere i dispositivi già in funzione. Questi gli obiettivi dell’ultima spedizione oceanografica, denominata THIRA23, condotta dal Centro Ellenico per la Ricerca Marina (HCMR) e dall’Università Nazionale e Capodistriana di Atene (NKUA), in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nell’ambito del programma di ricerca “SANTORY: SANTORini seafloor volcanic observatorY”.

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la posizione del vulcano sottomarino Kolumbo rispetto a Santorini. La posizione degli eventi sismici maggiori è pienamente giustificata

Secondo il dottor Fausto Grassa, ricercatore della Sezione di Palermo dell’INGV (INGV-PA), “Il programma di ricerca SANTORY è un innovativo progetto interdisciplinare finalizzato al monitoraggio in continuo del vulcano sottomarino Kolumbo, attraverso l’implementazione di attrezzature innovative nel campo della tecnologia marina, come sensori iperspettrali, sensori di pressione e di temperatura, spettrometri di radiazioni e attraverso l’acquisizione di dati e campioni per l’analisi del campo idrotermale, nato con l’obiettivo di raccogliere dati utili per la corretta pianificazione della risposta a un’eventuale crisi vulcanica con la creazione di mappe specializzate di rischio vulcanico … ”.

In particolare, l’INGV ha contribuito attraverso l’installazione di un osservatorio sottomarino multi parametrico, durante la prima campagna svoltasi nel dicembre 2022, all’interno dell’area più attiva della base del cratere a 500 metri di profondità. L’osservatorio ha permesso di registrare una serie inedita di dati chimico-fisici e acustici che saranno preziosi per lo studio dell’area; durante la spedizione 2023 si è provveduto a recuperare l’osservatorio, scaricare i dati registrati nel periodo intercorso e ricaricare le batterie per un ulteriore periodo di raccolta dati.

La ricerca continua nella considerazione che questo tipo di fenomeni non sono temporalmente al momento prevedibili.

1. La grande quantità di acqua che uno tsunami spinge sulla riva sopra il normale livello del mare è chiamata Run-up, ed è la massima altezza verticale sulla riva sopra il livello del mare raggiunta da uno tsunami. Quando uno tsunami si sposta verso l’entroterra, il livello dell’acqua può salire di molti metri. In casi estremi, il livello dell’acqua può salire a più di 15 m per gli tsunami la cui origine è lontana e oltre 30 m se in prossimità dell’epicentro del terremoto.

 

Fonti INGV – sì ringrazia il dottor Marco Anzidei per la cortese consulenza

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