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Effetti del Glifosato sull’ambiente acquatico, nuove ricerche aprono nuovi scenari

tempo di lettura: 8 minuti

 

livello elementare
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ARGOMENTO: ECOLOGIA
PERIODO: XX-XXI SECOLO
AREA: DIDATTICA
parole chiave: glifosato
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Grazie alle ricerche in corso in tutto il mondo, stiamo ottenendo un quadro molto più chiaro di ciò che sta uccidendo le barriere coralline; come sappiamo gli effetti delle emissioni di CO2 e del riscaldamento globale sono i principali colpevoli che contribuiscono alla morte dei nostri oceani e del pianeta Terra. Secondo una ricerca del Marine Pollution Bulletin (Bollettino sull’inquinamento marino), possiamo aggiungere anche il glifosato, il famoso erbicida di Monsanto.

Glifosato
La storia del glifosato e dell’azienda che ha legato la sua fortuna a questa sostanza, ha qualcosa di sconcertante.
glifosato molecolaSi tratta di una molecola che fu sintetizzata negli anni cinquanta in Svizzera ricevendo il nome scientifico di N (fosfonometil) glicina C3H8NO5P. In realtà la nuova sostanza ebbe fortuna solo dopo che il brevetto svizzero fu acquisito dalla Monsanto, una tristemente nota azienda chimica statunitense. In passato quest’industria aveva ottenuto un enorme successo con la produzione del famigerato “agente arancio” (agent orange), usato durante la guerra del Vietnam. Questo diserbante distrusse per decenni la vegetazione e causò malformazioni e tumori sia tra i vietnamiti sia tra i veterani dell’esercito statunitense. Il suo uso fu sospeso nel 1971 quando cominciarono a essere noti gli effetti di un suo sottoprodotto, anche lui tristemente famoso, la diossina che si creava bruciando questi composti a base di cloro. Come ricordate la tossicità della diossina è ormai provata senza dubbio ed è considerata cancerogena, provocando gravi danni immunitari ed all’apparato riproduttivo.

Ma torniamo al glifosato
Considerato inizialmente un erbicida a bassa tossicità e permanenza in vita, raggiunse immediatamente una grandissima diffusione in tutto il mondo.

glifosato consumo

In un rapporto ISPRA relativo agli anni 2011 e 2012, sulla base di dati provenienti dalle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e delle corrispondenti agenzie provinciali (APPA), il glifosato venne definito come uno degli erbicidi più utilizzati nell’agricoltura italiana (Rapporto nazionale pesticidi nelle acque (PDF), ISPRA, Rapporti 208/14, p. 40, ISBN 978-88-448-0681-1). Ad esempio, secondo alcuni dati parziali dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Veneto (ARPAV), ad esempio, si sa che nel 2007, nella sola provincia di Treviso furono impiegati cinquantacinquemila  chilogrammi di Glifosato e otto mila chilogrammi di Ammonio-Glufosinato.

Va premesso che il suo livello di cancerogenicità è ancora messo in discussione a livello scientifico (anche per le conseguenze economiche che un suo divieto produrrebbe); di fatto non esiste una comune concordanza sulle definizioni di rischio cancerogeno adottate da parte dello IARC (International Agency for Research on Cancer). In altre parole, detrattori e favorevoli si combattono per il suo ritiro dal mercato … ed il resto del mondo sta a guardare.

Nonostante ciò, dal 22 agosto 2016, in Italia è entrato in vigore un decreto del Ministero della Salute che ne limita l’uso e il commercio. In pratica non si può usare  in luoghi pubblici come “parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie”. È vietato anche impiegarlo in agricoltura nel periodo che precede il raccolto e la trebbiatura. Il decreto inoltre revoca le nuove autorizzazioni a mettere in vendita prodotti fitosanitari che lo contengono.

L’Italia è diventata la prima nazione europea in Europa a seguire la raccomandazione della Commissione europea in tal senso. Ma sarà così? I controlli saranno sufficienti?
Non è tutto così semplice; la Commissione Europea ha deciso, alla fine di giugno 2016, di prorogare di altri diciotto mesi l’autorizzazione all’uso del glifosato, richiedendo agli stati membri di limitarne l’uso nei luoghi pubblici. Per cui resta ancora in uso in molti Paesi e, come vedremo, arriva al mare. Poiché tanti paesi agricoli del mondo usano ancora questo pericoloso erbicida, esso viene oggi rilevato in una diversità di ambienti. Inoltre, la maggior parte dei Paesi non ha ancora attivato programmi regolari di monitoraggio dei glifosati ed i metodi analitici autonomi sono spesso proibitivi per i costi, causando una carenza di lungo termine nei set di dati globali (Barceló and Hennion, 2003). Non ne sono esenti i grani che, se provenienti da paesi in cui il Glifosato è ancora “ampiamente” tollerato, quando importai in Italia portano con se la loro “tossicità. 

Si pensi che l’Australia utilizza il Roundup Ready di Monsanto (il suo prodotto più famoso) ad un tasso di 30 milioni di chili ogni anno ma … solo negli Stati Uniti queste quantità arrivano a 180-185 milioni. La maggior parte di questo veleno finisce inesorabilmente nei nostri oceani.

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Fitoplancton: organismi autotrofi necessari per la nostra sopravvivenza
Il fitoplancton è l’insieme degli organismi autotrofi foto-sintetizzanti presenti nel plancton, ovvero di quegli organismi in grado di sintetizzare sostanza organica a partire dalle sostanze inorganiche disciolte, utilizzando come fonte di energia la radiazione solare.

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Il fitoplancton si trova alla base della catena alimentare nella grande maggioranza degli ecosistemi acquatici. Nella fascia intertropicale ad esempio, dove l’intensità luminosa non subisce variazioni stagionali rilevanti, la dinamica del fitoplancton dipende principalmente dalla frequenza con cui i nutrienti possono raggiungere gli strati superiori dell’oceano, un processo indotto dalla presenza di forti venti che permettono alle acque più profonde e fredde di emergere in superficie (upwelling). Queste nuove masse di acqua arricchita in nutrienti stimolano la crescita e riproduzione dei produttori primari.

La grande biomassa del fitoplancton e la presenza di acqua superficiale più fredda, permettono di identificare le zone di upwelling, rilevabili dalla più bassa temperatura superficiale dell’acqua e dall’alta concentrazione di clorofilla. A differenza delle acque tropicali, la acque polari e temperate dovrebbero avere buoni livelli di sostanze nutritive e la loro fioritura dipende soprattutto dall’aumento dell’irradiazione solare (“fioritura primaverile”). Il fitoplancton produce inoltre la metà dell’ossigeno totale prodotto dagli organismi vegetali della Terra.

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Tutto in oceano è interconnesso ed  il fitoplancton è al vertice della catena alimentare ed è fondamentale per la sopravvivenza dell’intero ecosistema. Da recenti studi sembrerebbe che la morte della barriera corallina possa essere riconducibile alla sua diminuzione, che si è accelerata del 40 per cento dal 1950. I ricercatori hanno effettuato degli studi su quali nuovi prodotti sono entrati sul mercato negli ultimi 40 anni ed in particolare sul glifosato, un potente erbicida progettato per annientare qualsiasi vita con cui entra in contatto.  

A seguito del suo uso penetra nel terreno e viene poi dilavato, arrivando alle falde acquifere ed a laghi e  fiumi, fino ad arrivare al mare mantenendo circa l’80% della sua capacità tossica. I ricercatori hanno scoperto che nelle acque vicino ai poli, ai tropici e in alto mare una forte diminuzione dei livelli di fitoplancton. Fino ad oggi era stata giustificata  dalle alte temperature,  ma la scoperta che ciò avviene anche ai poli, in acque molto fredde, mette nuovamente in gioco la ricerca. Perché questo fenomeno avviene anche nelle acque fredde dei poli artici? A quanto pare la temperatura non è il fattore determinante, per cui  la spiegazione del riscaldamento globale non è sufficiente e va ricercata anche altrove.

Cosa comporta?
La morte del fitoplancton porta all’aumento dell’acidificazione negli oceani, già minata dalle variazioni di temperatura, che modifica la chimica dell’acqua marina causando un impatto sugli ecosistemi. Il fitoplancton sta morendo e di conseguenza cambia la vita marina del pianeta. Centinaia di salmoni dell’oceano Pacifico stanno scomparendo ad un tasso allarmante.

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Gli esperti ritengono che stiano morendo di fame in zone un tempo fiorenti che si sono trasformate in deserti senza vita. Le  morie di pesce stanno aumentando ovunque, anche nel Mar Mediterraneo. Lo abbiamo detto molte volte: è un effetto palla di neve …  la morte di un ecosistema causa la morte di un altro fino all’estinzione.

Perché si pensa al glifosato?
Si è verificato che l’emivita del glifosato è drasticamente più lunga nell’oceano che nell’acqua dolce. Questo perché il glifosato è un sale ed in presenza dei sali oceanici agisce come conservante. Ancora peggio … raccoglie forza nel tempo portando ad una massiccia morte del plancton.  

Lo studio riporta che:  “The half-life for glyphosate at 25°C in low-light was 47 days, extending to 267 days in the dark at 25°C and 315 days in the dark at 31°C, which is the longest persistence reported for this herbicide.” Se si pensa che nel suolo la sua emivita chimica è intorno ai cinque giorni ed aumenta a 49 giorni nelle acque dolci, la sua emivita in mare potrebbe essere decisamente preoccupante. Poiché tanti paesi agricoli del mondo usano ancora questo pericoloso erbicida, esso viene oggi rilevato in una diversità di ambienti. La maggior parte dei paesi non ha attivato programmi regolari di monitoraggio dei glifosati; inoltre i metodi analitici autonomi sono spesso proibitivi per i costi, causando una carenza di lungo termine nei set di dati globali (Barceló and Hennion, 2003).

glifosato

E se alla fine una delle maggiori cause del cambiamento climatico fosse legata all’immissione del glifosato?
Gli oceani svolgono un ruolo importante nel mantenere in equilibrio il ciclo del carbonio della Terra. Se stiamo avvelenando gli oceani con queste sostanze, che provocando  la morte ed  acidificazione dell’oceano provocano l’aumento della quantità di anidride carbonica nell’atmosfera e quindi della temperatura globale, perché non  vietare a livello mondiale l’uso del glifosato? Nel 2015 è stato classificato come “probabilmentecancerogeno negli esseri umani. Questo è stato affermato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) dopo aver condotto una revisione completa sulla sicurezza di questa sostanza. È nel nostro cibo, nell’aria, nei nostri fiumi e negli oceani, ovunque.

14292827321831107605Sta diventando sempre più evidente che anche queste sostanze contribuiscono al cambiamento del pianeta. Come abbiamo visto, fu solo alla metà degli anni ’70 che Monsanto mise in produzione il glifosato e nel 1980 divenne l’erbicida più venduto al mondo. L’Australia utilizza Roundup Ready ad un tasso di 30 milioni di chili ogni anno ma solo gli Stati Uniti arrivano a 180-185 milioni.

La maggior parte di questo veleno finisce nei nostri oceani
All’inizio degli anni ’90 la gente iniziò a notare i cambiamenti ecologici nella Grande Barriera Corallina, che si estende per oltre 1400 miglia dalla costa nord-occidentale del Queensland. Questa barriera era una volta casa per 1.625 specie diverse di pesci, tremila molluschi e trenta diverse specie mammiferi di balene. Nel 2016, la Grande Barriera Corallina dell’Australia è stata considerata morta in molte aree dopo anni di sofferenza. Aveva 25 milioni di anni ed è morta per avvelenamento chimico causato dall’Uomo. Solo poche specie sono sopravvissute.

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Nessun oceano è immune e neanche noi
Uno studio dell’università di Washington State pubblicato dalla rivista Scientific Reports effettuato su dei topi di laboratorio in gravidanza ad una dose pari a metà del minimo considerato innocuo, ha dato risultati terrificanti. La cosa più grave è che sebbene la prima generazione non mostrasse patologie evidenti nelle successive vi fu un aumento di malattie ai testicoli, alle ovaie e alle ghiandole mammarie. Addirittura nella terza generazione vi fu un aumento del 30% delle patologie prostatiche, mentre il 40% delle femmine di terza generazione ebbero aborti spontanei e il 40% dei ratti era obeso.

Questo andamento è noto come “tossicologia generazionale” ed è stato riscontrato a seguito di contaminazione sia da pesticidi che da componenti delle materie plastiche come il bisfenolo A (BPA), un composto organico usato principalmente per la produzione di plastiche e per la produzione sia delle resine epossidiche sia dei più comuni materiali in policarbonato. Purtroppo queste sostanze sembrano agire a livello genetico per cui i danni si propagano nelle generazioni a venire.

Per chi volesse approfondire sugli effetti del Glifosato, invito a leggere questo documento scientifico che fornisce molti fatti. Comunque la pensiate … domandatevi se vale la pena di rischiare.
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in anteprima imbiancamento dei Coralli alle Samoa a causa delle alte temperature … vale  la pena creare stress chimici all’ambiente? Source: Caitlin Seaview Survey

 

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