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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XX SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: guerra fredda, bombe atomiche, broken arrow
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Era il 16 gennaio del 1967, ed un bombardiere strategico B-52 G era decollato dalla base aerea di Seymour Johnson, nella Carolina del Nord, per un’esercitazione di allarme. L’aereo trasportava quattro bombe a idrogeno di tipo B 28 RI per una missione facente parte di un’operazione strategica chiamata Chrome Dome. Non era certamente la prima volta; questo tipo di missioni andavano avanti ormai da sei anni per mostrare la capacità di ritorsione delle forze americane in caso di attacco atomico da parte dei sovietici contro un paese appartenente al blocco occidentale. Per quanto possa apparire pazzesco mai come in quel periodo ci avvicinammo ad una guerra globale tra i due blocchi e solo la freddezza dei due antagonisti permise di allontanare lo spettro dell’olocausto nucleare.
La rotta prevista dal piano di voloThe Palomares Incident – 3973rd Combat Defense Squadron (3973lostoros.com)
I bombardieri strategici B 52 statunitensi venivano continuamente spostati in missioni di 24 ore nelle rotte tra l’Atlantico e la costa orientale italiana, prima di tornare negli Stati Uniti. Dal piano di volo i bombardieri americani necessitavano l’effettuazione di due rifornimenti in volo sulla Spagna, uno all’andata ed uno al ritorno. Ma quel giorno le cose non andarono come previsto; alle 10.30 del 17 gennaio 1966, mentre volava a 31.400 piedi, il bombardiere americano incominciò il previsto rifornimento in volo con un KC-135 della base aerea di Morón, nel sud della Spagna. Lo avevano fatto molte volte ma quella fu l’ultima per molti di loro.
Il pilota del B-52, il maggiore Larry G. Messinger, riportò che l’avvicinamento al tanker fu troppo veloce e successe l’imprevedibile. Testualmente … “We came in behind the tanker, and we were a little bit fast, and we started to overrun him a little bit. There is a procedure they have in refueling where if the boom operator feels that you’re getting too close and it’s a dangerous situation, he will call, ‘Break away, break away, break away.’ There was no call for a break away, so we didn’t see anything dangerous about the situation. But all of a sudden, all hell seemed to break loose.“
sezione dell’aereo KC-135 al suolo The Palomares Incident – 3973rd Combat Defense Squadron (3973lostoros.com)
In pratica il pilota in comando al momento non ritenne che la situazione fosse pericolosa e non richiese l’interruzione della procedura di avvicinamento. Fu un drammatico e gravissimo errore ed i due aerei si scontrarono. L’ugello del braccio di rifornimento colpì la parte superiore della fusoliera del B-52, spezzando un longherone tanto da strappare di netto l’ala sinistra. L’urto causò un’esplosione che fu avvertita anche da un secondo B-52 a circa un miglio di distanza. Tutti e quattro i membri dell’equipaggio del KC-135 e tre dei sette uomini del bombardiere B 52 restarono uccisi.
Era una missione di routine e gli equipaggi erano ben addestrati ma il destino quel giorno gli fu fatale e non solo per loro. Il disastro colpì Palomares, un centro marino della Andalusia. Quattro delle bombe a idrogeno precipitarono verso terra ad alta velocità. Per fortuna non esplosero. In caso contrario le conseguenze sarebbero state gravissime. Quelle bombe, cento volte più potenti della bomba che distrusse Hiroshima, avrebbero potuto uccidere migliaia di persone, potenzialmente distruggendo o inquinando gran parte delle regioni dell’Andalusia e della Murcia. Ma al disastro naturale si sarebbe aggiunto quello politico che avrebbe potuto innescare pericolose ripercussioni.
illustrazione spagnola dell’incidente
The Palomares Incident – 3973rd Combat Defense Squadron (3973lostoros.com)
Il dislocamento operativo dei bombardieri era strategico. Se il Presidente degli Stati Uniti avesse dato l’ordine di colpire l’Unione Sovietica, i bombardieri avrebbero potuto raggiungere più rapidamente gli obiettivi assegnati. Il pilota del B-52 era Charles J. Wendorf che, malgrado la sua giovane età (aveva solo 29 anni), volava sui bombardieri da ben cinque anni. Le missioni erano impegnative e, a causa della durata del volo, il B-52 doveva essere rifornito in aria per ben quattro volte. Quel giorno, dopo aver girato sull’Adriatico, l’aereo si diresse verso il suo terzo punto di rifornimento, con un aereo rifornitore KC-135 a 31.000 metri sopra la Spagna sudorientale. Alle 10.30 del 17 gennaio, gli aerei si incontrarono al punto di R/V. Wendorf si era preso una pausa ed il B-52 era pilotato dal maggiore Larry G. Messinger, uno dei due co-piloti. Qualcosa andò storto e, nonostante l’operatore dell’aereo cisterna avesse notato che il B-52 si stava avvicinando troppo velocemente, nessuno ne ravvisò la pericolosità. La collisione tra i due velivoli provocò un vero inferno. La lingua di fuoco si diffuse rapidamente nel circuito di rifornimento, ancora pieno di carburante, ed accese i 30.000 galloni del tanker facendolo esplodere.
Quello che avvenne subito dopo ha dell’incredibile
Le quattro bombe trasportate dal bombardiere precipitarono: tre verso terra ed una in mare. Se fossero esplose l’esplosione nucleare avrebbe ucciso migliaia di persone e la nube radioattiva avrebbe raggiunto tutta l’Europa. Per fortuna le bombe da 1,5 megatoni non esplosero perché il circuito non era stato armato. In realtà, solo in due di esse esplosero le cariche di detonazione senza però innescare le bombe. L’urto disseminò tre chilogrammi di plutonio 239 altamente radioattivo in circa 500 acri di terreno intorno al piccolo villaggio di pescatori di Palomares. In pratica producendo un’effetto simile a quello di una bomba sporca. La quarta bomba fini in mare ed il suo recupero, come vedremo, fu decisamente più complesso. Navi oceanografiche e militari setacciarono i canyon subacquei nella zona dell’incidente. Solo in aprile, ovvero quattro mesi dopo l’incidente, la US NAVY fu finalmente in grado di recuperare l’ordigno nucleare.
Un accordo atteso da 50 anni
Nell’ottobre 2016, dopo cinquant’anni di richieste da parte del Governo spagnolo, il segretario di Stato americano John Kerry ha firmato un accordo per rimuovere e smaltire circa 50.000 metri cubi di terra in suolo spagnolo ancora contaminata dall’incidente. Ciò ancora oggi solleva alcune domande imbarazzanti per gli Stati Uniti. Perché gli Americani impiegarono tanto tempo per ripulire il punto di caduta? Perché non tutto il terreno fu asportato? Eppure la zona era stata immediatamente circoscritta dalle Autorità spagnole. I giornali dell’epoca riportarono che, a seguito dell’incidente in volo, centinaia di testimoni dichiararono di aver osservato una pioggia di fuoco di detriti cadere dal cielo. I resti dei due aerei furono ben visibili ai primi soccorsi giunti sul luogo della collisione. Ci furono testimoni locali che videro le bombe rimbalzare sul terreno proprio davanti ai loro occhi. Uno spettacolo decisamente da film dell’orrore, pensando alle possibili conseguenze. Ma ritorniamo alla cronaca di quel terribile giorno e, soprattutto, al motivo per cui gli ordigni non si attivarono.
la prima bomba nucleare caduta con il suo paracadute
Incidente nuclear de Palomares (16 enero 1966) – Venelogía (venelogia.com)
Come si evitò l'”Armageddon”
Un incidente del genere avrebbe dovuto causare una distruzione apocalittica ma, per fortuna, qualcosa non funzionò. Come ho premesso, i congegni di attivazione di due delle bombe esplosero ma non innescarono le bombe perché il circuito non era stato armato da parte dall’equipaggio. I tecnici riferirono che, per attivare la bomba atomica, gli esplosivi convenzionali di innesco avrebbero dovuto detonare in una certa sequenza per realizzare la fissione dell’uranio e del plutonio della bomba e quindi la fusione successiva degli atomi di idrogeno scatenante l’esplosione nucleare. Per fortuna la catena di fuoco non funzionò e l’effetto che fu prodotto fu quello di una “bomba sporca” ovvero un esplosione convenzionale che diffuse le sostanze radioattive nell’ambiente circostante. Un altro fattore fortuito fu che i paracadute delle bombe non funzionarono per cui l’urto al suolo fu tale da seppellire nel terreno le bombe e solo una relativamente piccola quantità di plutonio radioattivo fu dispersa al suolo.
Pochi minuti dopo l’incidente fu dichiarata una Broken Arrow, nome in codice NATO usato in caso di perdita di un ordigno nucleare. Il presidente Lyndon Johnson ordinò che un gruppo di tecnici della Agenzia della Difesa Nucleare della base americana di Torrejon fosse inviato a Palomares per rimuovere immediatamente le bombe. Arrivati sul posto si resero conto che l’identificazione dei punti di impatto a terra sarebbe stata relativamente semplice identificare ma restava il mistero della quarta bomba che sembrava essere finita in mare.
A bordo della USS Petrel al largo delle coste della Spagna, 1966; L’equipaggio di NOTS dopo il recupero riuscito della bomba H “Robert” (in primo piano, dietro l’ancora), con il veicolo di recupero sottomarino (CURV) controllato da cavi sullo sfondo (foto della rivista). Fonte: http://www.nawcwpns.navy.mil/clmf/curv2.html
1966 Palomares B-52 crash – recovered H-bomb.jpg – Wikimedia Commons
Le testimonianze dei locali furono vaghe e la sua posizione fu stimata a circa sei miglia dalla costa, in una zona geologicamente complessa di canyon sottomarini. L’operazione di ricerca e recupero fu condotta dal Captain Searle con l’impiego iniziale di 150 subacquei che operarono fino alla profondità di 350 piedi (110 metri), tra loro anche il famoso palombaro Carl Bradshear.
Ci vollero ben 80 giorni di ricerche spasmodiche quando l’ordigno nucleare fu finalmente identificato dai mezzi di ricerca oceanografici in un canyon subacqueo del Rio Almanzora, adagiato su un pendio di 70 gradi ad una profondità di 780 metri. La bomba fu localizzata dal DSV Alvin il 17 marzo, ma il tentativo di recuperarla con uno dei suoi bracci meccanici fallì e la bomba ricadde sul fondo. Immaginate i momenti di terrore da parte degli oceanografi.
Il 2 aprile l’Alvin fu in grado di localizzarla nuovamente e, la nave salvataggio sommergibili USS Petrel, fu in grado di recuperarla tramite un veicolo subacqueo filoguidato, CURV-I, che, si pensa accidentalmente, si impigliò nel paracadute della bomba mentre tentava di collegare una cima per il recupero. I tecnici decisero di tentare la sorte sollevando il CURV e l’arma insieme fino alla profondità di 30 metri, dove i subacquei poterono imbragarla e portarla in superficie.
Una curiosità matematica
La ricerca della quarta bomba in mare fu svolta applicando un nuovo metodo statistico basato sulla teoria bayesana. L’area fu inserita in un grigliato nel quale ad ogni grigliato fu assegnato un valore statistico di probabilità di scoperta, partendo dalla presunta posizione iniziale di ingresso della bomba in mare riportata da un pescatore spagnolo. Questo tipo di ricerca si rivelò vincente e permise un’ottimizzazione delle attività. Nel frattempo, lungo la costa spagnola, continuarono le delicate operazioni di rimozione del suolo contaminato; si pensa che quasi cinque mila barili di terreno radioattivo furono recuperati e portati presso la sede della Commissione dell’Energia Atomica a Charleston, Carolina del Sud. Gli agricoltori spagnoli ricevettero un simbolico rimborso per le colture di pomodori ma poche certezze sugli effetti tossici del plutonio che si era disperso nell’ambiente. Di fatto gli abitanti locali sembrano subire ancora oggi gli effetti reali o psicologici della radioattività e molti residenti non sono ancora convinti che siano al sicuro.
Con l’accordo firmato da Kerry, si va a chiudere, dopo cinquant’anni, un contenzioso delicato sia dal punto di vista politico che ecologico con la Spagna. Il progetto di smaltimento avrà la durata di circa due anni con un impegno economico di circa 28 milioni di euro ma il dubbio è potrebbe riferirsi solo alla terra ferma. Gli Spagnoli si domandano ancora se parte del plutonio della quarta bomba si riversò in mare e, nel caso, quali conseguenze ci furono per la vita marina. Domande che probabilmente non potranno mai avere risposte.
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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