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La pirateria, che fare per sconfiggerla? – parte III

tempo di lettura: 6 minuti

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livello medio
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: SICUREZZA MARITTIMA
parole chiave: pirateria
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La legge italiana per l’imbarco di team armati militari e di contractors a bordo di mercantili 
Talune compagnie private militari di sicurezza (contractors) stanno offrendo i loro servizi in funzione antipirateria. Esse non sono ben viste dall’IMO, che preferisce che la lotta alla pirateria sia affidata alle marine da guerra dei singoli Stati o nell’ambito di coalizioni a guida NATO o dell’Unione Europea (missione Atalanta). Mentre la caccia ai pirati ad opera di contractors solleva problemi giuridici di non facile soluzione, poiché solo le navi da guerra o in servizio pubblico governativo possono essere adibite allo scopo, le norme di diritto internazionale non vietano che team armati siano a bordo di navi private e respingano eventuali attacchi nell’esercizio del diritto di legittima difesa. La Francia ha adottato una legge per l’imbarco di team armati militari a bordo di pescherecci (pesca del tonno nell’Oceano Indiano). La Spagna, d’altro canto, ammette l’imbarco di contractor a bordo di mercantili.

La legislazione italiana, finora molto restrittiva, si è aperta all’imbarco di personale armato a bordo di mercantili. La legge n. 130 del 2 agosto 2011 ammette la possibilità di imbarcare su navi mercantili che navigano in acque a rischio di pirateria sia team militari sia contractors. Per quanto riguarda i team militari, le cui spese sono a carico dell’armatore, il Ministro della Difesa ha tempestivamente adottato un decreto il 1° settembre 2011 e l’associazione degli amatori (Confitarma) ha concluso un Protocollo con il Ministero della Difesa l’11 ottobre 2011.  Le navi che possono imbarcare nuclei armati di protezione sono esclusivamente quelle battenti bandiera italiana. Restano fuori, ad es., navi battenti una bandiera estera, ma di proprietà in tutto o in parte di società italiane. Quindi non potranno essere imbarcati nuclei armati su navi battenti una bandiera ombra, ad es. della Liberia, di Panama o di altri piccoli Stati oceanici o dei Caraibi. Il personale militare opera secondo le direttive e le regole d’ingaggio diramate dal Ministero della Difesa e il comandante del nucleo ha la responsabilità delle operazioni volte al contrasto della pirateria. La precisazione è opportuna poiché al comandante della nave mercantile spettano compiti di polizia secondo il disposto dell’art. 1235, n. 2 CN e, in assenza di una precisazione legislativa, si sarebbe potuto creare un conflitto tra comandante della nave e comandante del team armato. L’art. 5 della L. 130/2011 conferisce al comandante del team armato ed ai membri la qualifica, rispettivamente, di ufficiale e di agente di polizia giudiziaria in relazione ai reati di pirateria, di cui agli artt. 1135 e 1136 del Codice della Navigazione (Pirateria e Nave sospetta di pirateria) e ai reati connessi ai sensi dell’art. 12 del Codice di procedura penale. L’art. 5, comma 1, è sufficientemente dettagliato, ma non fuga tutti i dubbi interpretativi, che solo la pratica potrà risolvere. Il primo problema che si pone riguarda l’uso delle armi. È escluso che i team armati a bordo delle navi mercantili possano dare la “caccia ai pirati”. È questo un compito esclusivo delle navi da guerra o delle navi in servizio di Stato, debitamente autorizzate e chiaramente contrassegnate (artt. 106 e 110 della Convenzione del diritto del mare). Qualora vi sia un attacco dei pirati il team armato potrà reagire a protezione della nave.

La causa di giustificazione, che consente di usare la forza, viene individuata, nella L. 103/2011, nella necessità di proteggere il naviglio a rischio di pirateria. Si tratta di una causa di giustificazione diversa dalla legittima difesa e mutuata, con adattamenti, dalla causa di giustificazione costituita dalla necessità delle operazioni militari di cui alla L. 197/2009 cui la L. in esame fa espresso riferimento. Il punto merita una spiegazione. Il team militare è soggetto al Codice penale militare di pace (cpmp). L’art. 4, commi 1-sexies e septies della L. 197/2009 ha aggiunto alle esimenti previste dal cpmp una nuova causa di giustificazione per legittimare la violenza bellica, costituita appunto dalla necessità delle operazioni militari, valevole per le operazioni militari all’estero. Non venendo in considerazione operazioni militari per la difesa contro la pirateria si è dovuto sostituire la dizione “necessità delle operazioni militari” con “la necessità di protezione del naviglio commerciale”. Si tratta di una causa di giustificazione piuttosto ampia, che trova un limite solo nelle direttive e regole d’ingaggio impartite dal Ministero della Difesa e il cui superamento può configurare gli estremi del reato colposo di cui all’art.4, comma 1-septies della L. 197/2009.

 

Altri problemi potranno sorgere qualora i pirati salgano a bordo della nave mercantile e siano catturati dal team militare. Le questioni che vengono in considerazione sono la custodia dei prigionieri e la loro consegna ad un’autorità, che dovrà provvedere alla loro punizione. Sono tutte questioni che dovranno essere attentamente disciplinate nelle direttive impartite dal Ministero della Difesa. La L. 130 consente di imbarcare anche guardie giurate a bordo delle navi mercantili italiane battenti bandiera italiana in alternativa ai team militari quando questi non siano disponibili. Le aree in cui possono operare le guardie giurate sono quelle individuate con decreto del Ministro della Difesa, sentiti il Ministro degli Affari Esteri e quello dei Trasporti, che terranno conto dei rapporti periodici dell’IMO. In realtà si è fatta solo una timida apertura a favore dell’imbarco di team privati.

Sono previste le seguenti condizioni:
– l’imbarco può avvenire solo su navi mercantili battenti bandiera italiana;
– la nave deve aver predisposto almeno uno dei dispositivi consigliati dall’IMO e definiti nelle best management practices elaborate da tale organizzazione (ad es. barriere di filo spinato, idranti, etc.);
– le guardie giurate devono essere autorizzate ai sensi degli artt. 133 e 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931, n. 773) e quindi ottenere la licenza del Ministro dell’Interno per il possesso delle ami e l’autorizzazione del Prefetto per svolgere il sevizio;
– le guardie giurate devono aver superato i corsi teorico-pratici stabiliti con decreto del Ministro dell’Interno (decreto 1 settembre 2, n. 14 di attuazione dell’art. 1 del DL 2 luglio 205, n. 144, convertito in l. 31 luglio 2005, n. 155); esse sono di preferenza scelte tra coloro che abbiano prestato servizio nelle forze armate anche come volontari, ad esclusione del servizio di leva.

Per quanto riguarda le guardie giurate non esiste una disposizione ad hoc circa l’uso delle armi analoga a quella dei team militari, modellata, con adattamenti, sulla necessità delle operazioni militari. Si dice solo che le guardie giurate possono utilizzare le armi in dotazione della nave, custodite in appositi locali e previa autorizzazione rilasciata all’armatore dal Ministero dell’Interno (art. 28 del testo unico delle Legge di pubblica sicurezza, R.D. 18 giugno 1931, n. 175). L’utilizzo delle armi può aver luogo solo “entro i limiti territoriali delle acque internazionali”. Ciò significa che i team privati non possono servirsene nel mare territoriale altrui. L’uso delle armi, da parte delle guardie giurate, trova la propria ragion d’essere nella legittima difesa, individuale e collettiva. Al comandante della nave il Codice della Navigazione attribuisce compiti di rilievo in merito al governo della comunità navale, inclusa la polizia di bordo e poteri di polizia, assumendo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria (art. 1235, n. 2). Mentre i team militari sono soggetti alle direttive e regole d’ingaggio del Ministero Della difesa e debbono obbedire al comandante del nucleo operativo, secondo quanto disposto espressamente dall’art. 5, comma 2, niente è detto per quanto riguarda i rapporti tra comandante della nave e guardie giurate. A nostro parere queste sono sottoposte all’autorità del comandante della nave, al quale spetterà l’ultima parola in merito all’utilizzo delle armi. Ma sarebbe opportuno un chiarimento, che dovrebbe venire dall’emanando Decreto del Ministro dell’Interno (di concerto con il Ministro della Difesa e di quello delle Infrastrutture e dei Trasporti). La L. 130 non prefigura l’ipotesi di imbarcare sulle navi team misti: militari e guardie giurate. Ma data la diversa disciplina giuridica l’ipotesi, a parte ogni altra considerazione, sembra improbabile.

Responsabilità civile per danni al personale ingaggiato
I profili legali relativi all’impiego di scorte armate sui mercantili transitanti in zone a rischio pirateria sono stati esaminati dall’IMO nelle proprie Circolari del 2011 concernenti l’Interim Guidance e l’Interim Recommendations for Port and Coastal States.

 



In questi testi l’IMO affronta il [non semplice] problema della copertura assicurativa, da parte dell’armatore, dei rischi dell’attività delle scorte a bordo di proprie unità. L’IMO raccomanda che gli armatori – su cui dovrebbero ricadere responsabilità per danni derivanti dall’impiego – valutino adeguatamente la portata della copertura assicurativa per questo rischio tenendo conto del fatto che anche gli stessi appartenenti alle scorte armate sono obbligati a contrarre assicurazioni per danni alla propria persona derivanti dalla loro attività. In tale ambito è evidente che l’armatore, pur non essendo il datore di lavoro delle persone appartenenti alle scorte imbarcate (le quali dipendono invece dalla società che ha assunto l’attività di protezione del mercantili dal rischio pirateria), è responsabile del mercantile anche relativamente alla tutela della salute e della sicurezza, della sua navigabilità, dell’adozione delle best practices raccomandate dall’IMO e dei danni sofferti dal personale imbarcato durante la permanenza a bordo. In questo ambito la responsabilità civile nei confronti delle scorte assume una valenza contrattuale essendo relativa al rapporto instaurato con la società da cui dipendono le scorte. Rapporto che presuppone l’osservanza degli obblighi di diligenza nell’esercizio della navigazione la cui violazione può essere causa di danno alle scorte.  Nella convenzione stipulata tra il Ministero della Difesa e Confitarma, l’armatore è obbligato a mantenere idonee coperture assicurative per responsabilità civile verso terzi, e specificatamente per i danni al personale dei nuclei armati di protezione che dovessero derivare per colpa imputabile all’armatore o ai suoi ausiliari.

Fine parte III – continua

Ammiraglio (ris) Fabio Caffio, 

 

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