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Un nuovo allarme da Roatan, un paradiso tropicale attaccato dalla plastica

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OVUNQUE
parole chiave: plastica
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Sempre più vaste aree sono soffocate dai rifiuti plastici. Sono di questi giorni le immagini provenienti da uno dei luoghi considerati fino a pochi anni fa un paradiso tropicale, l’isla di Roatan. Le immagini che stanno girando sui social parlano purtroppo da sole. La fotografa Caroline Power, che ha condiviso molte delle immagini on-line per sensibilizzare il grave problema ambientale, ha commentato: “Questo deve finire, pensate alla plastica che usate nella vostra vita quotidiana”.

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John Hourston, della Blue Planet Society, che si occupa della protezione e conservazione degli oceani, ha dichiarato che è di fronte al peggior esempio di inquinamento plastico che abbia mai visto. In realtà, spettacoli simili li abbiamo spesso riproposti nelle pagine del nostro e-magazine Ocean4future, condannando la superficialità di molti che non si rendono conto  (o non si vogliono rendere conto) di quanto anche un gesto banale come buttare un mozzicone di sigarette per terra possa comportare nell’insieme un grave attacco all’ambiente. Ammassi di plastiche colorate, frutto della ignavia e cattiva educazione di noi umani, stanno galleggiando nelle acque tropicali dell’isola per poi spiaggiare su quelle che erano un tempo spiagge immacolate di sabbia bianca finissima. E’ inutile chiedersi da dove arrivano. Le piogge che stanno martellando le coste caraibiche fanno gonfiare i fiumi che trasportano poi i rifiuti in mare. Come spesso sottolineiamo tutto finisce in mare.

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Bottiglie, piatti, forchette e contenitori di plastiche creano ammassi che si mescolano con le alghe marine. Le prime vittime sono gli uccelli marini e le tartarughe che scambiano la plastica (in particolare per queste ultime, le buste di plastica) per alimenti. Le macro e micro plastiche sono ingerite dai pesci ed entrano poi nella nostra catena alimentare.

Gli effetti sul nostro organismo sono ancora poco noti
Sono stati identificate due classi di componenti delle plastiche che rappresentano una possibile minaccia per la salute umana, il  bisfenolo-A o BPA e gli additivi usati nella sintesi della plastica, conosciuti come ftalati. Il BPA è un componente di base  della plastica dei policarbonati, usati per confezionare le bottiglie d’acqua e per il confezionamento degli alimenti. Nonostante questo tipo di plastica sia considerato normalmente innocuo, i suoi legami chimici possono rompersi a causa della temperatura esterna (esposizione al sole) e dei ripetuti lavaggi. In quel caso il BPA può essere ingerito (si pensi sempre alle bottiglie di acqua) ed interferire col sistema endocrino, alterando le normali funzioni ormonali. Oltre al BPA, forse ancora più pericolosi, di trovano i ftalati. Tra questi, uno tristemente noto, è il DEHP o di-etilesil ftalato. Questi additivi, usati per poter lavorare meglio le plastiche,  sono potenzialmente tossici e si ritrovano, oltre che nei contenitori alimentari, anche in quelli ad uso medicale come flebo e tubi. In individui particolarmente suscettibili come, malati,  neonati o nelle donne incinte queste esposizioni sono ad alto rischio per la salute. Non è cosa recente; già nel gennaio del 2010, la FDA, ente statunitense che esercita un controllo sui prodotti in commercio per la salute pubblica, si espresse circa i potenziali effetti del BPA sul cervello, sul comportamento e sulla prostata dei feti, dei neonati e dei bambini.

L’Università di Torino ha lanciato un allarme su uno dei componenti del PVC, la tribultina,  che agisce anche a livello fetale e le cui conseguenze si possono  manifestare anche dopo anni. Essa contiene una molecola che stimola l’accumulo di grassi agendo non solo sul tessuto adiposo, ma anche a livello cerebrale. La regolazione del cibo è infatti governata dal cervello ed in presenza di molecole in grado di alterare l’equilibrio metabolico, come nel caso di sostanze obesogene come la tribultina, lo stimolo della fame non ha più alcun freno.

Anche i batteri amano le plastiche
Non ultimo nei detriti plastici sono state riscontrate concentrazioni batteriche elevate che ne fanno dei possibili portatori di germi. In questo studio, i ricercatori hanno dimostrato che la sopravvivenza degli agenti patogeni è influenzata dai materiali superficiali con i quali vengono in contatto. Ad esempio i legni naturali hanno proprietà igieniche migliori rispetto alla plastica nelle cui porosità si possono annidare.

Per questo motivo, il contatto a mani nude con dei rifiuti plastici lungo le spiagge non è consigliato. Nella raccolta delle plastiche impiegate sempre guanti. I batteri patogeni possono infatti causare serie malattie. Alcuni ceppi del batterio Escherichia coli (E.coli) gram negativi sono le principali cause di gravi crampi addominali e diarrea sanguinosa nei bambini. Alcuni batteri opportunisti patogeni Gram negativi, come Pseudomona aeruginosa (P. aeruginosa), possono causare infezioni alle vie respiratorie, urinarie ed alle orecchie. I batteri gram-positivi patogeni come Staphylococcus auereus (S. auree) possono causare una gamma di malattie, da infezioni cutanee minori a potenziali malattie fatali come la polmonite e la meningite.  Non va dimenticato che la porosità dei residui plastici le rende simili a delle spugne e facilita l’accumulo di tossine e veleni. L’ingestione da parte dei pesci fa da tramite per l‘ingresso nella nostra catena alimentare con conseguenze che ancora devono essere comprese ma potrebbero essere anche gravi.

In sintesi
Quello che sta accadendo a Roatan è purtroppo un deja vu. In molte aree marine del pianeta la concentrazione delle plastiche sta aumentando oltrepassando la quantità di plancton nello stesso volume. Bisogna quindi agire a livello profondo a livello governativo, limitandone l’uso, favorendo politiche di riciclo dei materiali e, soprattutto, agendo alla radice, con una educazione continua ed obbligatoria in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Non stiamo parlando di mandare l’Uomo su Marte, basta poco per assicurare un futuro alla nostra specie.

 

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