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… e se creassimo una rete ecologica marina artificiale utilizzando le piattaforme sommerse dell’Adriatico?

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare

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ARGOMENTO: ECOLOGIA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR ADRIATICO
parole chiave: piattaforme, Ravenna

 

Nel 1965, dodici miglia a largo dalla costa di Ravenna, la piattaforma metanifera off-shore Paguro esplose ed affondò andando ad adagiarsi interamente sul fondo del mare.

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Il relitto, abbandonato a sé stesso sul fondo marino fangoso dell’Adriatico, nel giro di pochissimi anni, da ricordo sommerso di una tragedia, si è trasformato in una vera e propria oasi biologica sommersa, colonizzata da tantissime diverse creature marine e pesci di ogni tipo. Divenne in breve meta per i subacquei ricreativi, in virtù dell’eccezionale ricchezza di vita marina che aveva trovato il modo di svilupparsi in quell’inedito reef artificiale protetto dalle reti dei pescatori.

piattafporme adr 2Il 21 luglio 1995, per il grandissimo valore biologico che il relitto aveva ormai acquisito, il Ministero delle Politiche Agricole, emise un Decreto di istituzione di “zona di tutela biologica”, peraltro ulteriormente definita con il successivo Decreto del 05 novembre 1996, per una maggiore estensione di 700.000 metri quadrati. Nella primavera del 1997, grazie alla positiva volontà di ENI-Agip, venne poi attuato un primo  progetto per il riutilizzo di piattaforme off-shore dismesse al fine di incrementare il “reef artificiale” del relitto del Paguro, all’interno della “zona di tutela biologica”.

In pratica vennero  così messi in posa sul fondo marino, ad un centinaio di metri dal relitto,  cinque tralicci di sostegno off-shore dismessi dall’ENI-Agip” sulla base di un progetto approvato dal tavolo di tutti gli Enti interessati (tra cui la Capitaneria di Porto, la Regione Emilia-Romagna, i vari Ministeri, ecc.). La zona di influenza biologica marina diventò cosi  ecologicamente più estesa, e con essa il suo valore di tutela della biodiversità biologica marina ancor più elevato. A seguire, in data 10 febbraio 2010, con Legge Regionale, l’Emilia-Romagna istituì ufficialmente il relitto della piattaforma Paguro come primo SIC (Sito di Importanza Comunitaria) marino regionale all’interno della RETE NATURA 2000. Attualmente, ogni anno, nei soli weekend estivi, vi si effettuano circa 4.000 immersioni.

piatt adr 0E non vi si immergono solo ravennati, bensì moltissimi subacquei provenienti da tutta la Regione ed anche dall’estero (in particolare dall’Austria e dalla Germania) portando un nuovo indotto turistico ed economico alla regione. Ora, partendo dal presupposto che il relitto del Paguro è situato a 12 miglia dalla costa ravennate, che si impiega circa un’ora per raggiungerlo con le barche appositamente organizzate e che attualmente di fronte alla costa dell’Emilia-Romagna sono attive circa ottantacinque piattaforme off-shore ENI, nell’ipotesi di una loro dismissione futura, si potrebbe ipotizzare un loro impiego  turistico sul posto.

Queste piattaforme marine off-shore nel momento della loro dismissione, anziché essere portate a terra e smantellate come ferrovecchio (con costi decisamente importanti), potrebbero essere bonificate e posate sul fondo marino, in maniera studiata, per creare una vera e propria rete ecologica marina sommersa artificiale. In particolare, potrebbero essere posizionate in aree di mare già vietate alla pesca, e possibilmente in posizioni più vicine alla costa (in armonia con tutte le esigenze di sicurezza e tutela della navigazione), al fine di renderle turisticamente più fruibili e creare un ancor maggiore valore biologico ed ecologico in quanto aree di maggior riproduzione ittica. Al di là delle modalità tecniche del loro posizionamento, il valore Turistico-Biologico-Ecologico di tutta una serie di relitti ben posizionati di fronte alla costa emiliano-romagnola sarebbe enorme:  da una parte una vera e propria rete ecologica marina artificiale di tutela della biodiversità e ripopolamento ittico, e dall’altra un nuovo parco regionale dei relitti sommersi che diverrebbe un’incredibile fonte di “attrattività” turistica unica nel suo genere.

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Si tratterebbe in primis del turismo subacqueo, ovvero di un turismo “ricco”, praticato a tutte le età,  desideroso di servizi, attrezzature, alberghi, ristoranti, bar, ecc..  Inoltre, i turisti subacquei, essendoci più relitti da esplorare potrebbero soggiornare per molti più giorni, accompagnati dalle proprie famiglie che, nel frattempo, potrebbero godersi tutte le altre attrattive offerte dalla costa emiliano-romagnola. Questo con grandi risparmi economici operativi da parte di ENI per lo smaltimento delle sue piattaforme e da  a costo zero per lo Stato, la Regione e gli Enti locali, con un incremento di territorio, naturale e fruibile, sia dal turismo che dalla natura.

Uno studio molto approfondito  è inoltre liberamente disponibile su questa  pagina.

 

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fototessera_luca_vignoliLuca Vignoli, classe 1970, laureato in scienze ambientali indirizzo marino e dottorando in pianificazione energetica con il dipartimento di ingegneria ambientale dell’Università di Bologna, lavora all’Agenzia Regionale Prevenzione Ambiente e Energia dell’Emilia-Romagna presso il centro tematico Energia e Valutazioni Ambientali Complesse. Istruttore ed operatore tecnico subacqueo ha lavorato in Mar Rosso e in Italia. E’ autore del sito internet www.vegetazionecostiera.it sulla vegetazione costiera dell’Emilia-Romagna; ha brevettato lo strumento SLPCS (supporto lombare per cintura subacquea) e pubblicato il libro “Minavagante” sulle sue avventure subacquee a Sharm El Sheikh. (www.lucavignoli.it

 

 

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