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Cenni sulla documentazione di riferimento per una pesca sostenibile

tempo di lettura: 7 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: EMERGENZE AMBIENTALI E PESCA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Normativa
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Spesso parliamo di pesca e delle sue problematiche. Non tutti conoscono i documenti di riferimento senza i quali si può solo parlare in maniera reattiva e senza una validità oggettiva.

Iniziamo con il Codice di Condotta per una Pesca Responsabile, un documento redatto dalla FAO di riferimento per tutti gli addetti al settore, inteso a suggerire una struttura organizzata alle legittime aspirazioni nazionali ed internazionali per un uso sostenibile delle risorse acquatiche. Il documento fu concepito per essere recepito dai singoli Stati su base volontaria, ma è tuttavia parzialmente fondato su normative internazionali largamente condivise, tra cui quelle formulate nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Alcuni articoli del Codice contemplano anche norme direttamente od indirettamente legate alla problematica degli attrezzi da pesca persi e/o abbandonati in mare. Ma non è il solo.

Inoltre, la FAO ha prodotto una serie di Linee Guida Tecniche per una Pesca Responsabile in cui delinea le corrette procedure per la marcatura dei pescherecci e degli attrezzi da pesca e per le attività di pesca. In particolare afferma che: i responsabili di un peschereccio o di qualsiasi altra attività di pesca, dovrebbero cercare per recuperare gli attrezzi da pesca persi. Nel caso di tentativi falliti di recupero, le dimensione, il tipo, la posizione e la marcatura degli attrezzi devono essere segnalati alle autorità competenti. Qualsiasi altro attrezzo perduto ritrovato, dovrebbe, per quanto possibile, essere recuperato e portato in porto o se non recuperato, i dettagli dell’attrezzo e la sua posizione devono essere segnalati alle autorità competenti. 

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Codice Europeo di Buone Pratiche per una Pesca Sostenibile e Responsabile (CCPA, 2003)
Un documento
redatto con la partecipazione attiva dei pescatori e delle altre parti interessate. Il CCPA riunisce i principali organismi del settore della pesca e dell’acquacoltura (armatori, imprese di produzione, di trasformazione e di commercializzazione) e alcune organizzazioni rappresentative (associazioni di consumatori, di difesa dell’ambiente e di sviluppo), offrendo alle parti interessate uno spazio per discutere le questioni sollevate dalla creazione della politica comune della pesca (PCP). Il Codice Europeo fissa norme comportamentali per il settore della pesca atte a favorire e preservare ecosistemi marini sani e a consentire l’esercizio di una pesca responsabile. Rifacendosi al quadro fornito dal Codice di Condotta della FAO, il Codice Europeo contempla in modo più specifico le attività di pesca dell’Unione ed è fondamentalmente destinato agli operatori del settore alieutico. Tra le disposizioni che gli operatori europei del settore della pesca dovrebbero impegnarsi ad adottare per  “il rispetto delle risorse ittiche e del loro ambiente” vi è anche: “Adottare le misure necessarie per ridurre al minimo il rischio di perdita di attrezzi da pesca. Per quanto fattibile, si cercherà di recuperare al più presto gli attrezzi perduti. Qualora non fosse possibile il recupero immediato, il comandante registrerà la posizione dell’attrezzo perduto, la comunicherà alle autorità competenti e cercherà di provvedere successivamente al recupero”.

La Convenzione Internazionale per la Prevenzione del Inquinamento causato da navi (MARitime POLlution, MARPOL 73/78) costituisce una delle più importanti convenzioni per la tutela dell’ambiente marino ed è un accordo internazionale nel quale convergono due trattati internazionali, uno del 1973 e un Protocollo modificato del 1978. La convenzione si pone come obiettivo la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento del mare derivante dai rifiuti marittimi, idrocarburi e gas di scarico sia esso dovuto a cause accidentali o dalle operazioni di routine ed è stata ratificata dall’Italia con le leggi 462/80 e 438/82. Tale documento affronta la problematica della gestione di diversi tipi di rifiuti solidi prodotti da tutte le navi e specifica le distanze da terra ed il modo in cui possono essere smaltiti direttamente in mare.

È di particolare rilievo il divieto assoluto di smaltire in mare qualsiasi tipo di materiale plastico, ivi comprese, ma non solo, corde sintetiche, reti da pesca sintetiche, sacchetti di immondizia di plastica e ceneri generate dagli inceneritori di prodotti in plastica che possono contenere sostanze tossiche o residui di metalli pesanti. Inoltre, vengono rese esplicite pesanti restrizioni per lo scarico di altri tipologie di rifiuti nelle aree costiere ed in “aree speciali”, cioè aree considerate particolarmente sensibili a causa dell’elevato traffico marittimo o caratterizzate da un ridotto ricambio di acqua (i.e. Mar Mediterraneo, Mar Baltico, Mar Nero, Mar Rosso, Golfo Persico, Mare del Nord, Mar dei Caraibi e Mar Antartico). In ultimo, è stabilito l’obbligo per gli Stati di attrezzare i porti e i terminal con adeguate strutture per il conferimento dei rifiuti.

La Marina Militare Italiana fu la prima Marina militare nel mondo ad adottare nel 1995 la MARPOL investendo una grossa fetta del suo bilancio per modificare tutte le sue unità navali.

Nel luglio 2011, tale documento fu modificato affermando il divieto assoluto di scarico di tutti i rifiuti in mare, salvo quanto previsto in determinate circostanze e per taluni rifiuti specifici.

Convenzione sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre sostanze – Convenzione di Londra del 1972 e Protocollo del 1996 (proposta di legge).
La Convenzione sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre sostanze, nota anche come “Convenzione di Londra” del 1972 è un accordo internazionale promosso dalle Nazioni Unite il cui obiettivo è quello di incoraggiare il controllo effettivo di tutte le fonti di inquinamento dell’ambiente marino.

Gli Stati contraenti si impegnano in modo particolare ad adottare tutte le misure possibili per prevenire l’inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti o di altri materiali suscettibili di mettere in pericolo la salute dell’uomo, di nuocere alle risorse biologiche, alla fauna e alla flora marine, di pregiudicare le zone di interesse turistico o di ostacolare altro uso legittimo del mare.  La Convenzione vieta lo scarico di ogni rifiuto o altro materiale in qualunque forma e in qualunque condizione, comprese “le plastiche non distruttibili e gli altri materiali sintetici non distruttibili, come per esempio le reti ed il cordame, suscettibili di galleggiare o di rimanere sulla superficie del mare in modo da costituire un intralcio materiale alla pesca, alla navigazione e agli altri usi legittimi del mare”.  Il 17 novembre 1996 una riunione straordinaria delle Parti Contraenti ha adottato il “Protocollo del 1996 alla Convenzione del 1972 sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie”.

Il Protocollo si pone come sostitutivo dell’intera Convenzione del 1972, rappresentando un deciso mutamento nell’approccio alla questione dell’utilizzazione del mare come deposito di materiali di scarto. La sua prima rilevante novità è l’introduzione del cosiddetto “approccio precauzionale”, in base al quale, anche in mancanza di prove scientifiche conclusive, è necessario adottare appropriate misure preventive qualora vi sia motivo di ritenere che l’introduzione nell’ambiente marino di rifiuti o sostanze analoghe possa causare danni. Inoltre, il Protocollo stabilisce il principio di carattere generale dell’imputazione dei costi degli inquinamenti a chi se ne è reso responsabile (principio di “chi inquina paga”). 

Convenzione per la Protezione del Mare Mediterraneo dall’Inquinamento (Convenzione di Barcellona) e Convenzione per la Protezione dell’Ambiente Marino e per lo Sviluppo Sostenibile della Regione Costiera del Mediterraneo (MAP Fase II).
Gli Stati rivieraschi del Mar Mediterraneo (Spagna, Francia, Monaco, Italia, Malta, Croazia, Albania, Grecia, Cipro, Turchia, Siria, Libano, Israele, Palestina, Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco), consapevoli delle loro responsabilità nel preservare e sviluppare la regione in modo sostenibile e riconoscendo la minaccia posta dall’inquinamento dell’ambiente marino hanno concordato nel 1975 di avviare un Piano d’Azione per la Protezione e lo Sviluppo del Bacino del Mediterraneo (MAP) e nel 1976 hanno firmato la Convenzione di Barcellona. La convenzione è entrata in vigore nel 1978. Nel 1995 le Parti contraenti hanno adottato sia un aggiornamento di tale convenzione, denominato MAP Fase II, che una versione modificata della Convenzione di Barcellona del 1976, ribattezzata “Convenzione per la Protezione dell’Ambiente Marino e della Regione Costiera del Mediterraneo”.  I principali obiettivi della Convenzione consistono nel valutare e controllare l’inquinamento marino, garantire una gestione sostenibile delle risorse naturali marine e costiere, integrare l’ambiente nello sviluppo sociale ed economico, proteggere l’ambiente marino e le zone costiere attraverso la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, e per quanto possibile, eliminare l’inquinamento, sia terrestre che marittimo, proteggere il patrimonio naturale e culturale, rafforzare la solidarietà tra gli Stati costieri del Mediterraneo e contribuire al miglioramento della qualità della vita. La convenzione ha prodotto i seguenti sette Protocolli che dovrebbero guidare le Nazioni contraenti nelle azioni di protezione dell’ambiente marino, affrontando aspetti specifici della conservazione ambientale del Mediterraneo:

1. Protocollo sugli scarichi in mare (Dumping Protocol) = Protocollo per la Prevenzione dell’Inquinamento nel Mar Mediterraneo derivante dagli scarichi di mezzi navali ed aerei. Già adottato il 16 febbraio 1976 e in vigore il 12 febbraio 1978, il Protocollo Dumping è stato modificato e registrato come Protocollo per la Prevenzione e l’Eliminazione dell’Inquinamento nel Mar Mediterraneo derivante da scarichi di mezzi navali ed aerei o da incenerimento di rifiuti in mare che, adottato il 10 giugno 1995, ad ora non è ancora entrato in vigore.

2. Protocollo sulla prevenzione e sulle emergenze (Prevention and Emergency Protocol) = Protocollo sulla cooperazione per la prevenzione dell’inquinamento derivante dal traffico marittimo, e, in casi di emergenza, per combattere ogni altra forma di inquinamento nel Mar Mediterraneo. Adottato il 25 Gennaio 2002,in vigore dal 17 Marzo 2004. Questo protocollo sostituisce il “Protocollo sulla cooperazione per combattere l’inquinamento del Mediterraneo da sostanze oleose e da altre sostanze pericolose in casi di emergenza”, già in vigore dal 12 Febbraio 1978.

3. Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento derivante da sorgenti e attività sulla terraferma (LBS Protocol: Land Based Sources) = Protocollo sull’inquinamento derivante da fonti presenti e attività umane svolte sulla terraferma che costeggia il Mediterraneo. Adottato il 7 Marzo 1996 (Siracusa, Italia). In vigore dall’ 11 Maggio 2008. Questo Protocollo sostituisce il “Protocollo per la protezione del Mediterraneo dall’inquinamento derivante da fonti presenti sulla terraferma”, già in vigore dal 17 giugno 1983.

4. Protocollo sulle Aree Protette di Particolare Interesse e sulla Biodiversità nel Mediterraneo (SPA and Biodiversity Protocol: Specially Protected Areas), Protocollo sulle Aree Protette di Particolare Interesse e sulla Diversità Biologica nel Mediterraneo. Adottato il 10 Giugno 1995 e in vigore dal 12 Dicembre 1999. Questo Protocollo sostituisce il Protocollo sulle “Mediterranean Specially Protected Areas” già in vigore dal 23 Marzo 1986.

5. Protocollo sull’Altomare (Offshore Protocol) = Protocollo per la Protezione del Mediterraneo contro l’inquinamento derivante dall’esplorazione e dallo sfruttamento della piattaforma continentale, dei fondali e del relativo sottosuolo. Adottato il 14 Ottobre 1994 (Madrid, Spagna) ed entrato in vigore il 24/03/2011.

6. Protocollo sui rifiuti pericolosi (Hazardous Wastes Protocol) = Protocollo contro il pericolo di inquinamento del Mediterraneo derivante dal trasporto e dallo scarico in mare di sostanze pericolose. Adottato il 1 Ottobre 1996 e in vigore dal 19 Gennaio 2008.

7. Protocollo sullo sviluppo eco sostenibile delle Zone Costiere nel Mediterraneo (ICZM Protocol: Integrated Coastal Zone Management) = Adottato il 21 Gennaio 2008 ed entrato in vigore il 24/03/2011.

La prossima volte che abbandonate qualcosa … pensate quanto ci metterà a biodegradarsi.  Nel frattempo, rilascerà sostanze cancerogene e tossiche che saranno assimilate dagli animali marini e che entreranno nella nostra catena alimentare. Un’idea dei tempi? Guardate questo poster …

biodegradabilita'

A presto e salvate il mare, salvate il vostro futuro.

Nicola Di Battista 
Contatti: Pagina Facebook 
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