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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE
PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO
parole chiave: Ottomani, Spagna, Francia
Il Mediterraneo del Cinquecento è caratterizzato dalla formazione di due grandi blocchi imperiali, quello ispano-italiano (retto dalla casa d’Asburgo) e quello ottomano-barbaresco (retto dai Sultani di Istanbul, con i Pascià di Algeri come vassalli) e dallo scontro fra questi due blocchi, con Venezia terza incomoda, stretta tra di due protagonisti. Si tratta di uno scontro che dura un settantennio, ed è caratterizzato da un crescendo di intensità. Quale è la posta in palio, o meglio, quale sono le poste in palio? Il fatto che mi sia corretto passando dal singolare al plurale è significativo. Le poste in palio sono state diverse. Una dominante, perché costante per tutto il periodo del confitto, le altre subordinate ma non perché meno importanti, subordinate unicamente perché limitanti ad alcune fasi del conflitto, non sempre presenti come quella dominante.
La posta in palio costante, principale, dominante, è il controllo del Nord Africa e gli spazi marittimi del Mediterraneo centrale e occidentale; sempre presente sin dall’inizio e causa scatenante (e lo vedremo) del conflitto. Le poste in palio subordinate, che si concretizzano come obiettivi durante il conflitto ma non ne caratterizzano la sua interezza, sono l’Italia e gli spazi marittimi mediterranei centro-orientali (lo Ionio, la Grecia – aree costiere della Grecia –, Rodi e Cipro).
Vedete rappresentati nella cartina questi due blocchi nella loro configurazione dopo il 1574 (fig. 1). In realtà, all’inizio del Cinquecento la configurazione del Mar Mediterraneo era ben diversa. L’impero ottomano non controllava ancora i Balcani (lo sarà dopo la campagna del 1521 – con la conquista di Belgrado – e quella del 1526 – battaglia di Mohacs – e quella del 1529 – assedio di Vienna); inoltre non controllava ancora il Nord Africa, e non aveva ancora Rodi e Cipro. La Spagna non era ancora sotto la sovranità degli Asburgo, e non aveva ancora il controllo, diretto o indiretto, sull’Italia (lo otterrà con le guerre d’Italia, 1494-1559 che pur terminando nel 1559 danno alla Spagna di Carlo V il controllo dell’Italia già a partire dal quinquennio 1525-1530, ossia tra la battaglia di Pavia e l’incoronazione imperiale di Carlo a Bologna, tre anni dopo il sacco di Roma del 1527). I due blocchi imperiali che si sono scontrati per decenni nel Mediterraneo del Cinquecento sono quindi nati e cresciuti durante la guerra, e per effetto della guerra; in primo luogo a causa della guerra che li ha visti opposti (ma non solo) ma anche delle guerre d’Italia per il blocco ispano-asburgico, e della guerra contro l’Egitto mamelucco per l’Impero ottomano
L’Andalusia e il problema corsaro
La carta politica del Mediterraneo nel 1492 era, quindi, molto diversa da come sarà nel 1574, ossia nel momento in cui la guerra sopra l’orizzonte militare si chiude con l’ultima riconquista ottomana di Tunisi. Perché ho citato il 1492? Perché per iniziare il nostro discorso sulla guerra nel Mediterraneo e su come fu combattuta bisogna partire dal 1492, e senza che Colombo c’entri nulla (perché quando si cita il 1492 è subito a Colombo che la mente corre). Il 1492 non è solo l’anno della scoperta dell’America, è anche l’anno della conquista spagnola di Granada, l’ultimo regno mussulmano della penisola iberica. La presa di Granada completa quel processo di espansione plurisecolare dei regni cristiani iberici settentrionali verso sud, a danno degli stati mussulmani che noi conosciamo come Reconquista.
Protagonisti della presa di Granada sono i sovrani di Castiglia, Isabella, e di Aragona, il cui matrimonio, nel 1469 ha dato avvio alla formazione di quella che sarà la Spagna per come oggi la conosciamo. Il regno di Granada coincideva grossomodo all’attuale Andalusia, ossia alla parte più meridionale della Spagna, quella parte della Spagna che si affaccia sul Mediterraneo nell’area in cui la costa europea e costa nordafricana si avvicinano progressivamente fin quasi a toccarsi, davanti a Gibilterra. L’Andalusia, ossia la costa meridionale della Castiglia di Isabella, si è venuta quindi a trovare, dopo il 1492, di fronte alla costa nordafricana, e divisa dalla costa nordafricana da uno spazio e di mare decisamente ridotto. E qui nasce il problema, perché la costa nordafricana, così vicina al nuovo confine marittimo castigliano, è costellata di covi di corsari.
Il Nord Africa sta vivendo in questo momento una fase di crisi politica ed economica, in cui il potere statale dei tre emirati che formalmente controllano l’area è debole. Le città portuali della costa sono governate da signori locali, che le fonti europee definisco “re”, perché governano in piena autonomia. Questa città autonome sono covi di corsari, sia di corsari locali, quelli che nel Medioevo erano definiti “saraceni”, sia di corsari mussulmani provenienti dal Levante mediterraneo: greci, albanesi, altri cristiani rinnegati, turchi e altri ancora. Avventurieri, che si mettono al servizio dei “re” maghrebini e corrono il mare per predare navi e per compiere razzie contro le coste della Spagna. Dopo il 1492 l’attività di questi corsari inizia ad intensificarsi, sia perché ora l’obiettivo delle incursioni a terra è più vicino, sia perché le fila dei corsari vengono rinforzate dagli esuli andalusi, ossia da quei mussulmani che erano stati sudditi dell’Emiro di Granada e che non ne vogliono sapere di diventare sudditi castigliani (o hanno provato a diventarlo ma si sono trovati male).
Custodia maris e Crociata
Di fronte all’intensificarsi della corsa i sovrani spagnoli hanno due soluzioni a disposizione. La prima è passiva (a livello strategico): difendere le coste del loro regno; come? O fortificandole o utilizzando navi da guerra (oppure ricorrendo ad entrambi gli strumenti: fortificazioni e navi). La soluzione passiva pone un problema: lascia l’iniziativa al nemico. Il bastimento corsaro può attaccare ovunque ci sia una spiaggia o un approdo, anche minuscolo, dove sbarcare. Non solo, anche in mare il bastimento corsaro può attaccare ovunque, lungo le rotte seguite dalle navi mercantili (che si sviluppano quasi sempre in prossimità delle coste). La difesa passiva deve quindi dispiegarsi ovunque, lungo le coste e lungo le rotte. Questo comporta due ordini di problemi: costa molto e solitamente non brilla per efficacia, proprio perché i costi nel limitano le dimensioni. La seconda soluzione è decisamente migliore sotto il profilo dell’efficacia: si tratta di eliminare il problema alla radice, ossia conquistare le città costiere covi di corsari per eliminare i corsari. Si tratta di un principio basilare della strategia marittima: il modo migliore per controllare uno spazio marittimo stretto è il possesso di tutti le sponde che lo delimitano, in questo caso di entrambe le sponde, il murale e l’antemurale, ossia il confine marittimo della Spagna (murale) e la costa che delimita a sud il mare su cui questo confine si affaccia (la costa nordafricana, l’antemurale). C’è solo una condizione necessaria per porre in atto questa seconda soluzione: la forza, bisogna averne la forza, ossia bisogna avere la forza per andare a fare la guerra in casa del nemico e conquistarne, quantomeno, le città portuali. Gli equilibri di forza in questo momento non a favore di Isabella e Ferdinando. Il Nord Africa è diviso in tante città-stato, lo abbiamo detto, quindi è debole militarmente, ha nei corsari l’unica risorsa, ma si tratta di una risorsa, militare, adatta alla guerriglia sul mare, non a contrastare operazioni navali fatte da grandi flotte (quantomeno in questo momento).
Quella che sarà la Spagna, nella persona dei due sovrani (i Re Cattolici) di Castiglia e Aragona, nel 1497 a conquistare una dopo l’altra le città costiere del Nord Africa, partendo da quelle più occidentali per proseguire poi verso est. Risparmio i dettagli, vi basti sapere che si tratta di un’operazione che viene portata avanti negli anni, senza continuità perché nello stesso momento la Spagna è anche impegnata nelle guerre d’Italia, contro la Francia. Le campagne in Nord Africa sono importanti, sia perché da esse dipende la sicurezza delle coste dell’Andalusia e delle acque del Mediterraneo occidentale (area strategica per l’Aragona di Ferdinando) sia perché i Re Cattolici vedono nell’avvenuta africana un’ideale prosecuzione della Reconquista di terre un tempo cristiane, ossia una Crociata che può portare, di porto in porto, fino in Terra Santa. Ma l’Italia è l’area più ricca e sviluppata d’Europa, è la posta in palio principale per i sovrani spagnoli, in particolare per Ferdinando, la cui Aragona aveva e ha particolari interessi sull’Italia. Per questi motivi il Nord Africa non è in testa agli obiettivi strategici spagnoli, la conseguenza è che le conquiste vanno avanti progressivamente ma a singhiozzo, e non senza contrasto.
fine parte I – continua
Prof. Emiliano Beri
NavLab – Laboratorio di Storia marittima e navale
CEPOC – Centro interuniversitario di studi “Le Polizie e il Controllo del Territorio”
DAFiSt – Dipartimento di Antichità, Filosofia e Storia Università degli studi di Genova Via Balbi 6 – 16126 Genova
emiliano.beri@unige.it
Bibliografia essenziale:
Braudel, Civiltà e Impero del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi 1986
Pellegrini, Guerra santa contro i turchi. La crociata impossibile di Carlo V, Il Mulino 2015
Pacini, «Desde Rosas a Gaeta». La costruzione della rotta spagnola nel Mediterraneo occidentale nel secolo XVI, F. Angeli 2013
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Emiliano Beri si è laureato con lode in Storia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova. Nel 2011 vi ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia, discutendo una tesi sulle guerre di Corsica del medio Settecento. Dal 2012 al 2016 è stato assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Antichità, Filosofia, Storia e Geografia dell’Università di Genova. Negli anni accademici 2016-17 e 2017-18 ha insegnato Storia sociale nel corso di Laurea triennale in Storia e Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze Storiche della Scuola di Scienze Umanistiche dell’Università di Genova. Per l’anno accademico 2018-19 è stato docente aggregato di Storia militare nel corso di Laurea magistrale in Scienze storiche della stessa Scuola. A partire dall’anno accademico 2019-20 è docente aggregato sia di Storia militare che di Storia sociale.
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