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livello elementare
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ARGOMENTO: GEOPOLITICA
PERIODO: XXI SECOLO
AREA: OCEANI
parole chiave: Maritime superiority, marine militari, oceani
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Leggendo sulle riviste internazionali che parlano di armamenti, si leggono spesse notizie curiose che denotano un trattamento dell’informazione quanto meno poco accurato. Titoli sensazionalistici come l’aereo invisibile, l’arma finale, ed altre diavolerie (che sembrano provenire da vecchi libri di fantascienza) riempiono i giornali e talvolta i discorsi di alcuni politici.
messa in acqua di un piccolo drone autonomo subacqueo per ricerche ad uso militare (ricerca di mine e ordigni navali e caratterizzazione delle caratteristiche morfologiche, geologiche e biologiche) di tipo oceanografico – credit U.S. NAVY – da https://www.navy.com/careers/meteorology-oceanography
Di fatto qualunque comandante militare sa che stiamo parlando di tecnologia, certamente sempre più all’avanguardia che però trova poca applicazione pratica se non supportata da adeguate conoscenze dell’ambiente in cui questi mezzi dovranno operare. Lo sforzo deve quindi essere duplice, sia nello sviluppo di nuove tecnologie sia nella ricerca delle caratteristiche oceanografiche dei mari.
Mar Baltico (7 giugno 2018) – membri dell’Ufficio di Ricerca Navale (ONR) della US NAVY lanciano il veicolo sottomarino autonomo Remus 600 per le operazioni di ricerca e identificazione su un campo minato nel Mar Baltico a sostegno dell’esercitazione Baltic (Baltop) 2018, focalizzata nella regione baltica per migliorare la flessibilità e l’interoperabilità tra le nazioni alleate e partner. (Foto della Marina degli Stati Uniti – Specialista di comunicazioni di massa A. Henry / US NAVY Released)
File:180607-N-PF515-087 (42106289634).jpg – Wikimedia Commons
La protezione delle rotte e degli ancoraggi è compito delle marine militari che necessitano di continui miglioramenti tecnologici per ridurre i costi di esercizio e aumentare la loro efficienza. In sintesi, le conoscenze scientifiche sono fondamentali per poter operare negli oceani. Anche l’uso di sistemi apparentemente obsoleti, come le mine navali, necessita di conoscenze profonde oceanografiche delle zone in cui esse dovranno essere posate. Non a caso la storia ci ha insegnato che il loro impiego e, soprattutto, la loro reale efficacia fu limitata solo dalla non conoscenza degli ambienti operativi di impiego. La domanda che ci si dovrebbe porre e come acquisire queste informazioni. Nel caso delle mine, i parametri da considerare vanno da quelli fisici (temperatura dell’acqua, salinità, conducibilità dell’acqua, variazioni di pressione, magnetismo locale, etc.) che influenzano significativamente la propagazione delle onde del sonar sott’acqua a quelli biologici e geologici/sedimentologici/oceanografici che ne favoriscono l’occultamento.
Anche per i mezzi subacquei, le conoscenze scientifiche hanno la loro importanza. Agli studi per lo sviluppo di nuove soluzioni strutturali, per ridurre le loro segnature acustiche (ovvero la rumorosità), vanno perseguiti studi per costruire mappe dettagliate delle strutture morfologiche degli abissi, sulle correnti profonde, e su quei parametri fisici che vanno ad influenzare la scoperta acustica. Queste informazioni consentono al sottomarino di potersi nascondere negli strati acustici caratterizzati da scarsa propagazione, diventando acusticamente invisibile. Da qui la necessità delle Marine di raccogliere conoscenze scientifiche sulle proprie coste e mari e nelle aree operative. Facile a dirsi ma difficile da realizzarsi. La ricerca oceanografica è costosa e molte Marine non hanno le capacità finanziarie ed i mezzi per poter effettuare ricerche di questo tipo. Negli Stati Unisti il binomio Università e US Navy iniziò nel secolo scorso ed ha permesso lo sviluppo di nuovi sistemi poi utilizzati anche in campo civile. Una soluzione vincente che ha prodotto migliaia di posti di lavoro e ricadute economiche sostanziali sul Paese. In questi ultimi anni, in molti Paesi come la Cina si è notato un aumento degli investimenti nei laboratori marini e nella ricerca oceanografica e nelle navi di rilevamento idrografico. Questo interesse verso gli Oceani nasce dalla constatazione che il mare è fondamentale per il progresso sociale ed economico per cui deve essere preservato, compreso e protetto.
la Nave idrografica Galatea, Marina Militare Italiana
L’acquisizione di navi di rilevamento idrografico e oceanografico e dei sempre nuovi sistemi autonomi subacquei (AUV) per il monitoraggio ed esplorazione dei fondali marini sono un sintomo di questa nuova tendenza che dovrebbe interessare l’industria ma anche quelle fasce della ricerca scientifica che potrebbero trarne vantaggio per superare la cronica mancanza di risorse.
La protezione delle risorse sottomarine ed il loro sfruttamento saranno elemento strategico nel III millennio
Recentemente, The Diplomat, una rivista di attualità e geopolitica dell’Asia, ha pubblicato un interessante articolo di Steven Stashwick, un ufficiale della riserva della Marina statunitense che lavora come analista a New York. In estrema sintesi egli afferma che l’equilibrio militare tra Cina e Stati Uniti sarà legato in gran parte legato alla capacità di sfruttare le risorse giacenti sulle profondità oceaniche. Uno scontro politico militare che non si giocherà su terra e aria ma sott’acqua. I sottomarini saranno quindi protagonisti delle politiche di deterrenza del futuro e, non a caso, dopo anni di chiusura, sembrerebbe che nei corridoi del Pentagono ci sia in corso una rivalutazione sulla necessità di costruire nuovi mezzi subacquei.
Stashwick riporta che, secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, mentre gli Stati Uniti mettono in campo una flotta di quasi 50 sottomarini d’attacco a propulsione nucleare avanzati, la Cina possiede cinque sottomarini di attacco nucleare e 54 sottomarini diesel e la sua flotta potrebbe arrivare a circa 80 sottomarini entro il 2020. Una minaccia in rapida crescita che ha già avuto delle avvisaglie. Dopo alcune intrusioni all’interno delle formazioni navali statunitensi, nel gennaio di quest’anno, è stato identificato un sottomarino di attacco nucleare nella zona contigua delle isole Senkaku nel Mar Cinese orientale; isole che il Giappone amministra ma che la Cina rivendica come proprie. Ma non finisce qui: sembrerebbe che la Cina stia pianificando una rete oceanografica in tutto il Mar cinese al fine di raccogliere dati preziosi per l’impiego delle sue forze.
In una recente analisi della sua struttura organica, la US Navy ha dichiarato un fabbisogno di 66 sottomarini d’attacco – quasi il 40 percento in più rispetto ad oggi. Un passo indietro rispetto ai piani di vent’anni fa quando la marina americana ne prevedeva una riduzione numerica. Sebbene sembri essere un controsenso, il loro alto costo loro aveva richiesto la riduzione e la ricerca di soluzioni alternative per mantenere il controllo delle rotte. Da qui la necessità di investire maggiormente sulle capacità di surveillance subacquea con una comprensione dettagliata dell’acustica e della morfologia del fondo oceanico. I laboratori di ricerca oceanografica e le navi idrografiche diventeranno quindi mezzi strategici perché senza il controllo dell’oceanografia dei mari, nessuna delle due parti potrà di fatto “concedere la libertà di azione ai suoi sottomarini, negandola agli avversari“, ha aggiunto Stashwick.
Ma come si scoprono i sottomarini?
La sorveglianza sonar coinvolge tipicamente una nave o un battello che impiega un sonar attivo. genericamente composto da un trasmettitore e un ricevitore. Questo approccio, noto come sonar monostatico, ha però delle limitazioni nel localizzare sottomarini silenziosi in acque poco profonde.
concetto di sorveglianza subacquea marittima dallo studio Scalable Adaptive Multitarget Tracking Using Multiple Sensors autore Paolo Braca da studio (PDF) Scalable Adaptive Multitarget Tracking Using Multiple Sensors (researchgate.net)
Un’alternativa promettente è il sonar attivo multistatico, che coinvolge più entità o nodi, che trasmettendo segnali e ricevendone gli echi di ritorno può fornire una rappresentazione accurata del bersaglio. Naturalmente i nodi comunicano tra loro e un sofisticato software di elaborazione dei segnali (data fusion) effettua il data merging. Questa rete di sistemi può essere composta da satelliti, aerei, navi o mezzi autonomi come gli AUV e i glider. Fantascienza? Non direi, i sistemi esistono e sono operativi anche se ancora insufficienti a coprire gli immensi oceani. Inoltre la quantità di dati raccolti è notevole per cui il loro sfruttamento richiede filosofie di analisi basate sull’intelligenza artificiale per elaborare rapidamente i dati e produrre, in tempo reale, un’underwater picture dell’ambiente sottomarino. La ricerca si muove quindi per lo sviluppo di sistemi di monitoraggio e ricerca ambientale abbinati a sistemi di missione con architetture aperte ed integrate. Inutile dire che anche sott’acqua i protagonisti del futuro saranno i sistemi autonomi. Droni, AUV e glider (un tipo di droni autonomi auto-alimentati) come il Wave Glider della Liquid Robotics, possono offrire un monitoraggio per mesi trasmettendo i dati a terra via satellite.
Costruito dalla Liquid Robotics, il wave glider, classificato come drone autonomo marittimo o Unmanned Maritime Vehicles (UMV), rappresenta una delle più moderne tecnologie di ricerca scientifica subacquea – da Surface Wave Gliders | PMEL Engineering Development (noaa.gov)
In sintesi, il controllo dei mari del futuro potrà essere acquisito solo grazie ad una wide knowledge superiority ottenuta attraverso lo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale avanzata in grado di processare rapidamente enormi quantità di dati per individuare anomalie che potrebbero indicare la presenza di sottomarini o altri mezzi subacquei in grado di interferire nel traffico commerciale.
Una corsa contro il tempo per i centri di ricerca oceanografica e scientifica di tutto i mondo. Come vedete sarà sempre il mare a monopolizzare il nostro futuro.
Andrea Mucedola
in anteprima un aliante subacqueo (glider) per la ricerca e definizione dei parametri oceanografici impiegabili per compiti operativi (LBS-G ovvero littoral battlespace sensing-glider) a bordo di una nave classe T-AGS 60 dell’Ufficio oceanografico navale (NAVOCEANO) – autore e fonte U.S. NAVY
LBS-G on Naval Oceanographic Office (NAVOCEANO) T-AGS 60-class vessel 01.jpg – Wikimedia Commons
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ammiraglio della Marina Militare Italiana (riserva), è laureato in Scienze Marittime della Difesa presso l’Università di Pisa ed in Scienze Politiche cum laude all’Università di Trieste. Analista di Maritime Security, collabora con numerosi Centri di studi e analisi geopolitici italiani ed internazionali. È docente di cartografia e geodesia applicata ai rilievi in mare presso l’I.S.S.D.. Nel 2019, ha ricevuto il Tridente d’oro dell’Accademia delle Scienze e Tecniche Subacquee per la divulgazione della cultura del mare. Fa parte del Comitato scientifico della Fondazione Atlantide e della Scuola internazionale Subacquei scientifici (ISSD – AIOSS).
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