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L’assedio di Malta del 1565: dallo sbarco dei Turchi alla presa di S. Elmo – parte III di Gabriele Campagnano

tempo di lettura: 4 minuti

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livello elementare
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ARGOMENTO: STORIA NAVALE

PERIODO: XVI SECOLO
AREA: MAR MEDITERRANEO, MALTA
parole chiave: Malta, assedio, Ottomani, Turchi, Ospedalieri
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L’assedio è ormai iniziato … il sangue corre a fiumi in entrambe le fazioni. L’eroismo dei Cavalieri è tale che scoraggia gli attaccanti. 

Intanto Mustafà è furioso oltre ogni limite e il 10 giugno tenta un fallimentare attacco notturno. S. Elmo impegna tutte le sue forze da troppo tempo e i Cavalieri stanno rinforzando le difese delle altre due roccaforti di Borgo e Senglea. Il 15 giugno, per evitare altri aiuti da Borgo, Mustafà inizia a far scavare una nuova trincea per cannoneggiare eventuali imbarcazioni inviate dal Gran Maestro che continua a bersagliare dal forte S. Angelo l’esterno delle linee turche. La sua perseveranza viene premiata.

Il 18 giugno Dragut, infastidito dai fallimenti ottomani, decide di controllare di persona le fortificazioni nemiche nonostante i suoi ottanta anni suonati. Da forte S. Angelo l’artigliere siciliano Giovanni Antonio Grugno nota le insegne colorate del drappello e fa fuoco con il suo pezzo. Dragut è fuori portata, ma la palla di Giovanni Antonio frantuma una roccia e le schegge investono il turco ed i suoi accompagnatori. Il capitano corsaro rimane ferito gravemente ad un orecchio e si trascina al campo aiutato da altri soldati, ma le sue condizioni sono critiche.

Anche per questo evento, Mustafà opta per una soluzione drastica. Fa allungare le trincee sotto S. Elmo fino al mare (su entrambi i lati) e le riempie di artiglieria, in modo da investirlo con un fuoco a 180°. Fa inoltre risalire ottanta galere e numerose barche cariche di archibugeri verso l’imboccatura di Marsamuscetto.

S.Elmo

Posizionamento finale delle artiglierie ottomane che battono S. Elmo

Il 21 giugno, il Gran Maestro celebra la festa del Corpus Domini pregando per i suoi confratelli di S. Elmo. Nel frattempo, inizia l’assalto finale di S. Elmo, che vede contrapposti duecento assediati a decine di migliaia di turchi. Quando sorge il giorno, centinaia di bocche da fuoco tempestano S. Elmo. Gli Ottomani compiono tre assalti, uno più violento dell’altro, ma sono sempre respinti. Al tramonto, i Cavalieri sono stremati, arsi dal caldo e feriti. Molti muoiono nel corso della notte, ed i sopravvissuti impiegano la tregua notturna per medicarsi reciprocamente le ferite. L’unico cappellano rimasto nel forte è un generoso cappuccino, che non potendo più celebrare nella cappella, esorta e prega direttamente sulla breccia. Alla tramonto del secondo giorno S. Elmo ancora resiste, ma i Cavalieri e i soldati rimasti decidono di prepararsi alla morte ricevendo i sacramenti e abbracciandosi fra loro. Un disperato tentativo di far giungere altri soldati a S. Elmo con cinque galee fallisce nella notte. Fra i volontari ci sono anche due ebrei maltesi.  All’alba del 23 giugno, nel forte di S. Elmo ognuno va a occupare il posto prestabilito “per morire nel letto d’onore“.

In preda a un senso del dovere e dell’onore al di fuori dell’umana comprensione, gli infermi e i gravemente feriti (fra cui il comandate D’Eguaras) chiedono di farsi posizionare con delle sedie sulla sponda della breccia, caricano gli archibugi e attendono i loro nemici. A detta delle fonti dell’epoca, anche i soldati e i mercenari mostrano lo stesso valore dei Cavalieri. Il 23 giugno, dopo quattro ore di assalti, a difendere S. Elmo rimangono 60 uomini. Sotto le mura, ci sono 10.000 Ottomani. Il  forte, abbandonato dai Cavalieri, viene occupato dal nemico, che da quella posizione iniziano a tirare all’interno del forte. Si tratta di un vero e proprio tiro al bersaglio, poiché i Cavalieri non hanno più polvere da sparo. Rimasti a difendere la breccia con picche e spadoni, gli ultimi soldati cristiani vengono spazzati via dall’ultimo assalto. All’interno di S. Elmo, i Turchi trovano seicento fra morti e moribondi. Questi ultimi prendono la prima arma a disposizione e cercano di trovare una morte onorevole. Nessuno di loro sopravvive al massacro, a parte nove Cavalieri presi prigionieri di cui non conosciamo la sorte. Le notizie relative a quegli ultimi momenti provengono da cinque maltesi che, feriti, lasciano l’armatura e raggiungono Borgo a nuoto. Quando entra nel forte, Mustafà fa cercare i cadaveri dei Cavalieri e li fa inchiodare per un piede alla volta della cappella, strappa i loro cuori e gli amputa le mani. Ad altri fa incidere delle grosse croci sul petto e sulla schiena, li inchioda ad alcune travi e li getta in mare dove la corrente si muove verso Borgo.

Guardando S. Angelo, Mustafà dice:Allah, se un figliuolo ci è costato così tanto, quale prezzo dovremo pagare per il padre?”

Ha perso ottomila dei suoi uomini migliori per prendere un cumulo di macerie. La notizia della presa di S. Elmo raggiunge anche Dragut, che riesce ad accennare un sorriso prima di morire per le ferite riportate qualche giorno prima. Quando i cadaveri mutilati dei Cavalieri raggiungono le sponde di Borgo, l’anziano Gran Maestro non resiste alla rabbia. Fa decapitare tutti i prigionieri ottomani e fa caricare i cannoni di S. Angelo con le loro teste, che raggiungono così l’accampamento di Mustafà come monito di ciò che li aspetta.

La battaglia per S.Elmo è finita, ma quella per Malta è appena iniziata.

Gabriele  Campagnano 

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